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APPUNTI PER UNA FENOMENOLOGIA DELLA TELEDILDONICA
di 
Riccardo Notte

L'amore si compiace nell'attesa dell'amabile; si gode della rappresentazione che avviene nell'attesa. La pornografia è forse proprio questo. È in tal senso che l'amore è in ogni caso concupiscenza, investimento da parte dell'io. L'io penso ricostituisce la presenza nell'amore.

Emmanuel  Lévinas, Dio, la morte e il tempo.

Pornografia e virtualità

L'oscuro territorio della pornografia è notoriamente un argomento di cattivo gusto. Anzi, fra i tanti soggetti per stomaci robusti esso resta forse il più problematico, il più sfuggente, poiché chi ne tratta rischia di essere identificato alla stregua di un pornografo e di un pornomane. Per  lo studioso è anche un tema rischioso, che si affronta, se pure si affronta, demarcando la giurisdizione entro la quale far muovere le pedine in gioco. Però, è anche vero che fino a non molto tempo fa la natura e la forma del materiale pornografico implicava una ricerca attiva, una esplorazione anche territoriale di quei luoghi ove la pornografia era ed è offerta, esibita, rivendicata. E anche dove la pornografia semplicemente ammicca fra le pieghe di ben altro materiale, per esempio dal giornalaio, cioè in un punto del territorio urbano che è un crocevia dell'informazione stampata e della merce culturale "lecita", destinata a ogni target, oppure nel cinema a luci rosse, dove in realtà il pubblico è una finzione, anche in questi luoghi, fino a qualche anno addietro, il fruitore di pornografia doveva esibirsi in una complessa serie di codici comportamentali, poiché la relazione con il contesto non è mai esclusa, e anzi in questi casi è fonte di una notevole tensione emotiva, come insegna il celebre caso umano e letterario di Gay Talese.[i][1]

Per esempio, visitare un cinema porno impone innanzi tutto la scelta del cinema. C'è da credere che il tranquillo padre di famiglia, ottimo inquilino del quinto piano del tal palazzo della tal via ben difficilmente sceglierà il cinema porno sotto casa sua, se esiste. Analogamente, l'attraversamento della soglia fatidica implicherà di sicuro una attenta scelta degli atteggiamenti, delle posture, delle espressioni, e tutto ciò tanto "prima" quanto "dopo". Prima si è per strada, si è atomi fra atomi, parti anonime del flusso metropolitano. Durante l'attraversamento si interagisce con le fortissime e ambivalenti energie potenziali di quella particolare terra di nessuno che sta fra l'uscio e il botteghino. Subito dopo si è invece autorizzati a gettare la maschera, o ad assumere quella dei propri desideri reconditi, e ciò perché si è nuovamente in un "contesto giusto", nonché fra "eguali".

La definizione di un siffatto contesto sociale dovrebbe probabilmente partire da un'indagine sugli atteggiamenti assunti dagli attori coinvolti nei vari ruoli, sulla scia dei modelli dell'interazione sociale studiati da Goffman.[ii][2] Ma non è di ciò che si vuole trattare.

Si tenterà, infatti, di analizzare alcuni aspetti del rapporto fra la nuova domanda e l'offerta di simulacri sessuali virtuali e quella che può essere a tutti gli effetti definita la condizione connettiva. Infatti, l'individuo che partecipa della condizione connettiva si trova anche, e malgrado tutte le intenzioni contrarie, in una situazione interattiva anomala, poiché in Internet la rappresentazione sociale è ridotta al minimo, ed è talvolta, come nel caso del consumo di simulacri sessuali, del tutto assente.

Intanto una precisazione. Sul sesso virtuale è stato scritto molto. Anche una sommaria ricognizione degli articoli pubblicati in questi ultimi anni dai maggiori giornali quotidiani e dai settimanali richiederebbe qualche osservazione. Da che mondo è mondo il sesso è un argomento che vende bene e i giornalisti lo sanno bene. La stampa sa perfettamente come sfruttare questo genere di appetiti, anche se si vestono di nuovi panni "virtuali". Tuttavia, è curioso constatare che  tanta sovrabbondanza di attenzione da parte dei quotidiani e dei rotocalchi non corrisponde affatto a una altrettanto abbondante messe di studi. Ma, appunto, la pornografia è un argomento indigesto. Anche laddove si è tentata qualche indagine critica, non è chiaro fino a che punto si possa affermare la lampante differenza fra la pornografia in rete e le forme tradizionali di produzione e consumo del medesimo genere.

Perché questo è il punto: il trasferimento nella rete telematica delle proiezioni inconsce che si materializzano nella pornografia non è stato un semplice trasloco, non è stata una trasposizione materiale da un medium a un altro medium diverso ma almeno in qualche misura affine, come è avvenuto, ad esempio, nel trasferimento dalla pellicola fotografica al video.  La forma che la pornografia ha assunto nel nuovo medium iperglobale ha completamente trasformato la natura del messaggio. Al di là degli slogan alla McLuhan, troviamo, forse, qualche adombramento di una siffatta potenzialità negli scritti di Steven Marcus, che non a caso coniò il termine "pornotropia" allo scopo di designare  una particolare e solitaria condizione estatica a sfondo erotico: condizione in cui il tempo è interamente occupato dalla solitaria possessione sessuale, mentre lo spazio è concentrato nelle forme più o meno testuali [iii][3] o iconiche dei simulacri erotici. Ora, quantunque il concetto di "pornotropia" si avvicini alquanto a ciò che comunemente si sperimenta quando si interagisce con l'incredibile flusso elettronico della pornografia internettiana, tuttavia esso non esprime ancora compiutamente il potere suggestivo di un siffatto materiale onirico primario. Materiale comune, ma  trasformato da un ambiente in grado di plasmare gli impulsi profondi di chi vi si immerge. Infatti, il Web ha il potere di fluidificare la superficie dei modelli culturali acquisiti, fino al punto da modificarne i contenuti. Il che, il più delle volte, accade perché l'utente dell'Internet interagisce utilizzando procedure che si collocano al di sotto della soglia della coscienza.

Forse, un medium subliminale di questa portata alla lunga potrebbe perfino modificare le basi innate di molti comportamenti, e in primo luogo dei comportamenti sessuali. Ma anche evitando conclusioni così drastiche, e del resto affrettate, è evidente che la pornografia in rete incoraggia forme di coinvolgimento psicofisico che si avvicinano a ciò che gli esorcisti definivano "possessione".  Da qui l'ovvia domanda: è vero che la pornografia in Internet può contribuire ad alienare le relazioni e gli affetti reali, familiari, "tangibili", di coloro che ne fanno un consumo massiccio?   In materia di consumi sessuali ogni testa è un tribunale, come si dice, cosicché si sprecano le prese di posizione. Però, qualunque scelta etica non aggiunge né toglie un solo granello di sabbia alla sorgiva realtà, e questa testimonia la sua forza nell'espansione vertiginosa del sesso internettiano, realtà in "stato nascente", come la definirebbe Alberoni, e della quale ancora non si è percepita né la potenza né l'estensione.

"Orgoni" in libertà

Quando si parla di pornografia in rete si tocca con mano anche un secondo deficit comunicazionale. Esso si può ridurre al fatto che la visione del problema che si riflette nei tradizionali mezzi di comunicazione, dai quotidiani alle reti televisive,   non si sovrappone alla visione "dall'interno" neanche in un punto. Su questo argomento si inceppano perfino alcuni e peraltro eccellenti programmi divulgativi specializzati, come ad esempio Neapolis, in onda su Rai 3 quasi ogni giorno intorno alle quindici. Le due visioni del sesso in rete, quella in "presa diretta" e quella ripresa dai vari organi giornalistici, non coincidono mai. Sembra quasi che l'universo della stampa si limiti a osservare un pianeta distante anni luce, e con strumenti ottici inadeguati. Senza dubbio è sorprendete che affermazioni paradossali, infondate, o quantomeno imbarazzate provengano da veri esperti del settore, da navigatori incalliti, da pionieri delle reti che però, in forza delle circostanze, hanno assunto il compito di educare la gente a un nuovo tipo di medium. La mentalità gutenberghiana è a disagio quando incrocia qualcosa che sfugge al suo ordinamento.

Ecco un esempio: in "Internet no problem" un allegato al quotidiano "La Repubblica" diffuso un paio di anni fa, si leggeva che la metà dei siti esistenti in rete, in tutto il mondo, contiene materiali esplicitamente pornografici.[iv][4] E dopo aver buttato giù un macigno di queste dimensioni i pur competenti redattori non tornavano più sull'argomento, in tutti i restanti fascicoli. Come se la materia del contendere, pur esistendo, fosse di per sé marginale. Eppure, se le dimensioni del fenomeno raggiungessero anche soltanto un terzo di quelle avanzate dall'articolista è evidente che ci troveremmo al cospetto di un fatto impressionante. Immaginiamo per un attimo che la medesima proporzione fra materiale pornografico e pubblicazioni di altro genere fosse applicata alla produzione di carta stampata. Ebbene, se così fosse, in ogni libreria del globo la metà dei libri sarebbe esplicitamente pornografica, e anche metà delle riviste esposte in ogni edicola, metà dei volumi di tutte le biblioteche, metà degli opuscoli, dei cataloghi, dei volantini, delle affiches, della posta, nonché metà degli archivi cartacei e via di questo passo. Se così fosse il mondo sarebbe senz'altro molto diverso, forse perfino più divertente, o più noioso, o più angosciante. Sicuramente, se così fosse, un siffatto universo risulterebbe ben più "orgasmico" dell'attuale, un autentico impero dell'"energia orgonica" di reichiana memoria. Una realtà espressiva quasi del tutto estranea al linguaggio, una dimensione sensoriale priva affatto di segni.[v][5]

E invece, come è ovvio, non è così. Quantunque la produzione di pornografia "tradizionale" (cioè propalata attraverso la carta stampata, i film e i video) sia senza dubbio rilevante, essa non può essere minimamente paragonabile alla massa di informazioni di altra natura diffusa attraverso i medesimi strumenti. Questo discorso, in termini assoluti, vale anche nel settore delle videocassex (videocassette porno destinate a un consumo casalingo). Infatti, quanto più una tecnologia "videomatica" diventa d'uso comune, tanto più essa è in grado di amplificare i desideri, le fantasie e i sogni individuali. Così essa si diffonde capillarmente senza sforzo, quasi senza promozione.

