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Ritengo Duchamp fondamentale. Ineludibile...

Intervista a Italo Bolano a cura di Lorenza Mazzei

Durante il mio ultimo soggiorno all'Isola d'Elba, passeggiando sul lungomare del capoluogo, la mia attenzione è stata attirata da due oggetti che si trovano sulla passeggiata a mare. La cosa singolare è che in qualche modo ricordano nella forma due segnali stradali non dissimili da quelli che si trovano lungo le strade, di cui è possibile vedere qualche esemplare anche a pochi metri da loro. In queste due opere d'arte si assiste a un curioso capovolgimento: se Duchamp prende oggetti di uso comune rifunzionalizzandoli in senso artistico qui assistiamo in qualche modo ad un procedimento inverso: due oggetti nati con intenzionali finalità artistiche, per come sono fatti, vengono rifunzionalizzati in oggetti di uso comune: come il segnale stradale dà delle informazioni riguardo alla strada su cui è posto cosi questi due oggetti sembrano fornirci delle indicazioni sulla via che stiamo percorrendo suggerendone una lettura in chiave artistica. In questo procedimento non viene meno la loro identità di opere d'arte che rimane comunque leggibile in tutta la sua evidenza. La funzione di un segnale è quella di indicare e quindi anche un segnale rinvia, al pari di un segno, ad un oggetto ad esso esterno. L'opera è un segno. Ma mentre nel segnale, segno di uso comune, il rinvio è monosemico nell'opera d'arte il rinvio è indefinito e quindi polisemico. Avrebbero potuto essere tranquillamente ospitati in un museo di arte contemporanea, ma il fatto che si incontrino lungo un viale fa sì che finiscano per interferire con l'ambiente circostante coinvolgendolo in un risignificazione in qualche modo segnata dalla loro presenza. Ho voluto incontrare l'autore di queste opere. Italo Bolano

Sestante e Barca del Sole
Sestante e Barca del Sole

Italo Bolano è nato a Portoferraio (Isola d'Elba) il 24 ottobre 1936.
Ha compiuto gli studi artistici a Firenze e quelli di composizione architettonica a Padova, svolgendo attività didattica come docente di disegno e storia dell'arte in istituti statali a Prato e Firenze.
Allestisce la sua prima personale all'età di quattordici anni. Da allora ha partecipato a mostre nazionali e internazionali collettive e personali.
Spaziando nella sua produzione dalla pittura, alla scultura, all'architettura ha realizzato opere utilizzando una gran varietà di materiali e tecniche. Particolarmente importanti sono i cicli di pittura sulle poesie di Mario Luzi, e quelli dedicati a Napoleone e a Gesù Cristo.
Ha creato all'Isola d'Elba un museo all'aria aperta, l'Open-Air Museum, dove sono distribuite in un area di 10.000 mq a diretto contatto con la natura numerose sue opere monumentali. Il centro che è diventato un punto di incontro fra artisti di tutto il mondo ospita laboratori e gallerie espositive e uno spazio destinato alle rappresentazioni dove Bolano ha allestito, ideandone il testo e realizzando costumi e scene, un suo lavoro teatrale..
Frutto della sintesi delle sue competenze architettoniche e artistiche è l'opera "casa-nave" realizzata in loc. Magazzini, un'unità abitativa attualmente di proprietà di una famiglia svizzera.
La sua ultima produzione si è indirizzata verso la realizzazione di grandi opere in ceramica, e strutture d'acciaio e vetro Dallas ospitate in contesti urbani di varie città italiane e straniere.
Sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private a Amsterdam, Basilea, New York, Bruxelles, Amburgo, Losanna, Bologna, Carlruhe, Ancona, monaco di Baviera, Zurigo, Roma, Sion, Varese, ecc.
E' stato pubblicato sull'artista il  libro "Essere Isola. L'arte di Italo Bolano" edito da Marsilio.

