events
themes
call for papers
ideology busters
links
staff

Home

Batsheva Dance Company
di Maria Barberi

La Batsheva Dance Company nasce nel 1963 grazie all'intenso  rapporto di lavoro e di amicizia che si instaura tra la coreografa statunitense Martha Graham e la Baronessa ebrea Batsheva de Rothshild.

La fondazione della compagnia  segna una svolta nella danza israeliana che, dopo aver seguito tra il 1920 e il 1940  la linea dell'avanguardia europea, stava attraversando, a quel tempo, una fase di stallo;

Improvvisamente, si assiste, con l'arrivo della Graham e dei suoi allievi a Tel Aviv, ad una sorta di americanizzazione della danza moderna israeliana, la cui crescita  effettiva era iniziata nel 1950, subito dopo la dichiarazione di indipendenza di Israele.

Restituiti lo slancio  e le prospettive necessarie a un nuovo sviluppo artistico, la Batsheva D.C. si conferma alla guida della danza nel paese, conquistando un posto di preminenza nel panorama internazionale.

Il repertorio della Batsheva D.C. nella sua prima stagione (1964-65) comprende alcuni dei più conosciuti lavori di Martha Graham, come i duetti  Errand into the Maze e Erodiade e due delle maggiori creazioni Diversion  of Angels e Embattled Garden.

Questi pezzi verranno eseguiti con successo nel 1970 e 1972, in occasione dei due lunghi tour americani, durante i quali la compagnia riscontra favori unanimi nel pubblico e nella critica, soprattutto a New York, regno incontrastato della Graham.

Poco dopo, parallelamente alla profonda crisi personale e artistica che subisce la celebre coreografa, anche la Batsheva D.C., privata di una solida figura guida, cadrà in un lungo periodo di incertezze;

tra gli anni '70 e '80, sebbene  i coreografi che di volta in volta creano per la compagnia siano numerosi( tra i nomi più noti ricordiamo Jerome Robbins, Josè Limon, Norman Morrice, Cristopher Bruce, Talley Beatty, Donald McKyle e Glen Tetley.), nessuno ricoprirà permanentemente il ruolo di direttore artistico e alcuni tra i ballerini più bravi, temendo di disperdere le proprie energie in un gruppo poco stabile e  promettente,  si allontaneranno  per proseguire una carriera individuale.

Il solo che si occupa di garantire alla compagnia solidità  e sviluppo nel suo percorso  è Ohad Naharin , ancora oggi in carica nella triplice veste di coreografo, pedagogo e direttore artistico.

Dal 1981 l'artista israeliano inizia a offrire le sue collaborazioni alla Batsheva D.C.; da New York, dove si era precedentemente trasferito, torna saltuariamente  nel suo paese per lavorare con i danzatori. Le sue prime coreografie denotano immediatamente il grado di spessore artistico del giovane e spingeranno tanto il pubblico quanto le autorità israeliane a chiedere la presenza fissa e assidua di Naharin all'interno del gruppo.

E nel 1990, verrà rivestito, ufficialmente, dell'incarico di direttore artistico.

Riassumendo, l'attività della Batsheva D.C. può essere divisa in tre periodi principali:

La prima decade sotto l'influenza di Martha Graham e la sua scuola, il tempo in cui la compagnia compie i suoi passi scortata dai carismatici artisti della prima generazione.

Il secondo periodo, che ruota attorno ai primi anni '70, ha inizio con la partenza di Linda Hodes, danzatrice della Graham a New York, scelta per trasferire i lavori della coreografa americana ai danzatori della Batsheva D.C.

Il rientro della Hodes negli Stati Uniti segna la perdita dei diritti di eseguire i pezzi della Graham, e l'avvio di una  fase di disordine per la compagnia.

Si succedono, infatti, diversi direttori artistici e coreografi, che fermandosi per una frazione di tempo  limitata, non forniscono una chiara impronta di lavoro ai ballerini;

la compagnia, che subisce numerosi scossoni, si assesta solo in una terza e ultima fase, in corso tuttora, che vede la solida direzione di Ohad Naharin, intervallata saltuariamente dai workshop con altri  coreografi, di fama internazionale.