In altre parole, più le tecnologie aprono spazi di libertà espressiva e più interfacciano tutti o quasi i singoli individui, più la pressione istituzionale su certi argomenti tabù è costretta ad arretrare.  Grazie alla diffusione di tecnologie eidomatiche di basso costo e altamente sofisticate accade che territori un tempo facilmente sorvegliati dai rappresentanti del potere diventino terra di nessuno. Per esempio, le foto polaroid, e oggi ancor più le fotocamere e le videocamere digitali, hanno favorito l'esplosione della produzione e del consumo casalingo di pornografia. Le cosiddette "Web cam" aggiungono alla facoltà di produrre materiali a costi prossimi allo zero una dimensione collettiva e connettiva del consumo. Cade dunque da sé l'idea stessa della privacy, almeno in questo segmento dell'esperienza. Ma un effetto meno vistoso, eppure forse più incisivo, riguarda l'impossibilità della misurazione del fenomeno.

Se la produzione di materiale pornografico diventa pulviscolare, trasversale e ovunque riscontrabile, allora ogni misurazione risulta di fatto impossibile, anzi superflua. Ed è esattamente l'opposto di quanto avviene durante la produzione di film o di immagini "normali", poiché questo genere di intraprese rientra nelle realtà istituzionalizzate e controllate sul piano economico, artistico, politico, giuridico o semplicemente comunicazionale. Le due realtà non soltanto non sono confrontabili, ma sono anzi in aperto conflitto. L'una assume l'aspetto caotico di un moto browniano, l'altra resta codificata e misurabile, soggetta alle mire e ai codici del potere.

Il fatto che il fenomeno della pornografia in rete non sia misurabile dipende da una importante caratteristica strutturale del Web. Apparentemente, l'Internet si presenta quasi come un laboratorio statistico naturale. Così, ogni motore di ricerca fornisce automaticamente una certa quantità di dati, di numeri, di liste. Informazioni che il più delle volte sono pletoriche, anzi sovrabbondanti, al punto da scoraggiare l'utente più pignolo e agguerrito. Ciò si riflette in piccolo anche nella soperchia abbondanza di informazioni e di collegamenti ipertestuali presente nella maggior parte dei siti, e specialmente nei siti di natura sessuale, dove sovente si indica la quantità di collegamenti che si accumula minuto dopo minuto nel database del server.

Questi "totalizzatori" a prima vista consentono di valutare a colpo d'occhio le caratteristiche strutturali e comunicazionali di una data area del sistema, anche nei siti pornografici. In realtà, tutti sanno che anche un dilettante può facilmente tarare il proprio contascatti a suo piacimento, partendo da centomila unità, o da un milione o da un miliardo. Quindi, qualsiasi sommatoria viene frustrata dalla mancanza di dati certi. Ecco che la misurabilità riceve un secondo scacco. Già a questo punto siamo in grado di valutare il valore "mutageno" insito in un dominio dell'esperienza umana che si annuncia secondo modi e relazioni differenti dal passato. C'è poi il fenomeno delle "pagine nascoste": il sottobosco del Web. Infatti, i motori di ricerca riescono a censire circa un quinto della pagine Web esistenti al mondo. Dove sono gli altri quattro quinti? E soprattutto che cosa contengono? Inutile aggiungere che una parte impressionante di questo impalpabile mondo sommerso è di fatto una gigantesca cornucopia sessuale, ed è certamente curioso che i bassifondi del Web finiscano col coincidere con quelle che molti continuano a ritenere le bassezze della natura umana. L'impossibilità a definire i limiti, l'estensione e la crescita della pornografia nel Web suggerisce di per sé  che si è in presenza di un movimento sotterraneo ma straordinariamente potente. In ogni caso, al di là dei dati, nell'Internet la pervasività del porno è effettivamente di dimensioni melvilliane; essa è dunque una massa mostruosa e invincibile, nonché sempre crescente. I grandi magnati del porno lo sanno bene. Lerry Flint, il più famoso, potente e ricco pornografo del mondo, da anni dichiara che il vero futuro del suo business si giocherà sulle ali digitali, e non è detto che egli non sia già oggi il segreto Bill Gates della pornografia internettiana.[vi][6] Il nostro  Moby Dick  è anche uno strano pallone gonfiato, leggero e vacuo come un dirigibile, ma anche potente ed esplosivo come un missile a testata nucleare.

Dall'arte alla pornoarte

McLuhan forse per primo notò che una delle caratteristiche peculiari del nostro mondo risiede nelle interazioni fra sesso e tecnologia. Possiamo perciò giustamente definire continuatori di McLuhan tanto lo scrittore James Ballard quanto il regista David Cronenberg, che sull'argomento si sono espressi in libri e film che hanno contribuito a creare un ben definito clima culturale. La distanza emotiva dagli effetti delle nostre azioni sui corpi altrui non è che una conseguenza di una tale linea di sviluppo. Se è vero che la stampa ha trasformato il fluido mondo verbale in un ordinato universo visivo, è anche vero che la pornografia ha trasformato il fluido universo dei sapori, degli odori, delle compenetrazioni, dei duelli psicologici, degli scambi emotivi  e di quant'altro si verifica nell'interazione carnale in un'orgiastica consumazione di oggetti sessuali audiovisuali semi-automatizzati e asettici. Almeno per ora.

Un indizio di ciò lo si individua nel mondo dell'arte. Indubbiamente si è precisata una decisa frattura fra la rappresentazione artistica degli atti sessuali e la costruzione di macchine simboliche realizzate assemblando i più disparati simulacri del sesso.  Ma procediamo con ordine. Bisogna infatti distinguere l'arte erotica dal ready-made che ha per oggetto la pornografia.

I grandi artisti del diciannovesimo e del ventesimo secolo, come è noto, spesso e volentieri hanno disegnato o dipinto soggetti di natura esplicitamente sessuale. La festa dei corpi, l'amplesso, o semplicemente la descrizione particolareggiata del sesso maschile o femminile si ritrovano nelle opere di Courbet, Grosz, Delvaux, Picasso, Otto Müller, Man Ray, Masson, Dalì o Warhol, per citare alcune celebrità. L'arte moderna è stata anche la culla di slanci teorici esplicitamente rivolti alla sessualità. Ardita, avveniristica, ma niente affatto semplice, fu la concezione futurista della sessualità: una concezione che prendeva le mosse dal Manifesto della Donna futurista, presentato nella Salle Caveau a Parigi nel marzo 1912, nonché dal Manifesto futurista della Lussuria, pubblicato a Parigi l'11 gennaio 1913, entrambi partoriti dalla penna di una donna fuori dal comune quale fu Valentine de Saint-Point, futurista, aristocratica, combattiva protofemminista e compagna di avventure di Marinetti per un tempestoso biennio. Nel secondo documento tra l'altro si legge che:

La Lussuria incita le energie e scatena le forze. Essa spingeva spietatamente gli uomini primitivi alla vittoria, per l'orgoglio di portare alla donna i trofei dei vinti. Essa spinge oggidì i grandi uomini d'affari che dirigono le banche, la stampa, i traffici internazionali, a moltiplicare l'oro creando dei centri, utilizzando delle energie, esaltando le folle, per adornarne, aumentarne, magnificarne l'oggetto della loro lussuria.[vii][7]

Sono osservazioni notevoli, anche perché la Saint-Point avvertì e teorizzò un nesso indissolubile fra le grandi e fluide organizzazioni economiche mondiali, prodotto dell'evoluzione tecnologica, e l'energia vitale, la ribollente pulsione erotica che è stata considerata a lungo la fonte di ogni azione, e dalla quale sgorgherebbe anche la lussuria quale fissazione di questa pulsione su un oggetto. Però, negli anni '20 e '30 ci fu chi andò oltre. In seno al cosiddetto "secondo futurismo" queste istanze furono valutate come il prodotto di una necessità evolutiva. Non a caso Fillia, che più di altri si sentiva trasportato verso queste speculazioni, nel 1925 pubblicava Lussuria radioelettrica, con prefazione di Ernesto Falchetti intitolata Quel che sarà il mondo col dominio della Radio.[viii][8] Un anno dopo, nel 1926, nella raccolta Novelle d'oro, Fillia pubblicava L'amante artificiale, e il 4 aprile dello stesso anno, nel giornale "La Fiamma", stampava Sensualità meccanica.

L'idea che le macchine (ma noi contemporanei diremmo le "protesi elettroniche e cibernetiche") potessero sviluppare una loro sensibilità era già stata anticipata da un altro futurista tanto importante quanto poco noto al grande pubblico. Si tratta del poeta, pittore e aviatore Fedele Azari: personalità estroversa, multiforme, perfino "psichedelica" ante litteram, un Timothy Leary degli anni '20, insomma un ribelle, uno sperimentatore di droghe, un ricercatore di sensazioni estreme e di visioni ultrareali. Nel manifesto Per una Società di Protezione delle Macchine, pubblicato nel 1925, Azari sosteneva senza mezzi termini che in futuro la vita umana avrebbe acquistato un senso indecifrabile grazie all'avvento dell'intelligenza e della sensibilità artificiali.[ix][9] Per la verità, anche Ruggero Vasari aveva scritto nel '23 e pubblicato nel '25 L'Angoscia delle macchine, e com'è noto qualche anno prima era stato messo in scena a Praga il dramma R.U.R. di Karel Capek, in cui compaiono per la prima volta, di nome e di fatto, i robot (anzi i robot di Capek sono ben più avanzati di quelli successivi scaturiti dalla penna di Isaac Asimov, poiché sono esseri protoplasmatici, dei veri umanoidi organici alla Blade Runner del regista Ridley Scott). Segno che le idee erano nell'aria. Tuttavia, per Azari non soltanto "[...] la macchina è figlia del nostro cervello", ma in realtà essa si trasformerà in "[...]un uomo perfezionato e moltiplicato". E aggiungeva che in questi esseri "[...] già sentiamo un embrione di vita, di istinto e di intelligenza meccanica". Ma ancora: "Le macchine e gli uomini - sosteneva Azari - soffrono entrambi"; e concludeva che alla lunga uomini e macchine avrebbero condiviso lo stesso destino.