D.Partiamo dalle le due opere che hanno stimolato l'incontro con l'artista. Due strutture, cloni d'arte di oggetti di uso comune, coinvolte in un'inversione di significazione. Il contrasto portato dalla vicinanza fisica con oggetti simili finisce per dare a questi oggetti una forza dirompente che va a mettere in crisi le nostre correnti aspettative riguardo all'oggetto. Comportamenti paradossali di oggetti che negano là dove affermano. E' la poetica di Duchamp esaltata nel suo ribaltamento di direzione. Ecco allora un segnale che non indica ma rinvia e lo fa come un'opera d'arte cioè in maniera indefinita. Mi parli di queste due opere.

R Ritengo Duchamp fondamentale. Ineludibile. Un artista straordinario che ha rivoluzionato il modo di fare e concepire l'arte. Non è possibile non tenerne conto. Per quanto riguarda le due opere devo ammettere che lei ha colto un aspetto che inizialmente non era stato messo in conto. In realtà questa non era la destinazione che avevo pensato per loro. Come spesso capita un artista deve accettare per i propri lavori le collocazione decise dalle autorità locali e non sempre sono luoghi che esaltano l'artisticità dell'opera. Ma a conti fatti devo ammettere che questa si è rivelata una simbiosi interessante. I due oggetti messi lì finiscono per dire qualche cosa insieme ad altre cose. I segnali stradali, i cartelloni pubblicitari, le fermate dell'autobus, i pennoni delle barche ormeggiate diventano altre strutture di una geometria verticale con cui le opere dialogano. Ho chiamato le due opere Sestante e Barca del Sole. Sono anch'essi dei segnali indicatori della navigazione. Sono state realizzate in vetro dallas colorato e questo fa sì che vivano grazie alla luce che attraversandole in parte si riflette e in parte si fraziona creando di esse un'immagine sempre nuova.

D. La sua pittura sembra essere animata da una fertile curiosità rivolta a tutto quanto avviene in arte. Probabilmente il fatto di essere docente di storia dell'arte lo ha reso anche un attento conoscitore della produzione artistica non solo dei secoli passati ma anche della contemporaneità. Come e in che misura ritiene che l'attività didattica abbia influito sulla sua attività artistica?

R. Ho iniziato giovanissimo a insegnare nelle scuole statali. I miei primi allievi erano praticamente miei coetanei. Per me i ragazzi sono il centro della scuola. La loro stima e i risultati ottenuti sono stati la mia ricompensa. Questo è stata per me anche l'occasione di conoscere insieme a loro, in un dialogo fertile per entrambi, l'arte. I pittori che più hanno segnato la mia scelta sono stati senza dubbio Kandinskij e Klee. Del primo mi affascina il pensiero del secondo la raffinatezza. Klee è il più raffinato di tutti, . La sua delicatezza e profondità di interpretazione è tale che con un segno può rendere  la psiche, la musicalità, il colore, la composizione. Klee è venuto all'Elba nel 1926. Il suo carattere eroico fu scosso dalla luce mediterranea e immergendosi in essa si lasciò penetrare dall'energia pura, quella natura naturans  da cui l'artista, come il pazzo e il bambino, trae i suoi stimoli primari per ritrovare se stesso, per rendere visibile l'invisibile. L'artista, per ritrovare se stesso, deve ripercorrere l'esistenza a ritroso per arrivare a scoprire il mondo magico e primitivo dell'incoscienza. Mi affascina la sua vita. Klee dovette scegliere a un certo punto se diventare poeta o pittore. Ma la poesia rimane nella sua pittura che è anche musica.

D. Anche nelle sue opere è possibile cogliere ritmi e immagini musicali, evocazione cromatica di una sonorità che si esprime attraverso concrezioni materiche e segni di colore. In alcuni dei suoi lavori, in particolare quelli dedicati al musicista Pietri, il riferimento si fa più esplicito ed ecco apparire sull'opera note a rappresentare uno spartito dell'immaginazione. Che  significato ha la musica nel suo lavoro?