Il consolidamento della direzione artistica del coreografo israeliano avviene con i pezzi dallo stile pop-rock di Kir, Opening ceremony e Anaphase che fanno compiere alla compagnia un notevole salto in avanti, inserendola nel contesto mondiale della danza contemporanea .

Come era accaduto già in passato, di nuovo diventa abitudine invitare a collaborare con la Batsheva D.C., i più innovativi coreografi del mondo, come William Forsythe, Jiri Kylian, Elisabeth Streb e Angeline Preljokaj.

Quello che fa della Batsheva  D.C. una compagnia molto originale è lo stile speciale dei ballerini, che ricreano pienamente la magia della scena e che affrontano il palco con una grinta paragonabile ad una ferocia animale, senza dispensare di un certo senso dell'umorismo e dell'ironia.

All'attività della compagnia si deve il riconoscimento di uno stile prettamente israeliano nella danza quando ancora il paese era teso a definire la sua identità e, di conseguenza, non era in grado di esprimere i suoi desideri di  affermazione.

Oggi l'Israele si muove in diversi ambiti artistici grazie anche al mutato atteggiamento del governo che si è impegnato in un maggiore stanziamento di fondi, e al nuovo orientamento pacifista che ha fatto emergere diverse risorse creative.

Tuttavia è doveroso  aggiungere che negli ultimi tempi, segnati dallo scoppio della nuova Intifada, ( 29 settembre 2000),  la Batsheva D. C. è maggiormente  ostacolata  nel suo  tentativo di amalgamare le due grandi e forti realtà religiose e culturali del paese.

L'ultimo spettacolo Virus, che si avvale del contributo di musicisti palestinesi e israeliani, ( la base sonora della sequenza iniziale è rappresentata dal canto conclusivo del periodo religioso del Ramadan) ha incontrato l'opposizione ministeriale, e ha ricevuto il divieto di esecuzione all'interno di Israele.

Nonostante impedimenti di questa portata, che vanno ad interferire con la sua coscienza etica e morale, la compagnia prosegue la sua attività incessantemente, senza scostarsi mai dagli ideali artistici che l'hanno da sempre caratterizzata e condotta ad essere uno dei gruppi più ammirati sulla scena della danza mondiale.

Ohad Naharin è la personalità artistica che  offre il maggior contributo al consolidamento della Batsheva D.C.; coreografando per essa,  consentendo che alla immagine dei suoi danzatori si leghi uno stile riconoscibile,  permetterà che la compagnia acquisti, per così dire, una poetica.

Dopo una prima impronta di stampo musicale che lo segnerà notevolmente fino all'età di ventidue anni, Naharin scopre con la danza  la possibilità di fondere la nuova passione col suo primo e intramontabile amore verso la musica. Inizia le sue prime lezioni di danza proprio con la Batsheva D.C. quando questa era diretta ancora dalla de Rothschild e dalla Graham, e da lì a poco, è invitato a frequentare una delle scuole di danza più prestigiose, la Julliard School of Dance a New York.

È la Martha Graham stessa , credendo da subito nelle innate capacità che il giovane possiede, a offrirgli una borsa di studio che gli consenta di mettere a frutto, in breve tempo, le sue qualità. di danzatore.

A New York Naharin vi rimarrà all'incirca 14 anni, e questa sarà l'esperienza più incisiva per la sua futura carriera,  è proprio negli Stati Uniti, infatti, che egli ha l'opportunità di coltivare a pieno la sua passione per la danza e di misurarsi nelle sue intuizioni coreografiche, nelle sue idee verso l'intero apparato scenico.

La prima opera che Naharin presenta al pubblico Israeliano è Pas de Pepsi, coreografata appunto per la Batsheva D.C. nel 1981. Nel 1985 crea Black Milk che nasce su commissione di un'altra compagnia di danza israeliana, la Kibbutz Dance Company come quintetto per sole donne e che in seguito, nel suo trasferimento alla Batsheva D.C., si evolverà in una coreografia per danzatori uomini.