Come sovente accade molte delle suggestioni stanno nei titoli, i quali, però, non sono irrilevanti, perché in essi si teorizza un nuovo ultramoderno tipo di feticismo, un erotismo che viene dallo sposalizio con l'universo macchinico e che anticipa il consesso carnale elettronico, oggetto di queste pagine.

Siamo però sempre nel dominio della seduzione che esercita qualsiasi manufatto in quanto tale, anche se l'abilità tutta umana di produrre forme arbitrarie si incarna in questo caso in un tipo molto particolare di prodotto mimetico: la donna-oggetto (o l'uomo-oggetto) per antonomasia, rivestita di simul-pelle e riempita di circuiti elettronici. Ma in ogni caso sempre obbediente all'imperativo della forma umana e al dominio assoluto della mimesi. Siamo in questo caso esplicitamente entrati nel cuore delle riflessioni di René Girard sul ruolo radicale e primordiale della mimesi e sull'inestricabile relazione fra la mimesi e l'instaurazione del desiderio. La tesi di Girard è nota: ogni modello scatena in chi lo percepisce o osserva una crisi mimetica, cioè un desiderio di appropriarsi delle virtù del modello attraverso l'imitazione. Ed è vero che sul meccanismo psicosociale dell'imitazione si soffermò anche Max Weber. Ma Girard sostiene che questo meccanismo psicologico non è affatto neutro; al contrario, l'imitazione mimetica produce inevitabilmente i doppi. Poiché i doppi non sono differenziati né differenziabili essi entrano in uno stato di conflitto, il cui risultato è l'escalation della violenza, un automatismo che si arresta soltanto quando uno dei doppi soccombe o si sottomette, ripristinando la differenza, e quindi reintegrando l'ordine sociale e culturale. Solo per breve tempo, però, poiché la scarica della violenza non annulla il fenomeno mimetico. Le idee di Girard aprono alla comprensione mondi mai veramente esplorati, ma ai fini di questo scritto è importante richiamare quanto il filosofo sostiene a proposito del desiderio:

Il desiderio è ciò che accade ai rapporti umani quando non c'è più risoluzione vittimaria, e dunque polarizzazioni veramente unanimi, suscettibili di far scattare questa risoluzione; tali rapporti rimangono comunque mimetici e noi ritroveremo sotto la forma 'recondita' e talora ingannevole dei sintomi individuali, lo stile dinamico della crisi sacrificale, che però questa volta, per mancanza di risoluzione vittimaria e rituale, sfocia in quella che si chiama la psicosi. Il desiderio è la crisi mimetica stessa, la rivalità mimetica acuta con l'altro, in tutte le attività definite "private", che vanno dall'erotismo all'ambizione professionale o intellettuale.[x][10]

In ogni caso, l'apparizione dell'erotismo elettromacchinico e cibernetico, anzi del feticismo che ha per oggetto i circuiti elettrici, il metallo, ma anche i semplici idoli virtuali, precede di parecchio i prodotti tangibili o immateriali che popolano l'imagerie erotica nel passaggio di millennio. L'apparizione di questo particolare genere di passione anticipò di oltre mezzo secolo le fantastiche pin-up di lucidissimo e torrido metallo disegnate dal giapponese Hajime Sorayama: le prime dal sex-appeal interamente artificiale: ibridi fra donne e macchine, in ogni caso anticipatrici delle varie eroine supererotiche e virtuali che oggi popolano il Web.

Però, nell'opera d'arte di soggetto esplicito prevale la rappresentazione del gioco erotico, dell'invito ammiccante. Il veicolo è in questo caso lo stile dell'artista. C'è dunque di mezzo il  filtro, la mediazione espressiva, l'esperienza di natura reale o fantastica che si traduce nella lettura, nell'interpretazione iconografica e iconologica del meccanismo dei corpi che interagiscono sessualmente. Prevale l'aspetto psichico che si accompagna all'osservazione critica del fatto in sé, il quale, se visto nella sua nudità, è troppo crudo per suscitare un qualsiasi palpito estetico.

E ora prendiamo l'opera di un artista contemporaneo che agisce in un contesto di per sé mutato da decenni di pornografia esplicita e diffusa fra le masse. Si parla, ovviamente, di Andreas Serrano e del suo ciclo intitolato The History of Sex. Vale la pena descriverlo nei dettagli: La storia del sesso di Serrano consiste in una serie di veri e propri tableaux vivants composti da persone fotografate mentre si producono nelle più svariate, fantasiose e perfino improbabili combinazioni sessuali. Ma ciò che colpisce è anche la scelta dei generi, poiché in questa rassegna troviamo di tutto, dal sesso fra nani al genere Older Woman, o Older Man (sesso fra anziani, o fra giovani e anziani di ambo i sessi, o anche dello stesso sesso) alla urolagnia (in gergo è definita "pissing", a sua volta appartenente alla più vasta classe dei cosiddetti "Watersports"). Serrano ha insomma cercato di fissare con assoluto candore quei comportamenti considerati atipici dal senso comune e che costruiscono la struttura portante dei generi pornografici. Vi si trova quindi di tutto, dal sesso fra deformi alle più strane promiscuità con animali di ogni tipo e statura, e dai transessuali ai sadomasochisti. Ecco il regno di tutte le libertà, si direbbe. Ma a ben vedere, anche Serrano osserva più di un limite. Non troviamo né fotografie dal contenuto pedofilo né scatti esplicitamente necrofili, il che contrasta con l'immagine di un artista che ha fatto discutere col suo ciclo della "Morgue", ambientato negli obitori. In The History of Sex alla necrofilia si ammicca, vi si accenna, ma non si va oltre. Sono insomma rispettati gli stessi identici limiti invalicabili che si riscontrano nel rapporto che le istituzioni degli stati democratici e civili instaurano con la pornografia in Internet.[xi][11]

Serrano rappresenta la classicità dell'arte della pornografia, o della pornografia dell'arte, o della pornografia quale forma moderna di realismo o di ritratto o di gruppo di famiglia in un interno. Ma la scena degli artisti e pornografi è affollatissima e in realtà non si può neppure sfiorare in poche pagine, il che testimonia la profondità del nuovo modo di sentire. Considerando soltanto alcune fra le personalità più o meno celebri si passa da Martin Malonay, firmatario del manifesto The New Neurotic Realism, fondatore dei Multiple orgasms e autore di opere che mescolano rave party e sesso sfrenato, alle ambigue opere cripto-pedofile di Robert Gligorov. Arte, realismo, pornografia e indagine sociale sull'evoluzione dei rapporti fra i sessi si mescolano in molte se non in quasi tutte le fotografie di David Lachapelle. Gli oscuri abissi della perversione sadomasochista sono nel mirino del fotografo Nobuyoshi Araki. Per non dire dello storico  matrimonio che per qualche tempo legò Jeff Koons e Ilona Staller, alias "Cicciolina": due star dell'arte contemporanea e della pornografia. Storica è appunto la serie di foto-opere d'arte "coniugali" presentato alla Biennale di Venezia e che fu al centro di una furiosa diatriba. Altri tempi.

Un solo decennio è stato sufficiente a decretare l'accettazione trasversale dell'hard core, cosicché ben pochi ricordano l'atmosfera morbosa che circondò le foto "veriste" di Ilona e Jeff in azione. Perché ricordare un episodio se a Cannes ormai si celebra anche il cinema porno, sia pure in un recinto separato? Perché ricordare se il porno è nei fatti concepito come un genere  artistico, con i suoi linguaggi, i suoi estimatori e i suoi critici?[xii][12] Però è vero che la Staller aprì la breccia che consentì un facile attraversamento a tante artiste e pornostar, qual è ad esempio Annie Sprinkle, ma anche alle artiste pseudo-pornostar, come ad esempio Nan Goldin, che usa l'artifizio del travestimento per mettere in scena l'esteticità diffusa e ammiccante della pornografia.  Senza dire delle opere per così dire "a due mani", come quelle di Matteo Basilé e della famosa pornodiva italiana Jessica Rizzo.  

Ora, perché si è verificata una rivoluzione copernicana di siffatte proporzioni? Una rivoluzione capillare e inavvertita tanto e forse più di quella analizzata nell'omonimo libro di Elizabeth Eisenstein? Ebbene, è appunto intervenuta la rivoluzione dell'Internet, anche nella sfera della rappresentazione della sessualità; la trasmigrazione è avvenuta dal reale (e dal simulacro fotografico) alla simulazione del virtuale e infine alla comunicazione digitale, laddove domina incontrastata la legge assoluta, astratta (senza personalità) della macchina logica universale e universalmente connessa. L'Internet, una delle maggiori applicazioni pratiche della scienza e della tecnologia di fine millennio, ha tramutato anche il corpo e il sangue della sessualità. Non a caso, con grande anticipo sui tempi, lo scrittore James G. Ballard osservò che:

La scienza è l'ultimo stadio della pornografia, un'attività analitica il cui scopo principale è quello di isolare gli oggetti e gli eventi dal loro contesto spaziale e temporale.[xiii][13]

Non vi è dubbio che nel Web un simile isolamento si esprime tanto nelle forme quanto nei contenuti, ottimizzando le risorse o, in altri termini, con una potenza di fuoco post-simbolica inconcepibile anche soltanto dieci anni fa.

