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Intervista a Bruno Bozzetto

di Antonio Vincenzo Boscarino

[@img#d#Bruno Bozzetto@]In un'intervista di Bendazzi pubblicata su "Sequenze" n. 9 lei dice che, se all'inizio della sua carriera avesse trovato fortuna con gli attori nel dal vero, sicuramente avrebbe continuato a fare film dal vero e che la strada del disegno animato non l'avrebbe mai tentata. Dobbiamo essere grati a questa "sfortuna"?

Bozzetto: Io direi che è vero, lo confermo. A parte che non so cosa sarebbe successo nel futuro perché è difficile prevederlo, però in effetti il mio interesse è nato dalla capacità di raccontare delle storie con la pellicola. Io adoravo il montaggio, il fatto di girare una scena oggi e un'altra un mese dopo, poterla montare, cambiarla, trasformarla e soprattutto di avere questa libertà di poter spaziare in un mondo intero. In effetti il cartone animato è nato come fuga perché mi sono accorto che girare i film con i compagni di scuola era difficilissimo, questi perdevano spesso la pazienza, io poi mi trovavo a dovere fare troppe cose, la regia, le luci, il truccatore, l'attore. Poi invece mi sono accorto che facendo degli esperimenti con la matita, disegnando cose anche a livello elementare, qualche schizzo che si muoveva, ho visto che (presentandolo al cineclub) subito suscitava un interesse maggiore perché, evidentemente, c'era qualcosa di diverso e questo mi ha stimolato a continuare. Io credo che il vantaggio di questa mia passione per il film dal vero forse l'ho sottolineata dando importanza, quando facevo un film, a quello che riguardava il linguaggio cinematografico più che al disegno, cioè la mia passione per il cinema mi ha sempre fatto mettere in primo piano quello che era il modo di raccontare la storia, il rumore, la musica, il ritmo narrativo e quindi penso che tutto sommato sia stato un vantaggio per me partire dal cinema.

Da dove nasce questa sua capacità di sintesi così efficace ?

Bozzetto: Diciamo che la sintesi appartiene al disegno animato, che per sua natura è sintetico e astratto e permette di toccare qualsiasi argomento; forse l'unico argomento nel quale vacilla è il romanticismo, cioè è difficile commuovere qualcuno con il disegno, Disney deve utilizzare le canzoni per raggiungere lo scopo di commuovere. Diverso invece è il risultato e l'efficacia che possiede una inquadratura di un primo piano di un viso dal vero; per quanto riguarda l'argomento sintesi, invece, il disegno animato è potentissimo. Io poi ho sempre avuto una grande passione proprio nel cercare di pulire il più possibile qualsiasi idea e qualsiasi concetto per arrivare al minimo, alla soluzione più facile e più corta per raccontare una cosa. Io considero comunque un traguardo riuscire a pulire e sintetizzare un discorso, e considero l'uso della sintesi come una nuova visione di un concetto a volte raggiunto quasi senza volerlo, scoprendo alla fine una nuova ottica delle cose. E questo mi ha sempre stimolato molto. In realtà, quindi, non ha una origine esclusivamente teorica ma fa parte di questo lavoro di pulizia. Penso che anche uno scrittore faccia esattamente la stessa cosa soprattutto in un giornale, quando deve scrivere e ridurre a una pagina, (trenta righe) e lui ne ha scritte duecento. Comunque deve arrivare a pulire lo stesso discorso, e questo è lo stesso lavoro che faccio io. Un lavoro di sottrazione, magari in tempi diversi, ecco perché tante volte nel preparare una storia io impiego più tempo che nel realizzarla, perché nel preparala mi serve a volte una sedimentazione dell'idea di dieci giorni. Rivedendola dopo dieci giorni ho la capacità di estraniarmi e di capire che alcune cose sono inutili e quindi le elimino ancora, ma non potrei farlo ad esempio in un lavoro pubblicitario o commerciale perché la velocità di lavorazione, anche se con gli anni la capacità di sintesi diventa mestiere, non ti dà il tempo e la possibilità di ridiscorrere le proprie idee. Tante volte quando uno ha un'idea, la reputa bellissima solo perché l'ha avuta in quel momento e se ne innamora. Se ha il coraggio di lasciare passare tre giorni la vede in un'altra ottica e trova la forza di buttarla via, però occorre tempo per questo.

Si può dire che lei lavori su due fronti all'interno e all'esterno dell'opera?

Bozzetto: Sicuramente, quello estetico è il più facile e il più immediato ed è il più ingannevole, è quello che tante volte entusiasma, e io so già che questo entusiasmo è falso, tant'è vero che se leggo una cosa mi piace immediatamente ma devo avere il coraggio di lasciarla perdere perché è un entusiasmo puramente di facciata, invece io vorrei sempre lavorare su due binari, uno che è il contenuto, che è quello che voglio raccontare e che deve arrivare dritto alla sua meta nella maniera più pulita e più immediata possibile, l'altro, che è fatto di fronzoli che non amo moltissimo, che è la parte estetica (che oggi è diventata sempre più debordante). Oggi viviamo in un barocchismo assoluto, il computer non fa altro che aiutarci a vedere le cose in modo tridimensionale, con colori, con le ombre, e siamo sempre più affascinati dal nulla, questo è il nulla totale. E siamo affascinati perché la cosa è, direi ipnotica, e questo è curioso perché va nella direzione esattamente opposta alla mia. Io ho sempre cercato di pulire proprio quello che potesse ingannare, per dare alla gente veramente il contenuto, volevo dare alla persona la mela non la scatola con la carta argentata, oggi invece si vende solo carta argentata o carta dorata e devo dire che mi trovo un po' a disagio per questo.

Quanto ha contato l'esperienza fatta in Inghilterra con John Halas a proposito dell'uso didattico che fa nella sua opera?

Bozzetto: Ma al di là dell'amicizia e della stima che avevo per John Halas, che comunque ha fatto delle cose molte belle e molto valide, devo dire che ha contato molto poco, per un fatto se vogliamo anche divertente; lui era estremamente serio e serioso nelle sue storie quando voleva raccontare e fare un film didattico, io, invece, cercavo di abbordare il discorso didattico in maniera ironica anche qui sintetizzando e stravolgendo un po' la realtà, lui invece voleva delle situazioni vere. Ricordo un episodio e lo cito perché serve come esempio per far capire, nel fare il film che avevo fatto e cooprodotto con lui, che era La storia delle invenzioni. Ricordo che a un certo punto c'era un omino che cadeva da una roccia in acqua, veniva a galla perché sotto c'era un tronco ed era cascato sul tronco e quindi scopriva che poteva galleggiare. Allora subito dal vestito tirava fuori un fuoribordo, lo attaccava al tronco e partiva a grande velocità ma dopo dieci metri c'era un altro tronco con un vigile sopra che lo fermava e gli dava la multa per eccesso di velocità. Porto quest'idea a John Halas come story-board e lui la boccia perché lui dice, va bene quello che cade e viene a galla in acqua va benissimo, però non è dimostrato che allora ci fossero i fuoribordo e neanche i vigili. Mi sono cadute le braccia, i denti i capelli e il resto. Evidentemente non potevo andare avanti a fare una storia con un tipo così. Quindi mi ha insegnato che c'erano due modi di vedere la realtà, uno che poi tutti conosciamo che è semplicemente raccontare in maniera visiva la storia, e questo non mi interessava assolutamente, l'altro era partire da questo punto per arrivare a deformazioni che magari prendessero in giro anche la nostra vita. Io ero portato in questo. Da lui ho imparato poco perché poi ho continuato nella mia strada e non ho mai seguito la sua.

Lei in una intervista sostiene che alcune delle trovate, come forma di soluzione di situazioni filmiche, a volte non rappresentano nessun concetto, e sono il risultato di un puro suggerimento estetico. Può spiegarmi meglio questo? Perché se vedo Mister Tao, Dancing, Moa Moa, mi viene da pensare tutto il contrario.

Lei si riferisce anche alle gag?

Bozzetto: Sì e a tutto ciò che lei usa nel dare un cambiamento di direzione alla linearità del racconto.

Ma guardi, tornando alla gag in sé stessa che viene messa in un film per far divertire, può essere di vari tipi. Diciamo che la gag più banale, la prima in assoluto di un individuo, sia quando, già da piccolo, la madre lo coccola e poi finge di gettarlo in braccio, che so, al padre che è lì vicino. Dopo si ferma e lo riprende in braccio suscitando la risata del bambino perché il bambino si aspetta una cosa e invece ne succede un'altra. Ecco questa è un tipo di gag, cioè l'imprevisto. Improvvisamente in una situazione esce una cosa di assolutamente di imprevisto e inaspettato. Il solito che corre e si trova a sbattere col tunnel basso. Oppure c'è la gag costruita su un fatto vero, cioè una gag che nasce da una situazione che è vera e che noi la vediamo tutti i giorni e che possiamo esagerare o stravolgere. Per far capire, che so, che il signor Rossi va in automobile e trova un parcheggio vuoto, dopo due minuti arrivano due milioni di macchine e non riesce più a raggiungere la propria macchina. Ecco, queste sono gag che nascono dalla realtà e la esagerano quindi sono dei concetti, invece le altre sono delle trovate grafiche. A volte solo guardare il disegno stesso può far nascere un cosa divertente perché il disegno ci prepara a un evento e in realtà noi portiamo un altro evento, un'altra conclusione della situazione.

Io prediligo quello che nasce dalla situazione vera. Anche se devo dire che in tutti i film che abbiamo fatto, non essendoci il dialogo, ho perso molto perché il dialogo, ad esempio, può aiutare molto ad entrare in un mondo dove si trattano le nostre cose; purtroppo in un film senza dialogo siamo sempre nel campo della mimica e si è molto limitati. Comunque io preferisco il secondo tipo di gag, quella che si lega a un concetto e a un fatto vero. I film come Mister Tao, Dancing e gli altri che adesso non ricordo...

Moa Moa, Drop

Bozzetto: No, Moa Moa è una barzelletta dove le gag sono presenti più da un punto di vista visivo che di concetto. Già il fatto stesso delle due isolette separate, il mare, immediatamente ci portano in un mondo visivo, quindi le gag nascono da quella strana situazione. Io ho fatto un film, non so se l'ha visto, I due castelli, che è uno dei primi, ebbene questo film nasceva da un disegno preso da un mio vecchio album trovato per caso. Da questo disegno buttato così e trovato per caso tirai fuori il film. Però in questo caso il film nasce da un fatto puramente estetico mentre io normalmente non seguo questa strada, anche se qualche volta mi capita. Invece gli altri film nascono tutti dal ragionamento; Mister Tao nasce sicuramente non da un fatto estetico ma dal ragionamento e anche Drop nasce da un ragionamento. Allora l'ambiente non ha importanza, il personaggio non ha importanza, è quello che fa che conta, mentre nell'altro caso è importantissimo l'ambiente, Moa Moa non esisterebbe senza questo tipo di disegno e I due castelli non potrebbe avere senso. Anche qui si tratta di due filoni diversi, se poi si riescono a mischiare direi che è la soluzione migliore.

Da dove ha origine la varietà di generi e di argomenti nella sua opera?

Bozzetto: Probabilmente da quello che leggo. Leggendo moltissimo mi interesso un po' a tutto, ma la cosa che mi piace fare di più è proprio quella di leggere, poi magari il giorno dopo dimentico tutto quello che ho letto. Forse, in questo, Bendazzi ha detto bene nel definirmi un colto ignorante. In effetti ho letto tantissimo, però se devo citare un libro o un nome non ricordo nulla. E leggendo ho l'abitudine di prendere appunti, il mio computer è pieno di frasi che mi colpiscono, di situazioni, di idee che mi possono venire viaggiando in automobile piuttosto che in treno. E queste idee io le vado a riprendere spesso, a volte ho dei film che nascono da un'idea che ho scritto quarant'anni fa eppure è valida ancora oggi. Riprendendola e cambiandola tutta con l'ottica di oggi può nascere un bel film.

Sostanzialmente leggo giornali, riviste, libri, non vado tanto al cinema, la televisione sicuramente non dà idee. Poi, in parte, la vita. E qui torno a mio padre che era un critico e mi ha insegnato a non accettare nulla così com'è; qualsiasi cosa vedeva la criticava e poi magari, dopo la polemica, finiva per darmi ragione oppure si accorgeva che aveva davvero torto. E tutto questo solo per il piacere di discutere, qualsiasi cosa poteva diventare argomento di dibattito. Quindi mi ha abituato a guardarmi molto intorno; io credo che il mondo oggi sia talmente folle e pieno di stupidate, di incongruenze, di assurdità da essere persino esagerato negli spunti che può dare. Credo che basti leggere un giornale di un solo giorno per avere le idee per fare sei film, poi naturalmente si sceglie un particolare che interessa e si sviluppa.

A volte nella sua opera l'uomo che ci presenta è osservato nella sua solitudine e spesso è solo anche quando è perfettamente integrato nella società. Può spiegarmi perché l'uomo è visto sempre da questa angolazione?

Bozzetto: Quello che mi interessa e che cerco di raccontare è sempre un uomo simbolo, cioè non è mai un uomo definito; il Signor Rossi è il più definito di tutti ma comunque potrebbe essere il simbolo di un uomo qualunque, un uomo banale, insomma il Rossi della situazione. In realtà l'uomo del cartone animato, e qui torniamo al discorso della sintesi e dell'astrazione, permette di rappresentare con poche linee il genere umano. Ed è questo che mi piace, cioè questo povero omino è tutti noi, quindi quando lo metto in una situazione mi diverte vedere che tutti i pesi del mondo arrivano addosso a lui. Poi, che lui sia solo o in mezzo alla gente non cambia, è sempre solo anche se è in mezzo alla gente. Lui è solo e rappresenta l'uomo come lo vediamo noi, e che è in noi, alle prese con i problemi di tutti i giorni, che a volte non riesce neanche a risolvere. Lui è il mezzo che uso per raccontare una storia che coinvolge un po' tutta l'umanità.

La solitudine quindi come oggetto di studio

Bozzetto: Sì, quello che mi interessa è l'uomo alla prese con i problemi di tutti i giorni e vedere come li risolve. Drop, ad esempio, aveva a che fare con un problema che sembra piccolo ma che in realtà è grande. Noi viviamo in un mondo in cui tutto si sfalda e se tutti i giorni non si corre ai ripari tutto quello che ci circonda si rompe, una porta si rompe, l'auto si rompe, la maniglia della porta comincia a cigolare, le tapparelle si rompono, quindi è una continua lotta per tutta la vita semplicemente per mantenere uno stato di sopravvivenza. Questo, in effetti, è una stupidata perché nella propria casa lo si vive come un inconveniente, in realtà a livello mondiale non è uno scherzo. Bisogna sempre mantenere una certa situazione altrimenti crolla tutto. E si deve sempre lottare solo per mantenere lo stato in cui si è. Un po' il discorso dell'entropia, se si lascia perdere il caldo e il freddo arriviamo all'entropia, non c'è più temperatura, cioè c'è una temperatura stabile e c'è la morte. Si deve lottare per avere il caldo e il freddo ed è sempre una lotta incredibile.

Questo è veramente bello come concetto perché mi fa pensare a quanto sta accadendo intorno a noi, penso al rapporto tra l'uomo e natura, ai valori umani

Bozzetto: Infatti se lei nota tendono piano piano a scomparire e ad annullarsi e qui c'è la morte. Esiste già anche una entropia culturale, che lentamente ci sta portando ad essere tutti uguali, le cose si assomigliano, e quindi c'è un piattume, un encefalogramma piatto. Questo dover lottare è una necessità anche per difendere le cose che c'erano già, perché queste cose le avevamo. Quindi, stiamo lottando non per costruirne di nuove ma per mantenere le altre che tendono a scomparire. E infatti, tornando a Drop, il film finisce con lui che lotta ma che a un certo punto si stanca perché tutto crolla e lascia perdere. E a poco a poco gli crolla la stanza, gli crolla la casa, crolla la città, si rompe tutto il mondo e a questo punto si arrende e tutto si blocca. Ricomincia ad aggiustare, poiché tutto nasceva da un rubinetto che perdeva, ripara il rubinetto e tutto lentamente inizia a ricostruirsi. Si mette a leggere il giornale e a un certo punto vede arrivare un'altra goccia gialla che cade dall'alto, guarda e si accorge che è la luna che sta perdendo acqua, allora si gira e vede che Dio su una nuvola come lui sta leggendo la Bibbia, e gli fa cenno che la luna perde. Ecco, questi sono concetti che mi divertono perché si parte da una stupidata che riguarda la nostra vita privata e si può arrivare a un discorso più ampio e più complesso.

Lei sostiene in un'intervista che l'autore in qualche modo deve assecondare i gusti del pubblico pur senza rinunciare a se stessi. Ecco, io mi chiedo cosa cambia nei suoi moduli creativi quando applica questa teoria.

Bozzetto: Voglio fare subito una premessa. Quello che ho detto è vero ma mi riferivo al lungometraggio e non al cortometraggio. Il cortometraggio si fa nella più assoluta libertà ed è per questo che la vera forma d'arte, la vera forma espressiva del disegno animato, resterà sempre il cortometraggio. Perché non si hanno problemi di pubblico, anzi in quel caso si fa un film per il piacere di farlo, soprattutto questi film che vanno ai festival. Nel momento in cui si fa un lungometraggio, purtroppo, il discorso, non per colpa mia, cambia, nel senso che si incomincia a impegnare una certa cifra che può variare da un miliardo a cinque, dieci miliardi. Probabilmente dovrei dar conto a qualcuno che mi anticiperebbe i soldi o al distributore che ci crede. Non dico che devo seguire i gusti del pubblico, ma non posso fare un film solo per privilegiare i miei gusti, devo dare anche qualcosa che si sa la gente possa anche apprezzare. E questo cambia in buona parte il film. Infatti non ho una grande passione per i lungometraggi perché essendo lungo un'ora e mezza bisogna in tante cose scadere e seguire quello che è il gusto o la gag già scontata o la situazione che si sa possa piacere. Il cartone animato un po' ci salva perché non c'è una casistica così grande per dire questo va fatto. Il cartone animato, tutto sommato, è ancora un'arte giovane, al di là di Disney e di certe cose che ha fatto lui e che non ci mettiamo certo a copiare, però essendo giovane godiamo ancora di una notevole libertà per dire facciamo una cosa di divertente però facciamola alla nostra maniera. Non è come nel film dal vero dove alla fine non ho l'inseguimento, che io odio, e che viene usato perché i film devono finire o avere l'inseguimento. E questo è incredibile perché torniamo indietro nel tempo a Chaplin o a Stan Laurel Oliver Hardy, è incredibile ma siamo ancora fermi a questo. Quanti film spettacolari finiscono con il solito inseguimento, che sia sulla nave, che sia sull'aereo, diventando tutti banali. Infatti tutti i film sono belli solo nella prima parte dove si creano i personaggi e scadono poi nella seconda.

Ecco, direi che noi non abbiamo molte cose scontate, in West and soda ho fatto un inseguimento ma ho fatto una parodia tale dell'inseguimento, in tutte le forme più viste e riviste, tanto da diventare divertente e nuova. Forse lo scontato può entrare nel mettere la canzoncina che odio, infatti noi non l'abbiamo messa, tranne in Vip Superuomo perché ce l'hanno imposto gli americani. E in Allegro non troppo ho fatto ben poco di scontato, anzi il "dal vero" che c'è e che è stato inserito non è neanche molto piaciuto perché è un po' surreale e astratto. Quindi in realtà di scontato facciamo ben poco, ma nello stesso tempo cerchiamo di fare anche una cosa non estremamente astratta e incomprensibile o ermetica, perché è importane che ci sia un contenuto da fare arrivare al pubblico. Non è che cerco di ingraziarmi a tutti i costi il pubblico, ma preferisco, se devo fare una cosa che capisco solo io, non farla.

Nei sui film ci sono alcune scene come in Allegro Non Troppo il lancio del direttore d'orchestra sul pavimento che lascia il segno della sagoma sul pavimento, oppure sempre nello stesso film il custode del teatro che sembra evocare il personaggio del fantasma del teatro. Possiamo definirle delle citazioni?

Bozzetto: Sì sicuramente, si voleva mantenere un trait d'union molto stretto tra il cartone animato e il "dal vero". Quindi mi piaceva avere proprio dei precisi riferimenti. Quindi sono sicuramente delle citazioni queste.

In una intervista fatta da Anna Maria Di Palma per la sua tesi del 1991 lei sostiene, a proposito dell'originalità dello stile, che può esistere solo a livello istintivo. Può spiegarmi meglio cosa intende dire con questo?

Bozzetto: Io noto, dai tanti ragazzi che vengono da me a farmi vedere i loro disegni, che alcuni sono istintivamente originali, perché hanno un loro modo di vedere la vita e di interpretarla con un tratto che si distacca dagli altri. Altri che arrivano, invece, e ve ne sono tantissimi, hanno tutti un tratto e dei personaggi copiati dai giapponesi, quindi questi non hanno una loro visuale. Lo stesso si può dire di chi scrive una storia ed ha un taglio personale e vede una cosa con un'ottica diversa e quindi è originale. Questo, però, è istintivo, non credo che ci sia una tecnica che possa insegnare graficamente o letteralmente o scenograficamente ad essere originali. Vede quello che gli altri trovano blu, rosso, magari è malato però in questo egli si rivela con la propria personalità. Poi si tratta di coltivarla questa cosa, perché c'è gente che all'inizio è istintiva e poi si accorge che copiando da altri vende di più e allora cambia il suo stile. La capacità sta nella forza di mantenere l'originalità, anche se a volte è faticoso perché non è detto che all'inizio si venga accolti e capiti. Anzi spesso accade il contrario, però se si ha la costanza di tenere duro si arriva lo stesso magari con qualche anno in più, però si arriva lo stesso.

In che misura la sua opera si è nutrita nel tempo di tutto ciò che è storia, costume, avvenimenti e altro.

Bozzetto: Direi più sicuramente di avvenimenti per quel che riguarda certi film che avevano come tema i fatti della nostra vita quotidiana. Mentre per quello che riguarda la storia c'è ma in senso molto lato, cioè in La storia delle armi, La storia delle invenzioni, ho cercato di vedere, e questo è un altro vantaggio del disegno animato, l'uomo da molto lontano. Mi ha sempre colpito il fatto che in pochi secondi si possa far vedere un secolo o dieci secoli. E questo ha una forza di impatto incredibile perché io posso fare vedere questo personaggio come era e un attimo dopo come è oggi. Creo subito un'immagine che forse uno non era riuscito a visualizzare nella sua mente, mettendo subito in rilievo gli errori o i difetti, se ce ne sono, o i vantaggi che uno può avere. E quindi la storia vista in questo senso, cioè di potere saltare da un'epoca all'altra, mi interessa molto. Ho avuto dei contatti con questi argomenti quando ho fatto la serie di cortometraggi di Quark con Piero Angela e abbiamo toccato vari argomenti che erano anche più scientifici e tecnici. Ma soprattutto mi interessa l'attualità vista con la capacità di comprimere i tempi. Quindi di non dimenticare mai da dove viene l'uomo e che vita ha fatto per poterlo vedere poi oggi. Mi piace molto questo continuo passaggio dall'antichità ai nostri giorni. Facendo una piccola postilla quando dicevo che molte idee mi sono venute dai libri venivano da quei libri che in qualche modo trattavano dell'uomo, il suo comportamento, notando che dallo studio di un comportamento di una persona in un ambiente possono nascere tante idee. E questa è la capacita di vedere l'uomo come un pezzo di un grande ingranaggio, mai come lo vogliamo vedere noi, come il dominatore dell'universo. Un po' all'orientale. L'orientale che costruisce la casa, la mette in mezzo alla giungla, l'occidentale la mette in cima a un picco. Ecco sono due modi diversi di vedere la realtà e a me interessa di più il punto di vista orientale perché è più umile e si mette sullo stesso piano di una formica o di una felce e allora si hanno dei punti di vista molto più interessanti di quelli che abbiamo noi occidentali. In tanti film io uso il campo lunghissimo. L'omino piccolo, microscopico lo rende simile a una formica, ed è inevitabile che tu lo veda in un'altra maniera, cioè quando ci si allontana tutti i problemi cambiano. Il cartone animato ha questa potenza, mi fa allontanare, mi fa rendere conto di quanto non conti nulla. Ma se io resto qui, vicino alla mia scrivania, al mio telefono questo mi fa sentire importante.

Quindi accelerazione come astrazione?

Bozzetto: Sì, l'accelerazione è astrazione, è proprio quello che dicevo prima. Il passaggio da un secolo all'altro in pochi secondi è astrazione pura. E io la uso nel cartone animato perché credo sia una delle cose più belle.

Come si pone lei rispetto alla sua opera quando cerca di darle un'impronta di carattere universale? Mi riferisco un po' a tutti i suoi film.

Bozzetto: Mah, guardi, non sono mai cose volute, è l'istinto che mi attrae verso questo genere di argomenti. Non voglio dimostrare nulla e mi piace solo, come ho detto prima, ridimensionare l'uomo e vederlo con quest'ottica che per forza diventa mondiale, diventa universale perché più mi allontano e più i problemi assumono carattere generale. Guardi, adesso le racconto di un fatto che mi successe quando era bambino e dissi a mio padre mentre eravamo seduti a tavola di come ci avrebbe potuto vedere il lampadario. Ecco io già da bambino mi divertivo a vedere me stesso o le situazioni che vivevo da altre angolazioni, e da un punto di vista grafico era divertentissimo ma nello stesso tempo mi accorgevo di come questo cambiasse anche l'ottica delle cose. Ecco questo, come lo stile di cui parlavamo prima, uno o ce l'ha o non ce l'ha. Io già da bambino disegnavo le cose già di profilo e in campo lungo perché mi interessava questa umanità spersonalizzata. Ma non è un'impronta che voglio dare. Probabilmente lo è diventata perché avendo fatto dieci film sempre con questa ottica alla fine diventa uno stile, ma è nato casualmente.

Perché lei usa spesso integrare immagini dal vero con immagini a disegno animato?

Bozzetto: Le spiego, in certe situazioni mi sembra più efficace il dal vero. Mi viene in mente una gag in Sottaceti il cui titolo era Inquinamento. In quella situazione volevo far vedere che aprendo il rubinetto della vasca da bagno in un attimo si riempiva di spazzatura. Ecco il far vedere la spazzatura che scende dal vero ha un senso perché la spazzatura dal vero fa schifo e farla vedere in cartoni animati non dà di certo lo stesso effetto. Con Piero Angela abbiamo avuto lo stesso problema. Voleva farmi fare una scena in cui il solito automobilista intelligente fermo al semaforo apre il finestrino della portiera e vuota fuori il portacenere. Allora io dissi che se la scena fosse stata girata dal vero l'effetto sarebbe stato quello di volere dargli un cazzotto a quello che svuotava il portacenere. Fatta col disegno animato non avrebbe provocato lo stesso effetto. Io a proposito di questo discorso mi sono sempre chiesto perché uno deve fare solo un film a cartoni piuttosto che con la plastilina o solo col dal vero e gli attori e non un film che usasse tutto questo insieme.

Prima di tutto viene l'idea e quello che devo comunicare, poi viene il mezzo. Io non mi voglio innamorare del mezzo infatti non mi sono mai considerato un disegnatore, dopo voglio fare un discorso sui disegnatori perché hanno deformato il disegno animato in una certa direzione. Cioè se io voglio raccontare qualcosa devo scegliere il mezzo più adatto, alcune volte è il cartone altre volte è il dal vero. Per me è una scelta inevitabile anche perché penso di convincere meglio lo spettatore solo in quel modo.

Quindi una scelta funzionale.

Bozzetto: Esatto, alla base è la funzionalità che è importante.

Volevo dire due cose sul fatto dei disegnatori, se io avessi studiato disegno anziché legge probabilmente non avrei scelto il dal vero. Perché la passione, l'amore per il disegno è tale che lo privilegio in assoluto su tutto. Il discorso che abbiamo fatto all'inizio sul fatto che io provenga dal vero, e lei mi ha detto se era stato un bene o era stato un male, in questo senso è stato un bene perché li amo tutti e due e capisco che in un caso è meglio uno e in un caso è meglio l'altro. Il disegnatore difficilmente farebbe questo.

Cosa significa per lei creare un nuovo personaggio

Bozzetto: Devo vedere innanzitutto in che contesto lo metto. Il personaggio non è mai staccato da nulla cioè io devo pensare che storia devo raccontare, a chi mi rivolgo e cosa voglio dimostrare. Quando inizio a sapere che la storia è moderna piuttosto che antica, che è nel periodo romano piuttosto che sulla luna ecc.. ecc.. incomincio a mettere a fuoco. Poi devo incominciare a pensare che tipo di storia, è umoristica, è drammatica, è di commedia, è una cosa corta, è una cosa lunga. Tutto questo contribuisce a formare e a completare un mosaico e nel mezzo di questo mosaico c'è un buco, io devo riempire tutto il più possibile tutto il resto perché alla fine tutti questi elementi mi devono aiutare al massimo a formare questo personaggio che è l'ultima cosa che viene fatta. Senza tutti questi elementi fare nascere un personaggio non è mai facile. Ma in parte viene dall'istinto, io per esempio parto sempre dal naso, e quindi devo vedere se il naso lo faccio rotondo alla Signor Rossi, o se lo faccio realistico, o se lo faccio all'insù, insomma ci sono tanti modi. Poi da lì si parte col resto, ma tutto questo è condizionato da tutto quello che ho seminato prima.

Poi, se voglio far ridere il personaggio deve essere buffo, gobbo, particolare, se mi rivolgo ai bambini il personaggio sarà facilmente un animale. Se è un film di serie deve essere un personaggio facile da essere ripetuto con dei cliché. Quindi in qualche modo questi tipi di lavoro hanno dei meccanismi. Ma il personaggio più bello in assoluto è quello che uno fa per un cortometraggio dove è libero, lavora solo con sé stesso, ma anche qui c'è il contesto nel quale deve essere inserito che conta moltissimo. Però devo dire che in questo caso con il personaggio posso lasciarmi andare. In generale se ne disegnano cinquanta e se ne buttano via quarantanove, uno un po' più bello lo si tiene e lo si modifica. Diciamo che quando uno fa un personaggio libero è un po' come quando si fanno degli schiribizzi e a un certo punto ci si accorge di avere creato qualcosa e poi da quel qualcosa si tira fuori il personaggio. Oggi devo dire che col computer è ancora più facile perché si possono fare a ruota libera tantissimi esperimenti e improvvisamente, quasi per caso, esce fuori il personaggio. Sa, uno dei posti che ho scoperto essere un luogo dove potrebbero nascere i personaggi più divertenti, sono le mattonelle. E a volte mi è capitato di rimanere incantato a guardare una mattonella, con quei disegni un po' strani e informi. A me è capitato di guardare una mattonella e di vedere dai venti ai trenta personaggi. A seconda di un'ombra mi salta fuori un naso ed io completo con la mente le ombre e gli metto intorno dei contorni in maniera tale da completare quella cosa. Ma a seconda dell'angolazione con cui ci si guarda cambia tutto. Ma in questo caso parliamo di suggerimenti totalmente estetici e questo non è il mio metodo, di solito parto sempre da ciò che voglio raccontare.

Sulla base della filosofia zen, che afferma che Dio è il tutto, è trasformazione e che lei diceva di condividere come idea, la pensa ancora così?

Bozzetto: Sì, sicuramente. Però non voglio addentrarmi in questo tipo di discorso perché proprio seguendo quella filosofia è meglio non parlarne, perché più se ne parla e meno se ne parla e meno si conclude. Però in effetti tutta la vita, tutto l'universo e tutto quello che ci riguarda è trasformazione, su questo non ci piove. E la considero una delle cose più incredibili e più affascinanti che esista ed è vera. Se lei pensa a quello che accade da qualche parte dell'universo a centinaia di anni luce di distanza da qui, in questo momento si sta trasformando e sta cambiando. E questa è la vera universalità intesa come qualcosa che unisce il tutto. Leggendo questi libri dello Zen notavo che davano per scontato una cosa che oggi non lo è più e cioè quello dell'agire bene. Da nessuna parte infatti si legge di non rubare perché evidentemente si dà per scontato che ci si comporti bene. Quindi una persona normale che si comporta bene, non disturba gli altri, lavora e che continua a creare e trasformarsi in questo senso quella persona può essere Dio. E Mister Tao nasce da tutto questo, in quanto nel film ho cercato di avvicinarmi a questo tipo di concetto.

Il film poi ha avuto uno strano sviluppo, non è stato accettato al festival di Annency non è stato capito dal novanta per cento delle persone che l'hanno visto, però al festival di Berlino è stato applaudito di più della sua stessa durata. E questo perché siamo in un mondo di specializzati e questo porta ad avere dei paraocchi. Infatti preferisco mandare i miei film dove ci siano anche dei film dal vero, perché trovo una apertura maggiore soprattutto ai concetti che esprimo. Invece dalla parte del cartone animato trovo solo dei tecnici che guardano solo la scenografia, che colori ho usato, e quanti fotogrammi ho fatto, cioè sono dei tecnici che si fanno fregare da un'estetica. Invece quando io vado negli altri festival trovo uno che ha visto un film prima puramente scientifico, ed ha una apertura diversa verso il film, per cui guarda il concetto del film e non gliene frega niente se io ho fatto un disegno solo con due righe. Infatti quando si fanno i festival dei cartoni animati per primo noto sempre noi, siamo specialisti che ci parliamo addosso, quello ha usato meno disegno, l'altro ha usato più colore, come se questo avesse importanza, io voglio vedere qualcuno che mi dica qualcosa, guardare l'idea che ci comunica. E' un po' come uno che scrive e non ha niente da comunicare. Oppure prendiamo alcuni politici che parlano parlano e dopo un po' ti accorgi che non hanno detto ancora nulla. Quindi partendo dal fatto che il cinema è un mezzo di comunicazione voglio almeno far capire agli altri che guardano i miei film come la penso su alcune cose. Ci sono altri invece che vogliono comunicare solo delle sensazioni estetiche e io li rispetto, ma questo non è il mio caso.