L'anno seguente sarà la volta di una danza creata per un corpo di ballo più ampio: Tabula rasa, dal titolo omonimo della musica composta da Arvo Pärt. Creata nel 1986 per il Pittsburgh Ballet, inserita come parte di un Progetto Nazionale di Coreografia , Tabula Rasa verrà trasmessa l'anno dopo alla Batsheva D.C.;

Il pezzo, coreografato per 10 persone si attiene scientificamente alla struttura musicale. La prima parte della coreografia è un fiume di corpi che cadono e che si ritraggono; cinque coppie corrono, girano saltano e si accasciano, provocando delle brevi collisioni sulle loro traiettorie. La seconda parte, più lenta, perde l'impeto iniziale per lasciare spazio a suggestioni più delicate, espresse in una qualità di movimento basata su sensualità e morbidezza, che a tratti sfocia in un flusso irruente di ritmi più concitati. Tabula Rasa  è il lavoro in cui Naharin prende atto, consapevolmente, del suo amore per i contrasti, rendendolo esplicito all'occhio degli spettatori.

La musica stessa di Arvo Pärt è esemplare in quanto musica che tende costantemente verso punti lontani di sonorità e di atmosfere.

Sulle musiche di Pärt saranno eseguiti anche i successivi lavori composti da Naharin, intorno al 1989: Arbos, un'opera che evoca immagini e storie mitologiche e Queens of Golup, un collage di sette assoli femminili.

Nel 1990 la commissione del festival annuale d'Israele rivolge al coreografo, la richiesta di un nuovo lavoro ed egli coreografa per la compagnia  Kir, spettacolo più denso e composito dei precedenti, che scuote immediatamente l'opinione pubblica soprattutto per uno dei frammenti di danza in esso contenuto.

Il segmento in questione si svolge su un semicerchio di sedie e vede i danzatori spogliarsi di un indumento sulla base musicale di un canto della tradizione religiosa ebraica. Gli Ortodossi e la gente più religiosa giudica oltraggiosa l'associazione di un gesto di denudazione a  quella nenia pasquale. La vicenda si risolve in breve tempo ma rappresenta un primo segno delle difficoltà che la compagnia e l'arte in genere incontrano in un paese dove l'impronta religiosa è ancora molto solida e compatta.

"Kir impressiona per la sua atmosfera drammatica ed esplosiva. Nel suo vorticoso dinamismo  contiene  riconoscibili parti di pura poesia. Si agita in Kir una vita su cui incombe uno spirito di guerra, e in cui potere e perseveranza restano l'unica condizione di esistere, e dove i caratteri più dolci di un essere umano non andrebbero persi. La fierezza espressa in un caos di salti selvaggi, durante il quale gli arti si muovono come ali in  tutte le direzioni, i corpi si contraggono, le teste si agitano e  le azioni si fanno compulsive, suggerisce un'ingannevole disperazione, ingannevole perché ancora una volta all'interno di frasi così violente si  ritrovano momenti di totale controllo e forza reagente.

La musica si rivela compagna incomparabile, grazie ai suoi pezzi aggressivi alternati a melodie di dolore e mistero come un lamento antico."(NRC Handelsblaud ,Venerdì 26 Giugno 1992.)

Dopo Kir sarà la volta di Perpetuum, danzato sul valzer di Strauss, musica  distante sia dalle composizioni di Pärt che dai pezzi rock della creazione precedente. Ma ciò che Naharin cercherà di fare in questa coreografia sarà di ricreare nei danzatori  lo stesso virtuosismo che caratterizza la musica, di indirizzarli verso un "delirio controllato", che nel suo spirito il valzer contiene.

Ricca di svariati elementi, sarà l'opera " Mabul", diluvio in ebraico. Mabul è danzato su una perfetta combinazione di voce e silenzio, miscelati a un tappeto sonoro di musiche  diverse   per epoca e genere.

Nera è la scenografia, minimalista come sempre e neri sono i costumi, in stile medioevale, dei 14 danzatori, 7 uomini e 7 donne.

Il vocabolario è  improntato sulla fusione di un linguaggio classico e moderno, ma esclude l'uso delle punte, pressoché assente nelle coreografie di Naharin. Le scene si susseguono tanto in immagini di purezza  quanto in altre più aggressive che tendono a richiamare alla memoria quadri onirici o cinematografici.