R. E' innegabile il legame profondo che c'è tra pittura e musica. Quando mi pongo davanti alla natura mi sforzo di vedere senza vedere. La realtà vera sta dentro di noi.  Tutto ciò vorrei trasmettere all'animo dell'osservatore lasciandogli la libertà interpretativa del momento. L'oggetto, filtrato con l'intuizione dovrà raggiungere il divenire. E' ciò che avviene nell'espressione musicale.

Intervento ceramico in onore di Giuseppe Pietri
Intervento ceramico in onore di Giuseppe Pietri

D. Le sue opere vengono realizzate utilizzando una gran varietà di materiali, metallo ceramica vetro, solo per citarne alcuni, e tecniche che implicano, tra l'altro, una grande manualità. Vuole parlarcene?

R. E' la mia necessità di sperimentare e di fabbricare. Il fabbricare vuole il movimento delle mani, il sentire i materiali elaborando sui materiali tecniche diverse. Le occasioni possono essere casuali o prestestuose. Penso agli interventi ceramici sul granito a Marciana, i segni appena accennati sulle rocce zoomorfe a seguire un suggerimento che viene dalla materia. Poi le grandi opere monumentali in ceramica, vetro, metallo.

Sono partito dalla pittura giovanissimo e subito in aperto contrasto con l'ambiente in cui mi sono formato che era quello dei post-macchiaioli. Poi è avvenuto l'incontro con l'architettura, a Padova con il prof. Travaglia, che mi ha avvicinato alla tecnica della ceramica, del metallo, del vetro verso l'elaborazione di un'arte che esce dallo studio scendendo dal cavalletto per andare nello spazio urbano. Sono  del 1963 i grandi pannelli per l'ex teatro Pietri, il rosone della chiesa di San Giuseppe.  Nascono le opere-monumento che portano avanti contemporaneamente un discorso di arte e di arredo urbano. Un'arte da fruirsi al di fuori del contesto museale. Con la Casa-Nave interamente progettata da me e costruita con l'aiuto di un solo operaio il rapporto con l'architettura diventa strutturale. Amo definire la scultura uno spazio chiuso, l'architettura uno spazio racchiuso. Ma un contenitore può non essere un limite se i quadri invece che dentro sono esposti sulle pareti esterne. La ceramica diventa allora un materiale che regge all'usura del tempo, ideale per realizzare i quadri ceramici sull'esterno delle case. E' attraverso l'incontro con Dario Bencini a Prato che ho conosciuto e poi sperimentato l'arte della ceramica. Un materiale che mi ha permesso di esprimere quella trasparenza di mare arricchita da tonalità metalliche che da tempo cercavo. Ma la ceramica mi ha anche dato la possibilità di realizzare le opere di dimensioni monumentali indistruttibili da collocarsi nella natura dell'Elba e nelle piazze di città italiane e straniere. Non diversamente dalla ceramica il vetro si presenta come un materiale che regge bene l'esposizione all'esterno ma in più ha la proprietà di lasciarsi attraversare dalla luce. Vetro frantumato e ricomposto accostando colori e spessori, spesso in combinazione con acciaio e ceramica per la realizzazione di opere complesse di grandi dimensioni. Opere in cui le tecniche e i materiali si rivelano come momenti vicendevolmente integrantisi di una ricerca che è soprattutto una ricerca di ambiente.

Fontana a Montemurlo
Fontana a Montemurlo

D. La sua poetica ha anche evidenti punti di contatto con quella di un artista contemporaneo che ha creato opere per spazi esterni. Penso a Burri e al monumentale cretto realizzato a Gibellina. Cosa pensa di questo tipo di intervento?