Ecco perché a un siffatto dispiegamento l'arte ha reagito rapidamente, con grande dispendio di mezzi e di creatività. L'offensiva trasversale della pornografia ha profondamente mutato il rapporto che l'artista instaura con l'oggetto del desiderio spogliato di ogni residuo logos, di qualsiasi traccia di discorso, cosicché è corretto parlare della autonoma, sorgiva formazione di un genere stratificato, complesso, di fatto aperto e destrutturato. Un numero crescente di linguaggi espressivi condivide il gusto per la rappresentazione pornografica. Dalle esplorazioni vaginali di Mattia Moreni, o dalla caotica e ipersessuale iconografia post-postmoderna di Maurizio Cannavacciuolo, si passa senza soluzione di continuità al travestitismo di Urs Luthi, e dai femminielli napoletani di Giuseppe Desiato si approda alle immagini pruriginose di Pierre Molinier. Per i fotografi il grande antesignano è ovviamente Mapplethorpe (e alla lontana Jindrich Styrsky, Janusz Maria Brzeski e altri) ma fino a che punto? L'immaginario certamente esplicito, ma non per questo meno ammiccante e meno simbolico di Mapplethorpe in fondo non si allontanava mai troppo dalla catena associativa che si innesca ogni qual volta si incontra un simbolo. Il fallo, quale assoluto oggetto del desiderio, leitmotiv di Mapplethorpe, non fa certo eccezione. Il bisturi dell'arte contemporanea affonda spesso e volentieri nel reame oscuro dell'inconscio, fino a lambire il territorio del conflitto interno a ogni personalità, fino al limite delle psicopatologie che esplodono in perversioni sessuali senza ritorno, ed è questo il caso di Jürgin Lauge. Ma vi è sempre un ordine simbolico, che è dissolto de facto dalla promiscuità post-simbolica della comunicazione reticolare. Soltanto quest'ultima è davvero in grado di sovvertire e di rimescolare senza sosta ma, soprattutto, senza sforzo alcuno, ogni ipotizzabile ordine simbolico.

Un esempio. Se l'immaginario è fetish allora  pornografia e arte dialogano attraverso la mediazione illustre della moda, dove da anni, nelle invenzioni di John Galliano, di Thierry Mugler, di Gucci, di Gattinoni o di Jean-Paul Gaultier il lattice e il tacco a spillo rappresentano elementi irrinunciabili dell'imagerie erotica del passaggio di millennio. L'arte si impossessa, anzi "scippa" con immensa destrezza questi ed altri linguaggi, e li permuta in altri segni, ma tracimando i rispettivi denotati, i rispettivi valori, miti, linguaggi. Ed è il caso della fotografa lesbica militante e convinta luterana Elisabeth Ohlson, che un giorno decise di reclutare gay e lesbiche nei locali notturni di Stoccolma. Con queste comparse mise in scena una vita di Cristo in dodici tappe: dodici fotografie del percorso evangelico in chiave omosex, con tanto di ultima cena en travesti e di deposizione "realistica" ottenuta fotografando i malati terminali di Aids. Il fatto è che, nonostante l'uso di un linguaggio estremo, non si può dire che l'opera della Ohlson miri a oltraggiare la religione o la figura di Gesù. Semmai è vero il contrario, poiché essa intende con ogni evidenza alludere all'umanità di ciascuno, omosessuali compresi. Ma è anche vero che siamo in presenza di un segno che va alla deriva, che non necessita più di alcun vero contatto con il suo denotato, con la sua "fonte". E questo è un effetto della comunicazione reticolare, inconcepibile anche soltanto un decennio fa.

La pornografia (ma anche un erotismo oramai interamente macchinino, anzi marionettistico) è il cuore dell'opera di Cindy Sherman, che in questi anni ha messo in scena un vero e proprio teatro fotografico del non-senso linguistico e corporale: un boccascena dove i personaggi sono animati da invisibili fili (i fili telefonici di una sensibilità ondivaga e reticolare). Con la Sherman il terreno dell'arte oggettuale e la fotografia pornografica si contaminano reciprocamente, un'operazione che è di segno opposto alle immagini di Hans Bellmer, il quale, fin dagli anni '40,  aveva opposto la cruda rappresentazione fotografica dei bassifondi metaforici dei corpi.

Il ponte che ha collegato l'area dell'erotismo letterario alle forme popolari di pornografia è appunto la tecnica della fotografia, che, come si sa, fin dai suoi ormai antichi esordi fu più o meno segretamente adoperata per fissare le variegate performances della sessualità umana. Anche in questo settore, per così dire "storico", il Web si dimostra una insostituibile e insospettabile macchina del tempo. Vi troviamo innumerevoli siti soft-core e hard-core che pubblicano i primi cimenti del voyeur armato di fotocamera. Nei motori di ricerca la parola chiave che apre le porte dell'indagine sulla sessualità dei nostri nonni e nonne è vintage, cioè "vendemmia", da cui l'idea che la produzione di pornografia può essere eccellente, mediocre o infima a seconda delle annate.

Fin dall'apparizione della fotografia si assiste quindi a una trasformazione di atti privati, inevitabilmente destinati all'oblio, e quindi alla virginale riscoperta generazione dopo generazione, in un insieme di pratiche e di segni che perdurano nel tempo, testimoniando la loro "qualità". Così, la buona pornografia  appare simile e paragonabile alla bottiglia di buona annata, poiché, grazie al Web, è da tempo possibile paragonare fra loro i soggetti, e per i rami è facile scoprire gli ascendenti e i discendenti dell'attuale stato dell'arte. Le pieghe delle tracce mimetiche temporali non nascondono più gli antecedenti, ed è possibile, anzi viene naturale, codificare l'evoluzione interna della pornografia.

Legioni di artisti della generazione di fine millennio hanno contaminato questi comportamenti tanto nascosti quanto universali e reali, e in ogni caso fino a poco tempo fa delimitati entro i confini dell'innominabile o dell'inconfessabile, con tutte le possibili forme espressive, mitiche, simboliche ed evocative. Ed ecco svilupparsi un fenomeno indecifrabile come Matthew Barney, in cui pornografia, kitch, teatro, trash, moda e mitopoiesi convivono in uno stesso soggetto attivo e totale, ma accuratamente evitando il centro, la sostanza dell'"opera" stessa: la sua intrinseca e formidabile carica fascinatoria. La stessa, primordiale, immediata, universale, e perciò autentica carica di energia, fatta di "orgoni" in libertà,  che  giustifica de re qualsiasi esposizione della copula in atto.

Pornografi, o eterni ultramoderni.   

Pornosimulacri e pornosimulazioni

La pornografia in rete trasfigura il sesso, e violentemente aggredisce la sua presunta "normalità"; ed ecco che le vibrazioni semantiche della pornografia svelano il dato normativo che sostanzia molti comportamenti. La pornografia denuda quell'indefinibile aura antisociale e antinormale che in fondo si cela in ciascuno, è il sesso senza soggetto, privo dell'urto con l'alterità: virtuale nella sua stessa essenza. L'esplorazione delle possibilità orgiastiche e delle infinite varianti sessuali contenuta nella pornografia di fine millennio è lussuria infinitamente simulata e rivestita di bit, come dimostrano le protagoniste dei manga. Sailor Moon, eroina dei cartoons giapponesi, è stata creata per un pubblico infantile; eppure, nonostante il target a cui è destinata, essa esibisce spesso e volentieri seni enormi, nudi, puntuti, non esattamente "materni". Ma Sailor Moon è la risposta nipponica a Barbie, la "plastificazione" della seduzione femminile, circa la quale il sociologo Ivo Germano osserva che:

Etica ed eros si incrociano curiosamente nel desiderio di possesso e nella volontà di collezionare Barbie, poiché rappresenta il destino individuale del vivere la bella quotidianità, narrazione edonista e narcisista che uccide il mero ossequio al successo e l'angoscia da primato. Barbie ha successo perché è estasi, sguardo oltre l'immagine, trionfo del retinale, vale a dire punto focale dell'impressione talvolta smodata e dell'impatto oggettuale. Si propone come mistero, dal momento che appare bella da toccare, ma soprattutto da vedere e da osservare.[xiv][14]

Con Barbie (che fu commercializzata nel lontano '57) si annuncia l'era dei simulacri sessuali interamente virtuali. Da essa discende direttamente Lara Croft, l'intrepida archeologa digitale, protagonista di mille avventure nelle varie versioni del videogioco Tomb Raider. Troviamo Lara Croft  in versione pruriginosa e soft-core nel sito www.nuderaider.com, che da solo totalizza un numero di visitatori superiore a qualsiasi normale sito porno. In Italia Lara Croft ha ispirato un brano di Eugenio Finardi dedicato al rapporto fra un uomo e un'eroina virtuale. Il sesso virtuale entra di prepotenza anche nei versi dei poeti e dei menestrelli del terzo millennio.

Concedersi alla macchina universale dell'Internet procura un orgasmo elettromacchinico: aspetto della sessualità umana che assume la valenza di un fenomeno bio-tecnologico di nuovo conio. Ed ecco sorgere accanto alle eroine digitali un nuovo tipo di consumo a metà fra l'oggettuale e il virtuale: la bambola animatronica pornografica, la perfetta schiava sessuale, contemporaneamente tangibile e virtuale, acquistabile on line, costruita e tagliata "su misura" sfogliando il catalogo del sito www.realdoll.com .[xv][15]

Nonostante le ancora notevoli limitazioni delle attuali tecnologie, il feticcio orgasmico artificiale, ben adattabile alle esigenze di ciascun individuo, si è già materializzato in un automa cibernetico tanto efficiente quanto relativamente poco costoso. La filosofia di questi stupefacenti costruttori di bambole cibernetiche di lusso è quella di giungere un giorno alla costruzione di oggetti sessuali praticamente indistinguibili dagli esseri umani. Ma già le attuali bambole, rivestite di polimeri che simulano la consistenza della pelle umana e munite di sofisticatissimi servomeccanismi, sono imitazioni sorprendenti, sconcertanti, dei più noti simboli del desiderio. La AbissCreations, società che promuove e pubblicizza Realdoll, ha anche prodotto un film porno intitolato Realdoll the movie, in cui famose pornostar lavorano insieme ai manichini. Uno dei link di Realdoll presenta delle affascinanti Robot girl spogliate non soltanto degli abiti, ma anche di parti dell'epidermide sintetica, o prive di arti, cosicché sono ben visibili i circuiti elettronici e gli endoscheletri bionici. L'occhio elettronico, strumento della visione che è paragonabile all'occhio composto degli artropodi, a causa della sua essenza unaria e contemporaneamente molteplice è lo strumento per eccellenza di uno sguardo di ordine superiore a ogni altro genere di punto di vista mai inventato dall'uomo. Esso, per sua stessa natura è indotto a penetrare nei reconditi segreti del corpo artificiale: una duplice seduzione voyeuristica, poiché il manichino virtuale sostituisce la carne. Ed ecco che non a caso l'home page "The mannequin lover's page: sex and thear of the mannequin" consente di accedere a centinaia di siti che contengono foto di centinaia di manichini fuori dal comune, sparsi per le vetrine di tutto il mondo. La via è tracciata, ma è importante aggiungere che per la prima volta sono i consumatori ad averla spianata. L'Internet è la via maestra del consumo, di qualsiasi consumo, incluso il più primitivo ma anche il più desiderato di tutti: il consumo di sesso.