"Mabul è già qualcosa altro: è una mistura che non sempre prende forma, una mescolanza di birichinate postmoderne unite a momenti di quiete che promettono minacce o che si dissolvono in momenti di humor. Le musiche di Vivaldi, John Zorn, Arvo Pärt, Carl Orff e della pop song "Que sera", tengono insieme tratti di litigiosità e rabbia, intenti satirici, pensieri rassicuranti, il tutto agito in un'atmosfera in cui gli abiti neri dei danzatori conferiscono sospette tinte sadomasochistiche." (The Australian, Martedì 12 Marzo 92)

Dell'anno successivo è lo spettacolo Anaphase, (1993) il cui titolo rimanda a una tripartizione cellulare; il lavoro ha un'estetica meno dura e aggressiva di Mabul, ma anch'esso affascina  per una forza  viscerale di cui è impregnato; al suo interno appare più nitidamente, rispetto alle opere precedenti il rocambolesco gioco di elementi in contrasto.

E' un lavoro in cui predomina una forte componente rituale, visibile non solo nella struttura coreografica, ma soprattutto nella qualità di energia espressa dai danzatori.

"Anaphase ha una struttura ad episodi nella quale si alternano testi parlati, proiezioni video su corpi nudi, forti illuminazioni, canti, musica rock e percussioni. Il suo vocabolario pieno di dettagli, è crudo e al contempo articolato. Traccia la mappa del viaggio del corpo dal tribale al moderno, una simbolica unione di antico e contemporaneo che culmina in un coro sincronizzato di percussioni su contenitori di plastica vuoti."  (Brisbane Festival)  

"La musica è dominata da percussioni sferzanti che  trascinano  un forte sentimento di ritmi folk, e che improvvisamente si gettano nella fluida semplicità di Arvo Pärt dello Spiege in Spiegel, un suono ossessivo di corde e piano che invoca uno stato più contemplativo.

Una danzatrice esegue un solo molto lento e triste, che ricorda la celebre scena della morte del cigno, mentre una voce off cita l'elenco dei nomi di danzatori e coreografi morti di Aids, improvvisamente fa ingresso una strana processione di uomini e donne che entrano, a piedi nudi, in diagonale.

L'impatto globale è un panoplia di immagini, tradizioni, culture e convenzioni, uno stato di cose travolto dall'intrusione di idee contrastanti. Data l'origine israeliana della compagnia e le perenni tensioni in Medio Oriente, si potrebbe intravedere di continuo una potente implicazione culturale, ma Anaphase attraversa i confini del paese in cui nasce per accostarsi alle culture più diverse, a campi di sapere più vasti." (El Pais, Barcelona 01/ 07/94)

Nel 1995 verrà presentato  Z/na, uno spettacolo dove si mostra, in tutta evidenza, un senso generale di belligeranza.

La musica rock ha il sopravvento e piccole azioni teatrali definiscono uno stato d'assedio interiore, che i danzatori provvedono, nella loro danza, a  drammatizzare.

Z/na deve la sua nascita a un frammento precedente che porta il  titolo di Kaamos. Entrambi i pezzi riguardano la guerra, l'espressione di un dolore che non esita a manifestarsi anche nei suoi aspetti grotteschi, ma la danza concludendosi, con una sequenza più gioiosa racchiude un confortante messaggio di speranza.

"Z/na presenta un mondo pieno di stimoli, in cui la violenza e l'aggressività terminano, facendo appello all'amore e alla tenerezza, attraversando il rock, il rap, le parole oscene, il silenzio e la melodia consolatrice. Un mondo popolato di gladiatori e giocolieri in cui il movimento abbandona a tratti la delicatezza per lasciare posto all'irruenza." (The Daily Tokio, 23.9.96)

Ancora diverso, infine, sarà Sabotage Baby (1997), in quanto  prodotto di una strana fusione: le macchine e l'umano.

Nello spettacolo, infatti, l'accompagnamento sonoro consiste del montaggio di una vasta gamma di rumori generati da giganteschi macchinari presenti  sul fondo della scena e manovrati da un gruppo olandese, gli Orkater, dal 1977 impegnati in un progetto che cerca di mescolare in nuove forme sperimentali la musica e il teatro.

"Non si troverà in Sabotage Baby una tematica chiaramente definita o un linguaggio di danza delineato, in cambio si ricevono frammenti che si incrociano in tutti i sensi e che danno terribilmente voglia di fantasticare, così come un'abbondanza di trovate sceniche teatrali e coreografiche, talmente numerose da provocare una vera e propria anarchia di associazioni capricciose. Nella prima parte dello spettacolo c'è un forte accento sulla distinzione tra uomini e donne. Naharin utilizza sempre questa coesione del gruppo per meglio far emergere i solo e i duo."(Le Figaro 26 marzo 99)

"Naharin ci sorprende per l'originalità della sua ispirazione, alle violenze rock di Anaphase, alle provocazioni di Z/na, il coreografo oppone la saggia bellezza di Sabotage Baby, in cui già l'accompagnamento sonoro è un forte elemento di sorpresa. Si ammirano le scene senza necessariamente cercare un senso ."

(Opéra national du Rhin, 14/3/00)

Nel corso della sua attività Naharin ha dimostrato di porre particolare attenzione ad un certo tipo di costruzione coreografica che prevedesse l'interazione di diverse forme artistiche e ispirazioni;

egli ha ,infatti, attinto indistintamente dal cinema, dal teatro, dal rituale, dalla letteratura, dando vita ad una catena di elementi in cui l'uno sfociasse nell'altro e che, generasse un fluido inarrestabile di suggestioni.

Gli oggetti delle sue danze si sciolgono nella dinamicità della scomposizione fisica, e sebbene il corpo agisca all'interno di un codice predefinito, esso si fa altro, cercando un piacere raffinato e brutale al contempo, che il movimento stesso cova al suo interno, e la forma e la sensualità, la bellezza, la corpulenza, una certa invulnerabilità diventano i termini di un processo che si fa visibile ai nostri occhi.

Il suo lavoro esente da effetti puramente stilizzanti non parte da un progetto preciso ma scaturisce da uno studio incessante, esso si mantiene entro certi canoni qualitativi che corrispondono al perseguimento del risultato concreto di un'azione, e si compone di un efficace equilibrio dei contrasti,  e della precisione di immagini e inquadrature.

Il corpo di danza si distingue per alcune peculiarità che Naharin tende a sviluppare in ogni singolo danzatore, tra cui straordinarie versatilità e  capacità creativa.

Incuriosisce, da subito, la sua predilezione per i corpi possenti e atletici, sebbene la sua idea di forza si situi non tanto nella potenza muscolare bensì in una inesauribile capacità di espressione; Naharin cerca nei suoi danzatori un originale senso scultoreo della forma, una dialettica fisica sensuale e flessibile, perché essi sviluppino più facilmente una speciale agilità e una maggiore chiarezza delle immagini danzate.

Intensifica l'uso di certi temi che già si erano affacciati nel suo lavoro: la passione, la morte, la guerra, la solidarietà, la gioia, la lotta; provocando malauguratamente un malinteso nella critica.

Questa, infatti, associando gli argomenti sottintesi nel suo lavoro ai mali che da sempre affliggono Israele, ridurrà il suo immaginario a sterile simbolo di patriottismo.

Poiché, la sua terra d'origine, Israele, è un luogo di conflitto, legato ad idee quali l'assedio, le ingiustizie, lo si accuserà di convertire i suoi spettacoli in manifesti di stampo politico o religioso.

Azzardati appaiono, inoltre, i confronti che tendono ad inquadrare Naharin in una qualche tendenza artistica:

Dopo lo spettacolo Anaphase, in cui un largo uso del filmato o della musica rock daranno luogo a paragoni sia con le avanguardie contemporanee che con le correnti passate, egli terrà a precisare, invece, come il suo lavoro, pur basandosi su spontaneità ed eterogeneità di stili e ispirazioni mantiene un'impronta del tutto personale: " penso che un coreografo amerebbe essere considerato innanzitutto come individuo che non tema i limiti, che non veda ostacoli nel costruire le immagini che sgorgano dalla sua fantasia."

 

Logo Parol
© 1985/2003 Parol - quaderni d'arte e di epistemologia
Per qualsiasi utilizzo delle risorse presenti sul sito contattare la redazione
Site designed and managed by Daniele Dore