R. Idea bellissima. E' la potenza di dire con poco tanto. L'opera che interagisce con l'ambiente. Sulle mie sculture in acciaio si depositerà il salmastro e sarà bene così. Il mio sogno sarebbe fare un monumento al vento che la mattina ne segnali la direzione con una musica. La Valle delle ceramiche, una sorta di museo all'aperto sorto su un terreno ricco di vegetazione e di elementi naturali, è nel senso di questa interazione-simbiosi fra arte e natura. Vi sono collocate 25 grandi ceramiche. Alcune sono già in parte coperte di muschio salvo che sulle parti smaltate. Opere in continua trasformazione. In alcune opere la collaborazione è già nel progetto. L'Arca è l'espressione di una sintesi cercata fra opera e natura. Quest'opera-monumento ha una forma di "S" coricata e quasi sospesa, in cemento armato e rivestita di ceramica con superfici lisce e scabre. Di notte, quando viene illuminata, l'acqua cola dalle pareti segrete dell'opera.

L'Arca
L'Arca

D. Nel 1993 la Valle delle Ceramiche diventa Open-Air Museum, successivamente riconosciuto dalla Regione come uno dei nove musei d'arte moderna della toscana. Un'idea di museo all'aperto sul modello del Louisiana in Danimarca. Un angolo culturale all'avanguardia in un contesto come quello dell'isola che sembra invece privilegiare interessi commerciali a sostegno di una economia che si basa essenzialmente sul turismo. Il suo progetto diventa allora un'isola nell'isola. Come è arrivato a concepire e poi realizzare questo progetto?

R. Nel 1964 ho avuto l'idea di fondare un centro d'arte, quello che poi si chiamerà Art Center, ricavandolo da un vecchio cascinale proprietà di mio padre. Il luogo divenne ben presto un punto di incontro per artisti di ogni parte del mondo e di turisti in vacanza all'Elba. Nel centro viene organizzata una scuola di pittura e poi di ceramica. Nasce una pinacoteca frutto dei tanti incontri e laboratori con poeti, pittori e musicisti. Vi trova posto anche un teatro Le istituzioni mantengono silenzioso disinteresse nei confronti dell'iniziativa che mi trovo a mandare avanti da solo, tra molte difficoltà e con notevoli sacrifici, sostenuto soltanto dagli amici. Un navigatore solitario anche nei confronti della critica ufficiale e dei mercanti. Il centro viene poi dotato di un forno per la cottura di terre e materiali vari. Nel 1974 accanto a questo nucleo originario sorge La Valle delle Ceramiche dove sono ospitate 25 mie opere ceramiche. Un evoluzione del progetto originario verso un centro museo dove l'uomo, avendo conosciuto i suoi limiti, cerca l'incontro con i suoi simili, e, meditando sulla natura e sull'arte, può iniziarsi alla conoscenza, un luogo dove può meditare, discutere e lavorare.

 Opem-Air Museum
Opem-Air Museum

D. Al centro della Valle delle Ceramiche emerge dal terreno un'opera composita. E' il monumento a Mario Luzi.  Ricordo di un incontro importante di cui rimane memoria in dodici acquerelli evocati da versi tratti dal volume di poesie di Luzi Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini. Esempio di fertile contaminazione fra poesia e pittura . Che significato ha avuto nella tua produzione questa collaborazione?

R. Il poeta Mario Luzi mi ha offerto la sua poesia. Un genere di poesia che a me piace molto perchè provenendo dalla poesia ermetica parla un linguaggio non visivo. Ogni quadro è stato dipinto su un verso. Sensazioni, moti d'animo evocati dall'incatenamento delle parole, dalla loro sonorità. Luzi mi ha suggerito con le sue poesie alcune immagini da cui sono nati i quadri. Ma ciò che ho sentito maggiormente  è stata soprattutto la vicinanza di un grande uomo, la sua frequentazione semplice e umile.