L'antropologo Bernard Arcand, in un saggio che è un classico degli studi sulla pornografia, ha opportunamente rilevato che sappiamo molto poco sui consumatori di feticci erotici. Perciò, la pornografia in rete è una forma di comunicazione che ostinatamente sfugge a ogni serio controllo. Arcand nota poi che:

Alle descrizioni dell'individuo moderno che elabora la sua conoscenza del reale con una facilità che sconcerterebbe tutti i formalisti, gli studiosi aggiungono che a volte la fuga nel sogno e nell'immaginario è diventata una condizione pressoché normale e che la coscienza umana sembra essere stata maggiormente alterata dalla modernità che da tutti i prodotti allucinogeni disponibili. [xvi][16]

Corollario a questa licenza concessa all'individuo è il notevole progresso della solitudine. Come si sa, le statistiche dimostrano che le società avanzate accettano un numero sempre maggiore di persone che vivono per conto proprio, ed è ragionevole ipotizzare una relazione fra il graduale autoisolamento degli individui e l'offerta di feticci sostitutivi.

La pornografia nel Web incoraggia anche ad esprimere una sessualità svincolata dalla complessità, nonché dalla scoraggiante precarietà affettiva, emozionale delle relazioni interpersonali. Qualsiasi siano le norme morali che regolano una determinata società avanzata, varcando le soglie della pornografia in rete (da questo momento appellata con il termine "teledildonica", ormai di uso comune) esse non reggono più, e al contrario affiorano tendenze segrete, nascoste, inconfessate. Il ventaglio delle potenzialità psichiche si ampia. La teledildonica esibisce caratteristiche psicotrope insolite e inedite. La sua spettralità suggerisce  azioni che si consumano in una terra di nessuno, dove, paradossalmente, è sospesa tanto la guerra tra i sessi quanto la comunicazione fra identità sessuate. Cade insomma il gioco dei significati e dei significanti, dei segni e dei denotati, intorno al quale si costruisce tanto l'organizzazione sessuata delle società quanto l'atto poetico e privato della passione sensuale. Non a caso il filosofo Norman O. Brown  sosteneva che: 

Il coito è poesia caduta, caduta inconsciamente; le organizzazioni sessuali (tutte) sono metafore; un gioco o azione reciproca di organi (l'anfimixis di Ferenczi) un gioco sui significati, un gioco sulle parole.[xvii][17]

Senza dubbio la teledildonica è ben differente da ogni altra produzione di materiale pornografico. Eppure, questa differenza non è così evidente a prima vista. Si tende a concepire la teledildonica come uno sviluppo quantitativo del già esistente. Ad esempio, il Terzo Rapporto Eurispes sulla pornografia, in tema di consumi virtuali si ferma alle hot-lines o poco più. Il rapporto è del 1993, ed è dunque datato, ma chi ha vissuto la storia dell'espansione dell'Internet sa bene che il fenomeno fu presente fin dagli esordi, ed era stato preceduto da alcune avvisaglie, soprattutto in Francia, grazie al Videotel. Sul Videotel, trasformato dagli utenti in messaggeria erotica, esistono studi approfonditi; ma sul consumo (e sulla produzione) del sesso interamente virtuale ci si deve accontentare di lavori che focalizzano una sfaccettatura fra le tante: ad esempio il problema della pedofilia.[xviii][18]

Gli antropologi sono ben consapevoli della relatività delle valutazioni normative in materia di etica sessuale, ma è anche vero che gran parte della letteratura etnografica  studia usi e costumi di realtà sociale che in certa misura possono essere circoscritte. Ad esempio, è noto che i  Sambia della Nuova Guinea praticano la pedofilia omosessuale. Agli occhi dell'occidentale medio in pratica i Sambia coltivano l'elevazione a potenza di  alcuni aspetti della sessualità che il senso comune della nostra e di altre società ritiene immondi e nefandi. Eppure, queste attività sono o per meglio dire erano considerate dai Sambia  inerenti al culto della virilità. Fra i Sambia la fellatio è esclusivamente praticata dai fanciulli puberi agli anziani; essa non è considerata un comportamento omosessuale, bensì un modo per accrescere la propria incerta virilità. Fra gli studiosi è diffusa l'opinione che la rappresentazione della virilità (e perciò anche la sua violazione omoerotica o perfino pedofila) sia una creazione psichica e culturale, dunque in buona misura artificiale. Il suo opposto dialettico è ciò che la femminista storica Betty Freeman definì negli anni '60 la "mistica della femminilità". In realtà, la visione ideologizzata del rapporto fra i sessi può poggiare su presupposti ben più solidi. Alcuni sociobiologi (Hrdy Blaffer, 1980; Hrdy Blaffer 2000) sostengono che la violenza fra i sessi (e anche fra i membri di ciascun sesso) potrebbe essere il prodotto di una coevoluzione del maschio e della femmina umani. Sarah Hrdy Blaffer sostiene ad esempio che moduli comportamentali aggressivi e competitivi intraspecifici si manifestano ovunque sia fra i sessi che tra i membri dello stesso sesso, con modalità comportamentali diversificate per ciascun sesso, ma funzionalmente analoghe. Lo scopo ultimo di tanta competizione risiede nella ricerca del successo riproduttivo individuale, che è un impulso tanto maschile quanto femminile.[xix][19]

Se ciò è vero, potrebbe forse esistere una relazione fra la pedofilia e l'aggressività espressa fra i membri dello stesso sesso, specialmente se appartenenti a classi di età differenti. La pedofilia potrebbe anche interpretata come una forma vestigiale di aggressività tesa all'eliminazione della prole altrui. Può essere utile ricordare che alcuni studiosi hanno notato che le civiltà passate o presenti in cui è diffusa questa pratica sessuale si associano a modelli culturali maschili particolarmente violenti e competitivi. Per esempio, Gilmore ritiene che esiste una forte correlazione fra una vita ricca di rischi e povera di risorse e l'insorgenza del culto della mascolinità. Popolazioni che vivono in territori inospitali o poveri di risorse tendono a instaurare modelli  mascolini estremizzati e sovente associati ad attenzioni sessuali rivolte a maschi prepuberi. Sembra infatti che l'instaurazione di simili modelli sia in qualche modo economica e funzionale, in una società che deve lottare contro la penuria dei mezzi, contro una natura ostile o contro altre società confinanti organizzate e aggressive.[xx][20]

Se così fosse, come spiegare la vistosa diffusione della pedofilia in una società come la nostra, che tutto è fuorché priva di mezzi? Che dire delle società avanzate europee in cui si è sviluppato un forte stereotipo maschile? George Mosse ha individuato una profonda relazione fra mascolinità e violenza, elementi della personalità che in Europa furono coltivati con accanimento tanto dagli arditi futuristi quanto dai socialdemocratici della Repubblica di Weimar, tanto nel regime di Stalin  quanto nella Germania nazionalsocialista di Hitler. Mosse ha osservato che la presenza di uno stereotipo maschile particolarmente esaltato implica una può o meno velata negazione della relazione binaria fra i sessi (MOSSE, 1996, 179 e sgg.).[xxi][21]

Vediamo ora come queste considerazioni possono essere applicate al mondo dell'Internet. Innanzi tutto, nel Web il confine fra commercio sessuale e  pornografia non è evidente. L'Autorità giudiziaria dei paesi democratici intervenire soltanto in difesa dei minori. Lo sfruttamento sessuale dei minori è un crimine terribile ma casi del genere, consumati attraverso le risorse della rete, diventano in realtà tristemente noti perché essi catalizzano l'attenzione della stampa e dei telegiornali. La pedofilia è certamente un tema sconcertante e scottante, anzi francamente disgustoso, ma ciò accade proprio perché mai come al giorno d'oggi il mondo "esterno", "reale", "tangibile", il mondo dove si consumano queste e altre tragedie umane richiede con insistenza la definizione di limiti sessuali invalicabili, e il bisogno sempre più urgente di difendere l'infanzia implica che essa è ormai il punto di convergenza dei parametri che devono definire questi stessi limiti. L'ansia della definizione dei limiti è però un prodotto ovvio del tramonto della possibilità stessa di imporre limiti, e questa capitolazione delle barriere interiorizzate deriva a sua volta dalle risorse e dalle disponibilità della condizione connettiva.

Confini della teledildonica

In una siffatta e mutata percezione della sessualità è ancora lecito parlare della proiezione psichica, etologica, comportamentale di un sesso sul sesso opposto e complementare? Studiando la  pornografia tradizionale, fotografica e filmografia, Robert Stoller ha notato che la complessità di questo fenomeno è quasi illimitata, e si ispessisce con l'aumentare dei punti di vista.[xxii][22] Esattamente quanto avviene nel Web.

La teledildonica riesce a corrodere ogni procedura statistica, la sua presenza nega la formulazione di dati generalizzabili e quindi impedisce di fatto l'instaurazione di un numero ampio quanto si vuole ma comunque limitato di punti di vista. Il Web restituisce tanti punti di vista quanti sono i suoi membri: vale a dire un numero indefinito, dove un punto di vista vale l'altro. Come ha autorevolmente sostenuto James Bailey, il Web è quello spazio topologico insondabile che può essere interpretato soltanto ricorrendo alle intermatematiche, ovvero calcoli non lineari che possono essere gestiti soltanto dai computer paralleli, ma i cui risultati restano nondimeno imperscrutabili e non analizzabili con i vecchi strumenti della logica sequenziale. [xxiii][23] Vediamo alcune cifre.

