L'assessorato alla cultura |
Il Museo d'arte contemporanea |
Promuovono e realizzano, con un contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Bologna, la mostra d'arte contemporanea
En plein air, dopo Duchamp
Artisti presenti: Pirro Cuniberti, Nanni Menetti, Nino Migliori, Mario Nanni, Graziano Pompili, Concetto Pozzati, Bruno Raspanti e Germano Sartelli
Museo " G. Bargellini" a Pieve di Cento (Bologna) - Tel.051/6860336
e-mail museo.bargellini@ova.it
16 febbraio - 24 marzo 2002
Inaugurazione sabato 16 febbraio,
ore 18
Museo Bargellini, Pieve di Cento (Bo)
La mostra viene prolungata fino al 14 aprile
L'esposizione
vuole ridefinire il concetto di "en plein air" legato alla tradizione
impressionista, dopo la rivoluzione nei materiali e nella visione
operata da Duchamp con il ready-made
e il sapere dada in genere, cioè con l'esposizione
diretta di una parte della natura o, in ogni caso, con interventi
su e con essa, in qualche modo imprevisti e stranianti. Se da un lato
la pittura all'aperto della seconda metà dell'Ottocento portava l'artista
direttamente al centro della natura e in rapporto diretto con il paesaggio,
con il ready‑made e le operazioni
ad esso affini l'artista sottrae qualcosa
al mondo per darlo all'arte. Certamente l'Impressionismo esercitò
una vera e propria rivoluzione non solo
cambiando il linguaggio espressivo della pittura, ma anche facendo
diventare atelier qualsiasi spazio aperto. Il luogo del lavoro e della
creazione hanno cominciato a coincidere, basti pensare a Segantini
che si stabiliva per settimane in alta montagna dipingendo paesaggi
e vivendo a contatto diretto della natura. Quello che oggi è possibile
fare, attraverso l'esperienza degli artisti che realizzeranno le opere
in mostra, sta proprio nel verificare come il linguaggio dell'arte
contemporanea abbia recepito e trasformato
questi cambiamenti. Che cosa resta dell' "en
plein air"? Quale rapporto più in generale è
possibile stabilire tra l'arte e la natura? Quanto
la stessa memoria dell'arte incide sull'immaginario a cui l'artista
attinge per creare le proprie opere. Quindi l'esposizione è
l'occasione non solo per riunire delle
opere sull'argomento, ma anche per una riflessione attorno
ad un tema che, pur mutato rispetto a un secolo e mezzo fa, resta
comunque un argomento con cui l'arte è opportuno che continui a fare
i conti. Opportunità non solo artistica, ma al
momento anche etico-politica, visto quanti
utili contributi di riflessione può, una riconsiderazione artistica
della natura, portare anche ai problemi ecologici in cui oggi ci troviamo
tutti drammaticamente coinvolti.
Gli artisti,
tutti ampiamente noti nel panorama nazionale, operano da anni anche
all'interno di una poetica di ricostruzione del
codice artistico oltre che del superamento definitivo di qualsiasi
"genere" possibile. Anche il loro rapporto con la memoria dell'arte
appare distante, senza ricorrere a citazioni a rimandi diretti a
altre opere della storia dell'arte, hanno costruito un rapporto nuovo
e produttivo con la natura, il Paesaggio, in un'esteriorità che ormai
è rapporto speculare con la progettualità
e la sensibilità degli artisti. Oltre un centinaio di lavori tra sculture,
grafiche, dipinti e fotografie, documentano un rapporto straordinario
tra l'arte e l'infinito mondo dell'en plein air.
La cura della
mostra e del catalogo è affidata al critico Valerio Dehò, docente di Estetica
presso l'Accademia di Belle Arti di Ravenna e noto promotore di ricerche
avanzate in questo campo.
Catalogo Re Enzo Editore
Via De Pisis 32 Bologna tel.386560
Autolessico 3 o delle crio-grafie
- Non ti credere che la cosa sia semplice: quando meno te l'aspetti il progetto, fatto con tutti i crismi e le ritualità dovute, ti può tradire. E viceversa.
- E ti tradisce creativamente: il gelo non fa ciò che tu speravi, ma è in gabbia: non può non fare e farà (sarà) a.evento.
- La "formatività" allo stato delle cose (delle mie cose) è sicura, ma a random in struttura: sai che il gelo lavorerà ma lavorerà a sorpresa.
- E pare proprio il caso di ricordarlo: Il caso (ecco!) e la necessità.
- La natura ama nascondersi, dicevano gli antichi, e se tu la costringi a venire allo scoperto, obbedirà, obbedirà (e come potrebbe fare diversamente?), ma lo farà a libertà.
- Tu puoi apprestarti a incontrarla nelle più acconce condizioni. Aspettare l'inverno fingendo altri interessi, altri incantamenti. Contare le stagioni e pregare, già in autunno, che l'inverno sia inverno. Stornarne la paura dell'assenza con progetti da Siberia, fingerti viaggi al Polo così, tanto per essere pronto all'inerzia che dicono di serra, per essere psicologicamente pronto al niente, al caldo niente che sterile, poi, ti serra.
- Puoi anche apprestarti le dovute fogge: il colbacco a cocker e la sciarpa vecchia di mammà; le lane poi, le lane, anche, da capo a piedi e per i piedi, appunto, gli scarponi a "sonza" di papà. Puoi preparare tutto questo a fin di bene, al fin d'essere pronto.e i materiali.
- I materiali. I materiali? Le faesiti ben tagliate per pezzature varie, la tempera, di quella che si deve (proprio da imbianchino) e le colle, le terre, i pennelli. I pennelli? Ma che pennelli? Le pennellesse, così, a rustico, e a scorta.
- A scorta, sì, a scorta di mastelli pronti. Sappiamo: l'arrivo delle condizioni favorevoli è a sorpresa e se ti sorprende a sonno l'occasione ti abbandona: ti lascia e, si sa, ogni lasciata è persa.
- Pronto bisogna essere! Pronto a lasciare la città al primo segno, alla prima stretta della bora, veloce come l'óra ("Óra" dicevano i miei avi, là, la cupa Bora), senza chiudere occhio a notte, ovviamente, a mese anche, per carità.
- Puoi, ripeto, puoi fare tutto ciò quasi a rito, quasi a preghiera; puoi apprestarti termometri per previsioni a lancio, per profezie a legge, a quadrato quasi di realtà. puoi, puoi. anzi devi, ma l'evento sempre ti sorprenderà.
- E così dovrai darti da fare in fretta, come ti ritrovi: ah, il colbacco! Ah, le scarpe grosse! Ah, le lane!!!! Via, questo freddo è traditore.. via subito! Se ne può andare a palmo, a palmo di naso mio (e nostro, perché no?). Se ne può andare così in punta di piedi, com'è venuto, e lasciarti lì, stecchito, con il lavoro non finito, a baccalà.
- Via, se ne può andare all'improvviso. E l'ha fatto, l'ha fatto il fedifrago e più di quanto non si creda. L'ha fatto a anno, l'ha fatto a mese, l'ha fatto a mane e l'ha fatto a sera. L'ha fatto ad andata e l'ha fatto a torno, l'ha fatto a lavoro imbastito e a lavoro cominciato, l'ha fatto prima ancora a cammino in corso.
- A cammino da quando? A cammino per dove?
- La meta è un granaio antico, d'Appennino; immobile nel tempo come, appunto, a gelo. Un granaio-mummia dove, si può dir, s'è nati e s'è cresciuti. Un granaio d'una volta, lì lasciato, con la porta sbilenca e un vetro rotto, freddo, in inverno, a pettirosso.
- Questo, volendo, il suo prodotto. A miracolo suo, sì, si può dire, e, a coincidenza, della stagione; della stagione andata, con ogni altra cosa, una volta tanto, a verso giusto.
- "Crio"! Dal greco, appunto ecco - a professoral licenza, si capisce -, freddo o gelo, fate voi. Ma chi non lo sa? Ormai con esso ci si cura e cura per cura, l'arte è la cura più sicura. Catarsi! Catarsi ! A suo tempo non si diceva già e appunto per chi era più di là che di qua?
- Freddo allora, gelo s'è anche detto, ma per me ghiaccio. Voglio dire gelo in atto. Non cosa a cose fatte, ma farsi della cosa così, all'impronta, sotto le mie mani, i miei guanti e i miei mastelli.
- "Grafia" allora! Tracce, disegni, scrittura (ecco!) come cosa che si fa trovare mentre tu fai altro. Tu stendi veloce la tempera e il gelo te la lavora, te la scrive e tu lo vedi e, magari, l'aiuti con la punta del dito o altro, all'impronta: ready-made! Ready-made, non trovato solo, non modificato, ma provocato!
- Tu stendi, dentro un freddo cane (e per fortuna) le tue tempere, le tue terre, le tue colle e subito miraggi appaiono così, a epifania.
- A epifania ritorna anche la tua infanzia e tu lotti contro l'emozione, la commozione, i ricordi (anche tragici) e l'incanto delle favole (anche cupe) e l'abbandono a Crono e al suo Regno. Lotti e così trapassi di tua vecchiaia il fiore.
- Lotti e da questo scranno consunto dico: a ragione! Lotti a futuro e così è il dovuto. Il tempo ci ha istruiti, il tempo che della saggezza ci fa scorta e serbatoio.
- A voce si coglie: lascia stare il fanciullino! Lascia stare.Tu dici: è la costruzione che conta! Io dico: è la costruzione che conta! A forza, a forza sicuro, verso il futuro.
- Ma questa forza profonda, che energica viene ora orizzontale dal fondo profondo (cinereo) delle campagne, ha un volto, un volto noto.
- Questa forza fredda che ora, sicura, mi lavora (ci lavora), con questa determinazione metafisica direi, appunto a ghiaccio, senza tentennamenti di sorta e ripensamenti umani, ha un volto solo: quello candidamente spietato di un totale (non c'è che dire, non c'è che dire) e sconosciuto, ignoto e cosmico, fanciullo.
Nanni Menetti