 Monumento a Mario Luzi
Monumento a Mario Luzi

Il monumento a Luzi  è un'opera di ricco significato simbolico e esoterico. Si compone di una scala del cielo, dei simboli della terra, dell'acqua, dell'aria, del

fuoco, di un triangolo su cui è posto l'uovo cosmico in smalto nero e bianco, di un diagramma tantrico che raffigura l'unione del maschile e del femminile e dei numeri sacri "3", "4" e "7" che escono dal prato e sono sedibili. Il monumento fa parte dello spazio teatrale davanti all'orchestra. Riporta alcuni versi del poeta ed è realizzato in cemento, acciaio e ceramica.

D. Lo sperimentalismo creativo sembra essere la cifra della tua arte. Una ricerca continua sostenuta da una curiosità insaziabile che spazia tra linguaggi diversi. Viene da chiedersi se esista un centro emozionale o reale che dà coerenza e senso a un'attività che per la ricchezza di interessi rischia di diventare dispersiva.

R. I miei soggetti derivano dal mediterraneo, dalla luce mediterranea, la sera sul mare, i porti, le torri. Soggetti che hanno ispirato le mie prime tele e che ritornano nei miei quadri astratti e nelle opere scultoree. E' la storia dei suoi segni che diventano simboli di un'infanzia vissuta sul mare. L'isola è il mio punto di riferimento. L'Isola è il mio centro vitale e emozionale, il punto di partenza e di arrivo, il soggetto inesauribile da cercare e trovare attraverso una sperimentazione continua di nuove tecniche e nuovi impasti. Nella mia opera è sempre presente il mare. In me è presente il mare, è il mio linguaggio, i miei colori. Amo l'Elba, femmina misteriosa e cangiante, il suo meraviglioso e favoloso volto, il cobalto ceramico del suo volto, la forza interna delle sue rocce. Il blu è la voce e la luce del mare. La linea curva è della donna,  dell'isola e del cosmo. Per poter assurgere all'universale bisogna partire da un punto reale. La Donna-Isola, il Porto, il Gabbiano sono temi che esprimono la libertà, gli spazi aperti, l'avventurosa ricerca di esperienze e conoscenze sempre nuove. Ricerca che si è arricchita attraverso i molti viaggi che ho fatto. L'India, L'Africa, l'Oriente.

 Musica del Mare
Musica del Mare

D. L'isola come centro di gravitazione universale del suo lavoro. I soggetti delle sue opere apparentemente solari, il mare e l'isola, assumono talvolta delle tinte forti, inquietanti, drammatiche. Se nell'opera compiuta l'artista esprime la propria visione del mondo, la sua poetica, quali sono gli elementi che caratterizzano la sua arte?

R. Io mi ritengo un romantico drammatico. Esprimo il dramma vissuto nell'epoca in cui vivo. Noi subiamo sempre quello che ci avviene intorno, noi siamo figli del nostro tempo. Come informale e istintivo non posso agire con il cervello. La mia opera non è didattica. Il mio rapporto con l'avvenimento è esclusivamente emotivo. L'aspetto drammatico è quello che mi colpisce maggiormente anche perchè io stesso soffro e soffro anche per gli altri. Ho sempre voluto penetrare la realtà soffrendola sino al fondo per poterla sublimare con il sogno. Quella tremenda realtà del dolore dell'uomo causato dalle sue contraddizioni, dal suo orgoglio, egoismo ed avidità di potere: tragedia umana del Sapiens. L'uomo che spesso diventa entità larvale disumanizzata, non si chiede dove va, segue gli dei, le autorità costituite, i sommi sacerdoti, i leaders intellettuali con la sua maschera che in greco vuol dire per l'appunto "persona". L'uomo non sa che è un puro e semplice caso di emanazione di vita, di qualcosa di sconosciuto nell'universo degli universi. Dove vuole andare? Siamo nell'indefinibile, basterebbe sentire questa palpitazione dell'indefinibile. Ed è questo "indefinibile" che cerco di rappresentare con l'arte. Credo sia quello stesso indefinibile che cercava Leonardo navigando in uno spazio metafisico. Lo scopo dell'arte per me è rendere visibile questo invisibile, che è la vera realtà, quella che ci fa gioire o soffrire, tutto il resto non conta, fa parte degli omini non degli uomini. Questo è il mio Ecce Homo.