Quanti sono i siti porno in Internet? Venire a capo di una domanda apparentemente così semplice è di fatto impossibile. La stima precisa è impedita da diversi fattori. Il Web è in tumultuosa espansione. Ogni giorno si aprono nuovi siti. I dati dei motori di ricerca non coincidono mai e non coincidono neppure quelli forniti da ciascun motore di ricerca. Alcuni portali molto frequentati hanno da tempo limitato i campi e gli accessi ai siti, ma è una strategia senza sbocchi.

Infatti, le parole chiave per accedere a domini pornografici registrati come tali sono una cinquantina circa, ma è ormai ben noto che la struttura ipertestuale del Web trasforma ogni categoria in un elemento di un modello non lineare di catene semantiche. George P. Landow ha chiarito che la comunicazione ipertestuale fornisce un sistema infinitamente "rientrabile", il cui punto di focalizzazione provvisorio dipende dall'utente del Web, che diventa in tutti i sensi il vero "protagonista" dell'evento.[xxiv][24] In altri termini, e come ognuno sa, lavorando con i motori di ricerca e utilizzando gli operatori booleani è possibile restringere o estendere il campo delle connessioni semantiche praticamente all'infinito. Nessuno è in grado di immaginare il numero di insiemi che si può ottenere partendo da cinquanta categorie e da tre operatori logici. Il numero è infatti astronomico. Se le categorie sono decine di migliaia la quantità di combinazioni logiche, quantunque finita, è però sterminata e praticamente non numerabile. Quindi, ogni tentativo di limitare il campo semantico si traduce immediatamente in una perdita di informazione. In altri termini, i portali che adottano questa strategia perdono clienti.

Altro aspetto della questione: quanti collegamenti capitalizza un sito pornografico medio? Anche in questo caso è inutile inseguire la precisione; però il numero è enorme. Come si sa, molti siti pubblicizzano la quantità di collegamenti ottenuti e i siti pornografici non fanno eccezione. Comunque, la media apparente si aggira fra i ventimila e i centomila collegamenti nell'arco di un trimestre. Esistono siti porno che orgogliosamente annunciano di avere capitalizzato trecento, quattrocentomila e perfino mezzo milione di collegamenti nello stesso intervallo di tempo. Ma se è vero che in rete non si perde neanche la più insignificante delle tracce elettroniche è anche vero che nessuno si prende la briga di controllare le cifre di un mercato che per sua stessa natura si colloca ai margini del sistema di scambio. In ogni caso, una media molto prudente, anzi decisamente avara, suggerisce che un sito porno di normale caratura capitalizzi dai tre ai cinquemila collegamenti quotidiani. Per immaginare il volume del movimento che coinvolge i produttori e i consumatori di teledildonica occorrerebbe moltiplicare la quantità media di siti esistenti al momento (nell'istante che corrisponde al momento presente di chi legge questo scritto) per il numero medio di collegamenti quotidiani. In seguito si potrebbe replicare questo calcolo a intervalli regolari, allo scopo di disegnare una curva in grado di illustrare l'incremento o il decremento di interesse rivolto a questo genere di consumo. Chi può assumersi questo compito? Risposta: nessuno. Tutto quello che si sa è che lo scambio di pornobit misura oggi un volume assolutamente impressionante, e continuerà a crescere.

Terza incognita: quali sono i soggetti economici attivi nel mondo della teledildonica? Si sa che la stragrande maggioranza dei siti è a pagamento. Nonostante questa limitazione l'offerta hard core senza filtri è egualmente rilevante. Infatti, un sistema informazionale strutturalmente competitivo qual è l'Internet impone un'offerta di materiale allettante, convincente, seducente, coinvolgente. Perciò, ogni sito porno offre un "tour" gratuito, decisamente senza veli. E lo offre rapidamente, perché il mouse è veloce e la pazienza dell'utente è sempre scarsa. Perciò ogni "impresa" deve saper presentare una "buona" esposizione della mercanzia. Ciò suggerisce alcune riflessioni di natura estetica. I siti porno esibiscono non di rado una grafica veramente accattivante, pur nella limitata gamma di possibilità dell'html; una grafica che è spesso eccellente, in alcuni casi addirittura straordinaria, anche se si deve registrare una certa ripetitività dello stile, forse dipendente dalla necessità di connotare la specificità del consumo sessuale, distinguendolo a colpo d'occhio dagli altri eterogenei consumi on line.

I siti porno sono insomma delle perfette "vetrine", sia pure virtuali. Però, spesso la brutalità delle immagini prevale su tutto, e il messaggio è affidato alla forza d'attrazione del feticcio pornografico preso nella sua cruda essenza. La  teledildonica è in realtà un colossale business, con altissimi profitti e bassissimi costi.

Altro quesito: qual è la maggiore voce nel bilancio di queste imprese? Basta un semplice ragionamento per capire che essa non riguarda la produzione di materiale pornografico. Quest'ultimo, anche senza nulla dire dell'ovvio fenomeno della clonazione di immagini)  in realtà ormai si produce quasi esclusivamente da sé. La produzione di pornografia è un fenomeno di massa diffuso nel costume, e la rete consente a chiunque tanto di "attingere" quanto di "riversare" nel Web ciò che si vuole. Dopodiché il sistema si incarica di clonare all'infinito il prodotto. Il costo maggiore, ma in ogni caso molto basso, risiede invece nella creazione di un sito capace di catturare l'esigentissimo occhio del televouyeur. Il costo maggiore è in fondo l'hardware, l'insieme delle e  impiegate. Hardware e software di poco prezzo. Nient'altro. In cifre qualche migliaio di dollari. Un affare per chiunque.

Questa guerra a colpi di mouse ha creato delle vere e proprie reti commerciali di sesso ipertestuale: l'ipertesto lascia il campo all'ipersesso. I migliori e più visitati siti porno sono in realtà link di veri e propri network topologicamente strutturati in forme radiali, circolari o multipunto. Poiché la registrazione dei domini è libera, e dal momento che registrare un dominio costa pochi dollari, sorge il forte sospetto che le centinaia di migliaia di domini porno registrati finora facciano capo a poche organizzazioni. Non stupirebbe se queste stesse organizzazioni risultassero parallele e perfino organiche ai grandi traffici del crimine organizzato. Un capitolo a parte dovrebbe essere dedicato al singolare rapporto fra gli hacker e la diffusione della teledildonica, ma anche una dettagliata analisi di un fenomeno carsico qual è l'hackeraggio non modificherebbe di una virgola il nucleo del mutamento in atto:     la forza psicodinamica del Web crea le condizioni per l'emersione collettiva, globale e totale di tutte le manifestazioni della sessualità umana.

Nella complessa e stratificata arena teledildonica esiste una gerarchia di azioni che varia dal Real video dell'utente esibizionista alla rete di home pages delle coppie scambiste, fino alle chat su ogni argomento contestuale. Nel Web, come è noto, non esiste la possibilità di elevare un confine insuperabile. Le barriere, se ci sono, sono sempre valicabili. Questo asserto è tanto più vero nel caso della teledildonica, dal momento che, se è ovvio che il Web è globale e mondiale, non altrettanto si può dire delle normative che in ciascun paese regolano il consumo di materiale pornografico e che definiscono il confine della liceità. Esistono stati che non riconoscono trattati di reciprocità e che quindi possono permettersi gradi di libertà altrimenti inconcepibili perfino nel permissivo mondo occidentale. Chi ha esperienza dell'Internet sa bene di cosa si parla.

Proiezioni pornopsichiche

Quale, dunque, l'effetto di un massiccio consumo di icone sessuali? La dipendenza dal sesso virtuale deve in primo luogo e necessariamente orientare parte dell'interesse verso forme vicarie di sessualità. La necessità di intessere uno scambio corporeo, ma anche  simbolico, con una o più persone fisiche viene notevolmente ridimensionata, se non, in alcuni casi, totalmente azzerata. Si assiste in presa diretta alla dinamica inversione di quell'ipotesi, tuttora in voga, secondo la quale la centralità attribuita al sesso nelle società occidentali o occidentalizzante è un prodotto della trasformazione dell'intimità che si è verificato e continua a verificarsi in ragione della progressiva emancipazione femminile. L'ingresso delle donne nella sfera pubblica produrrebbe una costante rinegoziazione dei limiti della repressione istituzionale.[xxv][25] L'avvento della Rete liquefa le già fragili fondamenta di questo schema socio-politico, poiché nel Web la sola negoziazione che abbia un senso è quella che si verifica fra i protocolli di scambio, cioè sul piano operativo, non contenutistico. Ogni altra forma di scambio simbolico è invece necessariamente frammentaria e caotica.

Ecco un'applicazione sensoriale del cosiddetto "rasoio di Ockham": il sesso online promette la massima gamma di sollecitazioni col minimo sforzo possibile. Il consumo quotidiano di pornobit è in primo luogo massa di informazioni in perpetuo movimento, da un capo all'altro del globo. Ma informazioni indifferenziate, o quasi. La qualità è infatti un dato trascurabile, mentre spicca la quantità, cioè la massa. Il consumatore di pornobit è un anonimo individuo, ma posto nella condizione di proiettare le sue fantasie potenzialmente su tutta l'umanità. Potenzialmente. Ovunque esista un'esposizione sessuale là può prima o poi poggiarsi l'occhio libidinoso del cybervoyeur.

L'avvento e la diffusione dell'Internet ha modificato e forse in buona parte eliminato la contestualizzazione del messaggio; condizione, quest'ultima, che non è mai del tutto assente in qualsiasi altro medium. Inserire qualcosa o qualcuno in un contesto significa de-limitare il contesto, ovvero produrre, proporre, inventare una cornice di riferimento. Significa anche limitare il contenuto informativo del messaggio, almeno in linea di principio. Al contrario, nel Web il solo limite è dettato dal proprio desiderio, almeno fin quando le legislazioni dei paesi democratici si dimostreranno liberali su questo genere di consumi.  