La sua opera non mi è sembrata pessimista, anzi direi che vada nella stessa direzione naturale delle cose.

Bozzetto: Mi fa molto piacere perché di solito la prima accusa che mi fanno tutti è quella di dirmi che sono pessimista. E io continuo a dire che lo stesso Signor Rossi, che ogni volta riprende daccapo significa che non è pessimista, perché se fosse pessimista non continuerebbe. Ricomincia perché la vita è così. Se io mi guardo attorno la pianta nasce e muore, l'animale deve mangiare e ammazza l'altro. Tutto questo fa parte della vita. Forse quello che alla gente non piace e che gli dà fastidio del mio modo di fare è che io metta l'uomo su un piano che non fa comodo, cioè non piace che io veda l'uomo come un imbecille qualsiasi. Anzi le dirò di più io penso che l'uomo sia il cancro della terra. Se io mi allontano e vedo la terra scopro a un certo punto che c'è un organismo piccolo, piccolissimo che all'inizio non c'era o che era infinitesimale che incomincia a raddoppiare, poi non raddoppia ma in maniera esponenziale diventa milioni poi miliardi lentamente inizia a divorare la terra, la sta inquinando la sta sporcando, la sta disboscando; cosa è questo se non il cancro se lo vediamo da lontano. Quindi la morte dell'uomo come la morte delle cose fanno parte del ciclo naturale delle cose.

Quale il suo rapporto con la nuova tecnologia

Bozzetto: Trovo che sia uno strumento in più da usare con intelligenza e stare molto attenti perché il computer è estremamente generoso nel dare. Dobbiamo essere noi intelligenti da utilizzarlo per quello che ci serve, non di più. Il pericolo del computer è questo barocchismo, è questa ricchezza, tutte queste perfezioni che lui dà, e sono pericolose. Bisogna farlo agire in funzione di un'idea che vogliamo esprimere. Le faccio un esempio, io a casa ce l'ho e voglio disegnare, parto con l'idea che voglio fare un personaggio, e voglio che tutto sia in bianco e nero e solo una pianta sul fondo sia colorata e magari un sfondo azzurro. Bene, io prendo il computer e mi accorgo che questo sfumato lo posso fare non azzurro ma un po' col violetto e anche con altri colori perché mi accorgo che si può fare facilmente. Questa pianta che la volevo verde mi accorgo che posso sfumarla da un verde chiaro a un verde scuro, ecco se io non sto attento mi cambia quello che io ho in mente prima. Allora se io ho delle idee chiare riesco a resistere, se io sono un giovane di vent'anni che si trova davanti questa macchina che mi dà tutto mi faccio fuorviare e allora rischio di perdermi e in quel caso diventa pericolosa. E' una forma di perfezione vuota che fornisce solo involucri. Che poi sia di aiuto questo è innegabile, per esempio quando si tratta di colorare migliaia di disegni, ma è importante che la matita e il mouse lo gestisca io senza interferenze. Usarlo con parsimonia questo è il consiglio che do.

In molti suoi film, Sotto il ristorante cinese, La cabina, lei usa delle porte come luoghi di confine. Può spiegarmi meglio?

Bozzetto: Ma in effetti è vero ma non ho mai riflettuto su questo fatto. Però per quanto riguarda la porta credo che risalga ai libri di fantascienza che leggevo da ragazzo, e la porta era un elemento fondamentale per la dimensione che cambiava. Probabilmente mi sarà rimasta qualcosa anche come fatto estetico, perché è molto bella la porta, tu apri e non sai mai cosa c'è dietro, c'è sempre qualcosa di misterioso. Credo di trascinarmela dall'infanzia questa cosa da quando leggevo questi racconti nei quali si parlava di porte. Comunque credo di non essere il solo ad avere usato la porta come elemento fondamentale per una storia. Un confine tra quello che conosco e quello che non conosco. Di là c'è sempre qualcosa che non conosco che può essere stupendo oppure mostruoso. Sotto il ristorante cinese, adesso che mi ricordo, è nato da un'idea che mi venne vedendo Ritorno al futuro con i miei figli. Poi, per una serie di coincidenze, proposi l'idea a uno della FININVEST, gli piacque e così si fece il film.

 

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