D. E' in questa ottica che nascono i due cicli pittorici de La vita di Cristo e di Napoleone?

R. Cristo è il simbolo del dolore. Ho realizzato questo lavoro in un momento di grande sofferenza personale. Ho scavato nell'opera me stesso. Sono drammatico perchè Cristo era un drammatico. Dopo aver realizzato la prima opera del ciclo, la "Crocifissione", ho sentito la necessità di ricercare i luoghi del Cristo fatto uomo . Nel viaggio che ho fatto in Palestina ho rivissuto le emozioni di un uomo che era anche un saggio. Qui la vita e il dolore del cristo sono diventati quelli dell'uomo. Da questa esperienza sono nate sedici opere ispirate dai momenti salienti della vita di Cristo. La stessa drammaticità caratterizza il personaggio di Napoleone, il piccolo grande corso che doveva rivoluzionare l'Europa. L'ultimo grande imperatore che nasce in Corsica, è esiliato all'Elba, e muore a Sant'Elena. Tre isole da cui cercherà sempre di fuggire verso un sogno di gloria e potere andando fatalmente incontro a tragico ma grandioso destino. L'insularità è un evidente elemento di comunione con la mia storia personale.

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Arrivo a Portoferraio

 Battaglia di Austerlitz
Battaglia di Austerlitz

 La nube della Beresina
La nube della Beresina

Ma il soggetto è stato un pretesto. Si cerca un soggetto che aiuti ad esprimere se stessi. Ho una personalità e un'anima drammatica. L'istinto e il drammatismo che io sento dentro di me mi avvicinano alla pittura di Burri, Fontana, Afro. Ma è un riscontro fatto a posteriori una comunione di intenti scoperta sul campo a giochi fatti. Così per la mia maniera di dipingere, istintiva che mi fa sentire vicino all'action painting di Rothko, ma anche Kline. L'uomo è frutto della famiglia e dell'ambiente. Ma può essere sconvolto da situazioni. Dopo Hiroshima e nakasaghi gli artisti non credevano più negli ideali che avevano  creato e sostenuto. Nacque allora l'informale per dire qualcosa di se stessi e basta. Come se volessero lasciare un segno non diversamente da come aveva fatto l'uomo nelle caverne. Un segno primordiale.

D. L'arte può diventare portatrice di un messaggio. Sostenere un impegno civile e politico e/o essere un'esperienza intimistica puramente evocativa di stati emozionali.  Qual'è la sua concezione dell'arte?

R. L'arte segue il tempo e  la scienza, poi interviene il sentimento che per essere originale deve essere personale e  potersi esprimere nella completa libertà. L'arte è sempre l'espressione intima. Personalmente mi sento particolarmente vicino, senza averlo programmato, all'arte più interiore che è l'informale americano degli anni 60'/70'. Espressioni artistiche che nascono dalla libertà del jazz, dal teatro dell'assurdo  e che cercano di esprimere, senza mediare con l'oggetto, la vitalità, qualcosa che fa immaginare e sognare più che descrivere la realtà. E questo è indisgiungibile da quanto è avvenuto in altri campi del sapere umano attraverso figure come Einstein e Freud. Einstein letto attraverso Kandinsky che cerca l'essenza sensazionale dell'oggetto per arrivare all'astratto.

D. La sua attività artistica pur seguendo un percorso originale non ha ignorato quanto avveniva a livello mondiale nel campo dell'arte. Spesso cita artisti che sono stati protagonisti delle avanguardie del Novecento. Quale è la sua opinione nei confronti di questi movimenti artistici?