In ogni caso, la volontà di potenza del cybervoyeur può oggi esprimersi senza quasi incontrare ostacoli. Così, per ogni maschio latino in pectore tutte le donne diventano conquiste certe, per il gay tutti i bei modelli saranno immediatamente disponibili. Analogamente, il potenziale aguzzino, il coprofilo, il masochista, l'insospettabile pedofilo nuoteranno in un oceano di possibilità, e senza alcuna apparente mediazione. Cosicché, si può ben dire che in quest'ottica il Web dimostra di essere l'antitesi di un medium. Non ponendo filtri il Web non produce strutture del senso, non prevede né introduce codici di accesso al messaggio. Osservato da questo punto di vista l'oggetto teledildonico non è più un feticcio fantastico più o meno affascinante, ma è piuttosto la forma che in ciascuno assume il vincolo della pulsione sessuale. In condizioni normali la scarica del desiderio impone il riconoscimento di una relazione sottoposta a vincoli semantici e negoziata fra identità polarizzate. Una polarizzazione che vale anche nei legami omosessuali, ma che predomina nelle relazioni eterosessuali, laddove la forma metafisica del genere riveste la sostanza del dimorfismo sessuale.

Ora, se l'escalation del desiderio, dell'eccitazione e della scarica è per sua natura soggetta a un andamento ciclico che segue anche le peculiarità del quadro ormonale di ciascun individuo, tuttavia è anche noto che i sessi vivono una siffatta ciclicità seguendo ritmi che, sebbene siano differenti, sono nondimeno abbastanza sintonizzati.[xxvi][26] Il dato fisiologico non è irrilevante, anche perché negli esseri umani il legame sessuale è funzionale almeno in parte (se non in massima parte) a una serie di attività sociali filogeneticamente impresse nella specie. Inoltre, le relazioni fra i sessi non possono prescindere dal contatto fisico, come dimostra in questo campo l'importanza della comunicazione olfattiva, studiata soltanto da qualche decennio. [xxvii][27]

Come si sa, gli etologi hanno più volte richiamato l'attenzione sul fatto che la sessualità umana non soggiace  alla ciclicità dell'estro, ed è stato anche ipotizzato che il desiderio sessuale (e la sua scarica) ha assunto la funzione vicaria di cementare i rapporti fra il padre e la madre, poiché entrambe le figure sono (o erano) necessarie a causa del prolungamento delle cure parentali. Dunque, nella specie umana il sesso riconcilia le parti, costruire le basi per una solida affettività, appiana i contrasti, almeno momentaneamente. Bei Nacht zu Get bei Tog zu Bet, afferma un proverbio yìddish.

Se non fosse esistito il particolarissimo adattamento filogenetico che ha reso possibile e necessario l'erotismo, il conflitto fra i sessi sarebbe esploso da decine di migliaia di anni. La sessualità umana è quindi anche una efficiente valvola omeostatica, cioè un meccanismo regolatore in grado di ricondurre le tensioni interne a un gruppo nel più pacato e proficuo alveo delle forme di scambio di beni e di servizi fra due o più partner. Ed è inoltre plausibile ritenere che soltanto un così potente vincolo primordiale ha poi, in un secondo tempo, conferito senso alla varietà strutturale dello scambio sessuale presente fra i vari popoli, e ha prodotto quell'inesauribile pluralità dei legami familiari che contribuisce a distinguere fra loro le culture.

La teledildonica ha per la prima volta e drasticamente infranto i presupposti di ogni tipo di vincolo sessuale. E qui è la novità. L'Internet è il primo, autentico dispositivo di distanziazione totale, nel senso che in linea di principio, ma anche nei fatti, esso può essere così autosufficiente da ridurre al minimo o perfino da annullare la necessità del contatto diretto fra le parti. Ogni altro medium, compresa la stampa, richiede che alcuni membri della catena comunicazionale debbano interagire intensamente. Si sa che quando le persone interagiscono l'erotismo è sempre in agguato. Ed è la seduzione che ripristina l'equilibrio infranto dai dispositivi di distanziazione. Il Web ha per la prima volta e forse definitivamente alterato questo di già incerto equilibrio. Il consumo maschile di pornografia (secondo le stime la parte preponderante del consumo di pornobit) in tutte le sue varianti, si configura come una sottrazione di potere: il potere dell'attrazione sessuale, della desiderabilità dell'oggetto sessuale: in una parola il potere della seduzione. Forse hanno ragione Andrea Dworkin e Katherine McKinnon, esponenti di spicco del pensiero femminista radicale: a loro giudizio la sessualità maschile è intrinsecamente sadica e pornografica, laddove i due termini dell'espressione, "sadismo" e "pornografia", sono considerati elementi di un binomio indissolubile.[xxviii][28] Ma questa affermazione è vera soltanto nel contesto attuale, quello squadernato dalla pornotropia della teledildonica: espressione multipla della sessualità nella condizione connettiva.

La teledildonica, in potenza, sprigiona dunque un campo di energia sessuale in grado di annullare la forza di attrazione che giustifica la predisposizione ai legami sociali, o la sua negazione, e sulla quale, oltretutto, l'universo femminile si è trovato a costruire/subire il suo diritto/accesso ai ruoli in cui storicamente è stato relegato, ed è tuttora relegato, nonostante le grandi mutazioni intervenute nelle società occidentali da un trentennio a questa parte.

La teledildonica è un'offerta costante di sconfinati orizzonti sessuali, è un nuovo West dell'immaginazione ove consumare indisturbati ogni libidine, è la terra promessa del principio del piacere, è interazione simbolica al livello degli istinti, è orgasmica "incorporazione" nello schema elettronico globale.

Il medium è il corpo. Il sistema simbolico è superato; la decostruzione di un testo non ha più alcun senso perché in questo fondamentale ambito della percezione umana non c'è più il testo.

Questo "incorporarsi", nella teledildonica si manifesta sotto la specie dell'accesso all'espressione di tutte le possibili e concepibili situazioni sessuali, in totale assenza di mediazioni simboliche testuali, sia pure nascoste nel sotterraneo tessuto narrativo che sorregge la decodifica di tutte le icone. Ciò non soltanto entra in conflitto con la realtà istituzionale dei canoni sessuali "medi" stabiliti, il che è ovvio e banale; ma addirittura destina all'inessenza tutti i cimenti teorici che esprimono giudizi e valutazioni sulla natura storica dei generi.

In altre parole, l'immaginario teledildonico sembra dotato di tanta forza da sottrarsi  alla sfera delle decisioni politiche. La critica femminista, salvo alcune eccezioni, è concorde sul fatto che la pornografia mistifica un fondamentale ricatto sessuale, una violenza più o meno esplicita sulla donna e un sostanziale controllo dell'accesso alla sessualità femminile. Concludendo un'accurata indagine sulle tesi femministe in tema di pornografia Pietro Adamo scrive che:

L'immaginario pornografico pare quindi sanzionare un'immagine generica della donna che la descrive in termini di esclusiva subordinazione sessuale all'uomo, privandola di personalità e autonomia. Il problema è se tale sanzione sia o no legittima nell'ambito della società complessa. [xxix][29]

Ma è stato posto il dito sulla piaga? Occorre dubitarne.[xxx][30]

Lo studio dell'etologia umana dimostra che sotto le pressioni sociali, economiche, storiche e naturali che incarnano la processione delle culture esiste una piattaforma genetica che predispone la specie a una limitata varietà di comportamenti. Una varietà profondamente strutturata, che a sua volta si esprime all'interno di schemi complementari ben definiti, filogeneticamente impressi. Escludere questa realtà produce un insieme di visioni interessanti ma parziali, che tendono a omettere il complesso scambio che si instaura fra comportamenti, disposizioni psicofisiche geneticamente trasmesse, ambiente, modificazioni ambientali, conseguenti trasformazioni comportamentali e ulteriore selezione genetica.[xxxi][31] L'eminente etologo Irenäus Eibl-Eibesfeldt, a questo proposito,  ha più volte richiamato l'attenzione sull'importanza delle predisposizioni biologiche che sottendono la varietà dei comportamenti sessuali umani.[xxxii][32]  Del resto, già la Mead, circa mezzo secolo fa, intuì che i comportamenti sessuali umani, per quanto variabili, sono però un prodotto complesso e geneticamente strutturato dall'interazione fra la specie e dall'ambiente.[xxxiii][33] In ogni caso gli apporti dell'antropologia e dell'etologia potrebbero oggi servire ad approfondire quanto segue: l'universo sessuale tecnotronico è esattamente quel che gli etologi definiscono con il termine "ambiente". Il fatto che esso sia artificiale, e in una misura quasi inconcepibile, non modifica la sua potenza di impatto né l'eventuale stratificazione dei suoi effetti.  

La teledildonica sta rapidamente creando un ambiente erotico di nuova concezione. Questo è un fatto. Resta da chiarire se il sesso in rete produca già nei suoi primi passi radicali trasformazioni nei comportamenti sessuali di coloro che ne vengono a contatto. Ecco un elenco di domande: quale tipo di semplificazione psicosensoriale avviene in Internet? Quali sensi sono maggiormente sollecitati? In che misura il caratteristico flusso di pornobit determina risposte appropriate? Esiste un meccanismo pavloviano di stimolo-risposta connesso al consumo di pornobit? In che modo e in quale misura il consumo massiccio di sesso virtuale influenza la produzione di amine cerebrali? E da un altro punto di vista, il sesso online a che tipo di psicodinamica soggiace? Che tipo di esperienze fornisce?

Forse la teledildonica crea le premesse per una generale indistinzione delle esperienze sessuali; è plausibile. L'indifferenziato applicato al sesso, la moltiplicazione esponenziale delle varianti e dei gusti sessuali, nonché dei ruoli, ha il duplice scopo di eliminare alla radice il solo elemento di distinzione binaria che in virtù della sua intrinseca complementarietà ha uno scopo fondamentale e vitale. In tutte le mitologie e in tutte le religioni storiche la creazione dei due sessi è avvertita come la prima forma di differenziazione, quindi di individuazione. Si ha un ben dire che i sessi sono perciò nemici eterni; resta il fatto che, anche da un punto di vista puramente biologico, è la sessualità che garantisce la differenziazione, allontanando lo spettro dell'indifferenziazione e del conflitto che essa alimenta.

