I segni lievi della sera (1997-1999)
Giovanni Infelìse
i
Pioggia che presto gela
estingue il flutto
senza colore del bacio -
e non v'è più vita.
Senza averne parola alcuna
scava
la bocca
il fondo duro
un po' antico
del suo fiume.
ii
Il ceppo s'è fatto maceria -
nulla rimuove la brace
dal volto sfigurato
un luogo
da un ritratto
quel margine nel cielo
sopra questa soglia.
iii
Riposa tra le durezze del pianto
in uno strepito umano -
fuori dall'acqua una rosa sa
che non disseta amore.
iv
Sciama lo sguardo
nell'oscurità -
cercare
dove non altro mondo può celebrarsi
né idea morire -
dopo il silenzio
ciò che resta
è ciò che torna fradicio
dal deserto dei padri.
v
La verità è nel canto
in un barbaglio tra rovi
nell'ombra
senza parole
nel cunicolo ottuso
infisso nell'aria
pensiero di chi si lascia.
vi
Esistere è un volgare prodigio
l'orlo in cui accade il mondo -
vivere è ardere
toccare l'afflizione
che sbircia di retro
interminabili siepi.
vii
Tempo nella forra
a fiotti come l'ansia scorre -
nel tumulto
come intrepidi sterpi
istante dopo istante
cercano quiete gli ubriachi -
al termine del vento
presentivi la fine
da ciò che si può pensare
e mai udire
da ciò che si può dire
ed esser follia.
viii
Pellegrini lasciano la tana -
un freddo paesaggio umano
disperso si raccoglie.
Qual sia l'amore
che relitti distende
la marea tace -
d'inverno
il fumo sopra le cime
segna la vita che non lascia suoni.
ix
Scendere nell'attimo propizio
affondare nell'inestricabile
preistoria dei senza nome.
Tutto è
nella tetra caverna
nella vita uguale il fastidio.
Migrare sopra
lo sguardo
l'arborea terra
l'illusione del bianco -
quel che verrà
sarà di ciascuno il mondo
senza misura.
x
Ed ora esulando dal luogo
dissemina l'uggia
pochi vedranno il dolore.
Ma non lesinare il sorriso agli ubriachi
amore ch'io non ami.
xi
Lasciami foglia raggiungere il fiore
la lotta esige passione -
lascia su queste mani
i segni lievi della sera.
Tra gli alberi brucia
la vita
sull'erba - senza respiro -
il suo sogno.
xii
Cimitero dei fratelli
ora non c'è pazienza né rito
l'epoca nostra si orla di peste
naufraga nella menzogna.
L'omissione è un pensiero
che insegue i ricordi
nei campi e nelle città il sangue.
xiii
Non altro cespo di voci
nell'aria s'annida.
Per questo mare sparsi
fortilizi si inseguono -
e dura la pioggia
nel silenzio
dietro le grate gelide
della notte.
xiv
Se perdura il profumo dell'acqua...
desta è una rosa.
Ma l'ora avversa chiama a sé
una vertigine di orrori.
Così dalla storia l'insidia trabocca...
pensaci - la vita stilla dolore e gioventù
solo dal tempo sanguinando.
xv
Linea -
radice che l'uomo oscura.
Il cielo muove in circolo
libero eternamente
non prefigura morte o stagione diversa.
L'affinità è una prigione
che si offre
per non essere amati.
I sensi
l'infinito - la realtà
quando si parla si affonda.
Ed è la morte -
il cammino che separa
e altrove ubriaca
perché si perda l'ombra
del suo volto.
Linea che ora guadi il tempo
t'abbia oscuro rio
nell'umido circolo che disseta e non muore.
xvi
Sibila talora la selva -
non altra omissione
o ambage
la crudeltà riserva
ai corvi
essi cadono
sotto un cielo annerito
dall'umano amore.
Parla talvolta
l'eco
di verità mai scritte
di un'eresia annunciata
di una sorte d'amore.
xvii
Di voi nottambuli
non è questo il tempo.
Simili infermi non hanno asilo.
Torme senza cielo
dolore dei padri
non altra guida vi resta
che la speranza e il ricordo
di questo secolo mai sorto.
xviii
Dissemina tra le tempie
se credi
i tuoi cupi deliri
ma l'insospettabile gesto
fuori dall'onestà è una colpa
che celebra una vita a parte.
Se assolto dal silenzio
consolati dell'umano morso
dello scherno a voce bassa
poiché questa
è la religione del nostro mondo
principio che guarda alla sua fine
senza sospetto né riscatto -
frattanto si resta vivi...
per una virtù
che ci oscura.
xix
Piegarsi
è un gioco
ignobile astuzia
che esalta chi corre
e si perde nel giogo
di fitte trame
male intese.
Qualcosa è lì accolta
folgorando la vita
in un'altra vita -
qualcosa che dissolve
un'ombra o un luogo
che la parola non dice
ma stanca chi dura.
xx
Vi guardo
per quanta vita vi resta.
Esser fedeli ad un sogno
non rende liberi
ma infelici discepoli
della vita
che è già morte di un sogno
ragione senza pietà.
xxi
Non dire
dove il cuore s'è perduto -
se l'ora t'angustia
nessun seguito avrà l'idea.
Non dire
- se mai sapendo
qualcuno ti chiamerà -
dei mali omessi e della viltà
che la maturità confida.
xxii
Dinanzi
improponibili durezze
lusingano -
l'uomo migra da una pietra
al rosso margine di un deserto
versa in qua
un fiume colmo d'ombre.
Ciò è quanto di eternamente nuovo
tu possa reggere
o gettato nel sonno
tacere.
xxiii
Guarda come tumuli
dal nulla s'addensano...-
dire che la vita grava
su ogni fortuna
reca grandi tempeste.
Affonda il tuo corpo
nel più vicino germoglio -
nel mezzo che ti trascina
noi siamo
palude.
xxiv
Poter entrare
nel dono
nella segreta dimora...-
soltanto il pungolo del dolore
assolve dall'impazienza
di essere con tutti
parola e silenzio
moltitudine e sabbia.
xxv
Verso di noi
scaglia l'occhio
la sua lacrima.
Dondola la mano
divenuta sorgente
qui fra tutte
offre il desiderio
tutto ciò che sa
e coglie
da un fiore ruggine.
Guardate -
non un corpo ha luce
né l'insetto amico
tu lo vedi
ti addita
pende dalla bocca
dai pensieri
in fondo
fino nella terra azzurra
in una parola che brucia
anche me
custode di lontananze.
xxvi
Ascolta -
ovunque tenace
è la vita
nutrita lentamente
tra questi solchi.
Ascolta -
chiunque cancella
l'orma va errando.
Una parola occorre
che divenga bocca
per l'alba che trafigge
un antico silenzio.
xxvii
In questo disunito morire
il suono non ha volto
che rinnovi il risveglio
anzi unico recede
nel corpo offeso
ed esser soli
d'un tratto senza limiti
né armonia
è la disparità della vita.
Tacere ciò che è intuìto
tacere
tacere o dire
senza omissioni
dell'ironia e della speranza
senza più passione.
xxviii
Banalità udiamo
aperte l'una all'altra
toccano l'ordine
di una voce roca
un mondo fermo
su queste preghiere
inattuali -
sotto
il vuoto ti stringe
in un giorno indecifrabile.
Qui la vita tace
dei sorsi passati
sorprendendo l'aria
coi balbettii inquieti della sete -
fuori di sé è l'umanità che duole
che riempie il viso
seguitando a cantare dei ricordi.
Dimmi
di quale morte
si nutre il cuore.
Dimmi
qual follia sia la speranza
in una parola
che sia del sentimento la vita.
xxix
Conversare all'ombra
arrancare
sognare il risveglio
e poi un pensiero scoprire
nelle falde di un sentimento
dei primordi
nell'accogliente materia
di una nuda
ed irrefutabile lingua
da attraversare nuotando.
xxx
Seguimi
se ne hai cuore
in ciò che fu detto
non v'è omissione -
è l'intatta neve attesa
che si dà
finché dura.
Seguimi
al di là del corpo
fa' che sia affissa la voce
sopra ogni nome
o torrione
per l'eternità.