R. Nel momento in cui il Novecento destrutturava ho mantenuto e difeso l'organizzazione del quadro.  Ho studiato, ammirato, esaltato le avanguardie storiche. In particolare quelle che finiscono poco dopo gli anni 50'. Dopo si assiste a un certo manierismo anticipato. Anche perchè l'esplosione dell'astratto non è stata una cosa da poco. L'astratto per me è stato più importante anche perché è storicamente durato di più e ha reso visibile anche l'invisibile. Kandinsky viene dall'espressionismo e da qui si arriva all'espressionismo astratto. Dopo l'informale, l'astratto istintivo. Con la pop-art  viene riproposto l'oggetto e ritorna Duchamp. Per arrivare all'arte concettuale, al videoregistratore dove tutto viene incamerato nei dischi, come nell'ultima biennale definita "l'espressione della globalizzazione dell'arte". Si fa avanti il cerebralismo, la stanchezza e non c'è il "grande" che anticipa. Colui che sarebbe già dovuto nascere, sul finire del secolo, a precorre i tempi.

D. Di fronte al quadro che ha appena tracciato ritiene che l'arte abbia un futuro oppure stiamo vivendo gli ultimi giorni di una lenta agonia dove non c'è spazio se non per la rievocazione?

R. Spesso si è parlato della morte dell'arte. Bramanti diceva che l'astratto non ha futuro, ma si riferiva a un periodo, a un movimento. L'arte mi auguro che abbia un futuro anche se non riesco a immaginare quale. Sento di non condividere l'arte concettuale. Mi mette in crisi. Per me l'arte è sentimento. Non deve perdersi l'artista, l'individuo. Il rinascimento è il trionfo dell'individuo. L'uomo non può lavorare in gruppo, mescolato, anonimo, affidando la creatività alla macchina.

L'artista nel 900 è stato come non ma libero. L'astratto ne è una prova. Una scelta che ha rischiato l'incomprensione, e quindi il rifiuto e la non commerciabilità dell'opera. Questo è avvenuto anche perché è venuta meno la committenza. Prima l'artista lavorava per la chiesa, per la classe politica. Ora lavora per un bisogno che è soltanto interiore rischiando l'incomprensione. Gli informali venivano chiamati i pittori dell'incomunicabilità. La loro vita divenne a volte un tutt'uno con la loro arte. Spesso suicidi come ad esempio Pollock.

Termina qui l'intervista. Ci congediamo con le parole con cui Italo in forma di poesia riassume nel libro Essere Isola la sua poetica, una preziosa testimonianza di un artista che è anche un tentativo di rendersi consapevole e farci partecipi di un procedimento che il più delle volte è puramente inconscio raccontandolo attraverso i mezzi di un'altra arte, quella della parola, a sottolineare la difficoltà del linguaggio comune a penetrare e farsi portavoce di qualcosa che prende corpo solo nell'opera compiuta in cui diventa un segno visibile dell'invisibile:

Un tela bianca mi appare come un mare grigio calmo

e monotono su cui incombe un temporale.

Quando soffia il vento e il mare si agita, conincio

a remare con i miei pennelli, sempre più con forza

solcando il mare e girando su me stesso.

Quando la tempesta cessa il quadro è finito

e io sono distrutto.

Se dovessi tornare sul quadro

dovrei attendere un'altra tempesta.

Intuizione, semplicità.

Io sono un marinaio tragico e solitario; alle volte

questa navigazione mi sembra assurda, allora cerco

di sfuggire al tragico con l'umorismo.

L'arte come la vita mi insegna a remare

E a fare attenzione ai bassi fondi, che ci insidiano

con la loro falsa e nascosta presenza.

Odio gli uomini che vivono di apparenze subdole.

Vivo la sfida a questa battaglia con costanza e speranza.

Qualche volta trovo la poesia, allora niente più mi importa

e  la gioia supera ogni riconoscimento ufficiale.

Se no, torno al pessimismo

che trasmette l'enigma della vita.

ITALO BOLANO

 Essere Isola
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