La nostra epoca affina da tempo gli strumenti sociali, politici, ideologici e tecnologici atti a offuscare e infine a eliminare alla radice questa originaria differenza. E lo fa adottando due sistemi apparentemente non comunicanti: da una parte  promuove l'indifferenziazione dei ruoli, dall'altra si adopera con ogni mezzo affinché si realizzi una rapida e inarrestabile proliferazione dei generi e delle identità sessuali. Le rivendicazioni avanzate dal partito trasversale dei transgenderisti, le aspettative della chirurgia plastica, i mirabili risultati dell'ingegneria genetica e di ogni altra tecnica applicata alla sfera della sessualità, sono tutte attuazioni dello stesso piano mimetico. Sono infatti strumenti intellettuali, politici, medici e scientifici che generano conflittualità, che esasperano il meccanismo della proliferazione delle differenze indifferenti.

In realtà, la moltiplicazione di incerte differenziazioni produce l'indifferenziazione. Questa, in un primo momento, provoca per sua stessa natura una generale, diffusa imperturbabilità, un deciso distacco emotivo che si incarna nel luogo comune che afferma senza tentennamenti che ciascuno deve essere libero di fare quel che crede, di sentirsi come crede, di essere ciò che vuole. Il che, però, apre la via all'instaurazione globale, totale, imposta ovunque e su tutti, di quel doppio vincolo mimetico che Bateson pone all'origine della schizofrenia e, in generale, di ogni disagio psichico individuale e collettivo.[xxxiv][34]

L'indifferenziazione elimina le discontinuità, è vero. Ma è anche vero che soltanto le discontinuità consentono agli individui di orientarsi e di interagire positivamente con il mondo. Sostituiamo le differenze con masse di elementi indifferenziati, permutanti, incerti, e otterremo ciò che Bateson, sulla scorta della teoria dei tipi logici di Russell, poneva all'origine del collasso psichico. Ora, se è evidente che quelle appena menzionate sono alcune fra le ideologie e fra le pratiche tecnologiche rivolte alla dissoluzione del dimorfismo sessuale, è anche chiaro che l'Internet costituisce il mezzo di diffusione e di capillare penetrazione psicologica di queste stesse idee. Esso traduce un disegno criptico, evidentemente elitario, in una somma di esperienze, in un'assuefazione all'in-differenza sessuale: preludio necessario alla disgregazione dell'unica, vera e ancorché vitale differenza fra gli esseri umani.

La teledildonica certamente sollecita sensazioni che si differenziano non poco da quelle create in contesti meno artificiali. La vista si associa alla manipolazione virtuale delle icone e dei comandi, e queste sprigionano richieste che fanno sempre avanzare di un passo la linea di confine tra l'immaginazione e la realtà.

E siamo solo ai primi passi. Chi può dire cosa accadrà nella più intima costituzione    umana quando avremo a disposizioni bozzoli sessuali tecnotronici totalmente interattivi?

L'idea che spira in questo breve scritto è più e contemporaneamente è meno di un'ipotesi. Nelle cosiddette "civiltà avanzate" da vari decenni gli esseri umani non sono più dei procacciatori di cibo o di riparo. Essi sono ancora spinti o indotti a procacciarsi il sesso? La relazione col cibo si è tradotta in una realtà simbolica, al punto che da almeno tre generazioni l'appetito non viene certo mangiando, ma "guardando". La stessa mutazione interessa oggi il sesso? Certo, l'alternativa prelude all'alternanza degli appetiti, e subito dopo all'alternanza ondivaga dei sessi medesimi. Ha ragione Martine Rothblatt quando afferma che:

La tecnologia ci ha resi trans-genere. La tecnologia ha cambiato la società in forme che scorporano il genere dalla genialità. Ne consegue che la società può liberare il genere dagli stereotipi genitali così come la biologia ha liberato l'intimità dai cicli dell'estro. [xxxv][35]

La tecnologia pone le basi del passaggio da un sesso all'altro, ma per quanto lo si possa desiderare essa non consente un "pondolarismo" da un sesso all'altro. Le basi psicologiche della polarità sessuale formano la struttura della tensione sessuale, e in definitiva la possibilità stessa del desiderio. Ma tutto ciò è vero se si è ancora "corpi fisici". Proviamo ad eliminare la fisicità dell'atto e la fisicità delle sue premesse. Trasformiamo il gioco fra i sessi, fra i mille sessi concepibili, in un gioco fra corpi eterici in movimento nel metaverso. Ed otterremo anche in questo caso qualcosa di nuovo, qualcosa di meraviglioso, o forse di terribile. O forse entrambe le cose. Ancora qualche decennio e lo sapremo.


[i][1] GAY TALESE, Thy Neighbor's Wife, 1975, La donna d'altri, Arnoldo Mondatori, Milano, 1980.

[ii][2] ERVING GOFFMAN, Interaction Ritual, Garden City, Doubleday 1967, trad. it. a cura di Valerio Evangelisti e Vittorio Mortasa, Il rituale dell'interazione, Bologna, Il Mulino, 1971;  ANTHONY GIDDENS, The Transformation of Intimity. Sexuality, Love and Eroticism in Modern Societies, Cambridge, Polity Press (in association whit Blackwell Publishers) 1992, La  trasformazione dell'intimità. Sessualità, amore ed erotismo nelle società moderne, trad. it. a cura di Delia Tasso, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 13 e sgg.

[iii][3] STEVEN MARCUS, The Other Victorians: A Study of Sexuality and Pornography in Mid-Nineteenth - Century England, New York, New American Library, 1974, pp. 268-271.

[iv][4] "Internet no problem", realizzazione editoriale a cura di Art servizi editoriali srl - Bologna, testi di Simona Bortolotti, Massimo Giacomello, Marta Lobello, Giorgio Sitta, n° 7, allegato a "La Repubblica",  15 ottobre 1999.  

[v][5] WILHELM REICH, Cosmic Superimposition, Mary Boyd Higgins as Trustee of Wilhelm Reich Infant Trust Find, New English Language Edition, 1951,trad. it. a cura di Maria Gallone e Maria Luraschi, Superimpostazione cosmica, SugarCo, Milano, 1985.  

[vi][6] ERICA JONG, What do Woman Want? New York, 1998, Cosa vogliono le donne. Potere - sesso - pane - rose, trad. it. a cura di Tilde Arcelli Riva, Bompiani, Milano, 1999, pp.160-186.

[vii][7]  VALENTINE DE SAINT-POINT, Manifesto futurista della lussuria, Paris, 11 gennaio 1913, in « Futurismo & Futurismi », catalogo della mostra a cura di Pontus Hulten, Bompiani, Milano, 1986, pp. 473-474.

[viii][8] FILLIA (Luigi Colombo), ', Edizioni Sindacati Artistici Torino, 1925. Molte delle suggestioni contenute in questo libro sono nel titolo, che appunto collega la lussuria alla radio. Com'è noto, precedentemente Fillia aveva pubblicato una poesia sulla lussuria della bicicletta e aveva affermato di preferire il popolare mezzo di trasporto alla donna. Il libro contiene parole in libertà, L'estetica della Macchina di Marinetti e una serie di componimenti intitolati  "Autoradio", "Amore futurista", "Supersensi" ecc.

[ix][9] LUCIA COLLARILE, Fedele Azari. Vita simultanea futurista, Edizioni Museo Aeronautico G. Caproni, Trento, 1992, p. 93. Occorre ricordare che nell'estetica futurista è assente il pessimismo di altri pensatori, artisti, scrittori interessati al mondo delle macchine. Si pensi ad esempio a Oswald Spengler, che affermò a più riprese che le macchine, moltiplicandosi, avrebbero finito col negare il loro stesso scopo. Per esempio la moltiplicazione delle automobili produce il traffico cittadino, che azzera o quasi la potenziale velocità del mezzo.

[x][10]  RENÉ GIRARD, Des choses cachées depuis la fondation du monde, Édition Grasset & Fasquelle, Paris, 1978, Delle cose nascoste sin dalla fondazione del mondo, trad. it. a cura di Rolando Damiani, Adelphi, Milano, 1996, pp. 356-57.

[xi][11] ANDREAS SERRANO, A History of Sex, Galleria Photology, Milano, marzo 1998, testi di  Alfano Miglietti e di Stéphane Napoli. Cfr. anche A. D. COLEMAN, Sex and Sex, in "Juliet", n. 99, ottobre-novembre 2000 , p. 57.

[xii][12]  Si veda ad esempio la sezione "Peep Show" nell'ambito della rassegna "Sui Generis", sulla giovane arte italiana, al Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano;  Sui Generis. Dal ritratto alla fantascienza. La ridefinizione del genere nella nuova arte italiana, a cura di Alessandro Riva, Medusa, Città di Castello, 2000.

[xiii][13]  JAMES G. BALLARD, La mostra delle atrocità, trad. it. a cura di Antonio Caronia, Bompiani, Milano, 1995, p. 25.

[xiv][14]  IVO GERMANO, Barbie. Il fascino irresistibile di una bambola leggendaria, Castelvecchi, Roma, 2000, p. 85.

[xv][15] I risultati delle ricerche sulla fruizione di forme tradizionali di pornografia dovranno certamente essere aggiornati tenendo conto del profondo impatto del Web. Tuttavia, l'utente dell'Internet non è un soggetto facilmente controllabile. Infatti, è impossibile ricreare in laboratorio la psicodinamica della condizione connettiva, che è una fusione fra l'isolamento assoluto e la potenziale relazione con tutto e con tutti. Al contrario, ogni esperimento psicologico presuppone un controllo della situazione in cui sono poste le "cavie".  Sui test relativi alla fruizione di pornografia cfr. EDWARD DONNERSTEIN, DANIEL LIND E STEVEN PENRODE, The Question of Pornography, Research Finding and Policy Implications, New York, The Free Press, 1987.  

[xvi][16] BERNARD ARCAND, Le Jaguar et le Tamanoir, Les éditions du Boréal, 1991, Il giaguaro e il formichiere, trad. it. a cura di Claude Béguin, Garzanti, Milano, 1995, p. 190.

[xvii][17] NORMAN  O. BROWN, Love's body,  Regents of the University of California, 1990, