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Depth of the Surface

Mostra - Seminario

Profondità della superficie

Un titolo, "Profondità della superficie", e due artisti, Edward Evans e Nanni Menetti, lontani per luogo di nascita e formazione ed entrambi accomunati dalla stessa fascinazione  per quanto di ambiguo e provocatorio il tema contiene.

Perché, oggi, a furia di inciampare sulla superficie  - dei pensieri, dei corpi, degli abiti, delle parole e delle visioni - il dubbio che questa possa nascondere qualcosa di profondo finisce per rodere. Anzi, per corrodere. Per far vacillare le rassicuranti impalcature mentali ereditate da un passato personale e collettivo che ci ha reso quel che siamo, e non è più.

Eccoci allora precipitare nella voragine di una apparenza che spalanca abissi, tentare di sollevare l'esile, ma quanto pesante, velo di Maya,  accarezzare illusioni con il desiderio di capire qualcosa di più su quel poco che noi siamo. Esseri sperduti in un universo di emozioni che ci trascinano, tessono a nostra insaputa la trama della nostra esistenza, determinano incontri e abbandoni.

Profondità della superficie: per ora, la percezione non va oltre il disorientamento, il vago malessere di chi guardava al noto non sospettando il potenziale sovversivo di ignoto in esso racchiuso e come pronto a esplodere.

Quasi che alla superficie si dovesse sempre accordare la medesima insignificanza, banalità che si riserva al superficiale, quasi che sotto lo strato della pelle non ci fosse il mistero del sangue che pulsa.

Ultima follia di una esteriorità che non è più maschera della verità, ma allusione, traccia, dono di una presenza fugace da rincorrere e meritare. Insensata e sconvolgente come un pre-sentimento, un amore, un'opera d'arte. Necessaria e dolorosa come l'esperienza del corpo di un essere amato che, per quanto ci affanniamo a possedere, intuiamo non sarà mai del tutto nostro o a lungo. Intima e aleatoria come la visione di un dipinto che ci turba e ci cambierà, anche se non sappiamo in che modo.

Irraggiungibile e commovente come la bellezza, che non si può trattenere ma solo sfiorare, che passa sotto ai nostri occhi come la vita e, come la vita, è già inferno e paradiso. Dannazione e beatitudine.

Così, comprendiamo, non si dà profondità della superficie senza bellezza, senza lo sguardo trasognato, da visionario, che solo l'innamorato e l'artista sono capaci di posare attorno a loro.

Coraggiosi, incoscienti sovvertitori di ordini prestabiliti a cui è affidato il destino della specie e delle idee. Ignari eroi del futuro perché il presente non è ancora il loro tempo. Perché qui l'esteriore si illumina ancora della luce ingannevole e deformante della falsità, della lusinga, della mollezza di una facile superficialità contrapposta ai rigori della conoscenza alta. Simbolo di nulla che non rimanda a nulla, peccato di vanità e leggerezza che qualifica più gli accusatori che gli accusati.

Solo chi coltiva in sé una  accesa vocazione alla profondità la sa riconoscere, malgrado l'apparenza, oltrepassando l'apparenza nello stupore dell'apparizione, in tutta la struggente fragilità di  immagini che non hanno bisogno di giustificazioni né di ulteriorità di senso per sprigionare la loro forza.

Potenti icone insieme di sogno e realtà, che hanno rinunciato alla contrapposizione fra profondità e superficie per tradurre in visione le parole di Valéry per cui "il profondo è" in verità "la pelle".

Lorella Pagnucco Salvemini

 

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