Intervista a Bruno Bozzetto
a cura di Marco Monsurrò ed Elisa Fabeni
Bruno
Bozzetto è nato a Milano nel 1938. A vent'anni
realizza il suo primo cortometraggio d'animazione
Tapum! La storia delle
armi (1958), che lo fa conoscere sia a livello di critica che di
pubblico. Nel 1960 fonda la Bruno
Bozzetto Film con cui inizia a lavorare sia in campo pubblicitario
che nel film a soggetto. Con l'aiuto di collaboratori come
Guido Manuli, Giuseppe Laganà,
Giovanni Mulazzani e Maurizio Nichetti
produce e realizza tre lungometraggi che
sono tutt'oggi considerati dei capisaldi dell'animazione italiana:
West and Soda (1965), Vip, mio fratello superuomo (1968)
e Allegro, non troppo (1976). Nel campo della divulgazione
scientifica, Bozzetto ha collaborato con Piero Angela alla realizzazione
di circa 80 cortometraggi d'animazione per il programma televisivo
"Quark". A queste attività affianca la regia di spot pubblicitari,
l'illustrazione e la partecipazione a diverse giurie internazionali.
Tra i suoi cortometraggi ricordiamo Mister Tao, che gli ha
valso l'Orso d'oro al Festival di Berlino del 1990, Cavellette
cui è stata attribuita la nomination all'Oscar nel 1991, Europe
and Italy e Tony e Maria,
entrambi realizzati al computer. In questa intervista,
realizzata in occasione dell'omaggio che il Future Film Festival gli
ha dedicato, abbiamo chiesto a Bozzetto di parlarci del suo rapporto
con le nuove tecnologie e un'opinione sulle più recenti produzioni
animate, che catalizzano sempre di più l'attenzione dei grandi media
di comunicazione.
Credo
che un festival come il Future Film Festival, oggi, sia molto utile:
ci sono tantissime manifestazioni dedicate all'animazione in Italia
in questo momento; é necessario quindi che esse assumano connotati
sempre più precisi e definiti. Questo è sicuramente un momento favorevole
per l'animazione. Ci sono molti progetti, si fa
fatica però a portarli avanti commercialmente. Enzo D'Alò, con produzioni
come La freccia azzurra e La gabbianella
e il gatto, ha aperto gli occhi ai produttori. Il
problema é trovare produttori che siano in sintonia tra loro.
Il compito dell'animatore deve essere quello di fare proposte, di
comunicare delle idee, è il produttore però che deve crederci e sostenerle
economicamente. Mi dispiace che D'Alò abbia portato il discorso più
sul piano di prodotti animati per bambini. A me interessa fare cartoni
trasversali, senza un target preciso. Non mi preoccupo mai del target
e odio quando mi si chiede di pensare ad un pubblico in particolare.
Anche gli americani hanno dimostrato un
rinnovato interesse per l'animazione, al di fuori degli schemi disneyani. In fondo grandi blockbusters
come Star Wars - Episode
1 (La minaccia fantasma) sono dei veri e propri prodotti d animazione,
per l'uso che fanno della computer
graphic. Sono ricchissimi di scene a scatto uno ed in
3 dimensioni.
Mi
auguro che col tempo scompaiano per sempre le distinzioni tecniche
nel campo dell'animazione, perchè di fatto i creativi hanno già superato completamente
questo tipo di problemi. Un giorno il 3d potrebbe
sostituire l'animazione tradizionale, forse si potranno costruire
personaggi più simili a quelli ottenuti con l'animazione classica.
Se avessi l'opportunità di tornare indietro
cambierei completamente i miei vecchi film sia sul piano del montaggio
che su quello del sonoro. Non rinnego invece lo stile che utilizzavo,
quello non lo cambierei mai: d'altronde
era in sintonia con quei tempi. Sono convinto che la parte più importante
del nostro lavoro sia l'approccio creativo ad un progetto cioè l'idea. Anche la tecnologia
più avanzata si rivela del tutto sterile, se l'idea di partenza non
è valida. Oggi la tecnologia mi aiuta in termini di rapidità e di
semplicità. Il riscontro grazie alle macchine è immediato. In poche
settimane, grazie al computer, i giovani apprendono quello che io
impiegavo un anno ad imparare. Se ricominciassi daccapo mi dedicherei completamente al 3d.
Nel digitale stiamo assistendo ad un avvicinamento progressivo alla
figura umana. Film come i due Toy
Story o A Bug's life sono parte
di questo processo. Gli insetti, i giocattoli sono solo dei diversivi,
le tappe indispensabili di una ricerca, cui è necessario dare tutto
il tempo che le occorre. Apprezzo molto il cortometraggio Geri's
game di John Lasseter, che segue la
strada della caricatura umana, la più giusta, a mio avviso, in questo
momento. Non rappresentare gli esseri umani è un limite, ma sono convinto
che presto ci riusciranno.
Una volta Disney dichiarò che la tecnica del disegno animato non consente di esprimere certe sottigliezze e di essere sicuri del loro effetto sul pubblico. Io ne sono sempre stato convinto. La verifica sul pubblico è indispensabile. Rendere un'emozione attraverso un particolare è sempre più difficile che con una scena d'azione. Fare un inseguimento é decisamente più semplice; è la parte più facile del nostro lavoro. I film hollywoodiani oggi si somigliano tutti: nella prima parte definiscono psicologicamente i personaggi, nella seconda sono costruiti secondo una struttura a scatole cinesi, che serve a sorprendere il pubblico e a rendere la conclusione un po' meno prevedibile. Preferisco decisamente la prima parte alla seconda. Amo i cortometraggi per la capacità di sintesi: é meraviglioso riuscire ad esprimere un idea in cinque o sei minuti. Il cartone animato é il mezzo ideale per farlo. La musica in questo processo è essenziale, non riesco a lavorare senza pensare alla dimensione sonora dei miei film: Roberto Frattini (l'autore abituale delle musiche dei film di Bozzetto n.d.r.) ha raggiunto una straordinaria abilità nel fondere la musica agli effetti sonori. Il ritmo musicale è importantissimo, per me la musica nasce accanto al film. I rumori sono alle volte più importanti di una gag squisitamente visiva. L'estremo arricchimento dell'immagine, l'eccessiva attenzione ai dettagli, il barocchismo degli ultimi film disneyani distraggono il pubblico dalla storia, dalla sintesi narrativa.
Ho
visto di sfuggita un episodio di South
Park e non mi é affatto piaciuto, poi ho visto il lungometraggio
(South Park: Bigger,
Longer & Uncut) e ho cambiato completamente idea. Le parolacce
non sono usate gratuitamente ma sono parte integrante della struttura
stessa del film. Certo se togliessimo le
canzoni, che sono parte della tradizione americana, sarebbe più difficile
realizzare un film della durata di un'ora e un quarto. Il turpiloquio
però non deve servire a rendere adulto un cartone animato. Apprezzo
molto anche il lavoro di Matt Groening, che conosco personalmente.
I Simpsons hanno dimostrato di durare
nel tempo perché Groening è riuscito a
creare dei personaggi estremamente complessi.
E' stata una serie di forte rottura con il passato perché è riuscita
a descrivere con grande lucidità i problemi reali di una famiglia americana.
BRUNO BOZZETTO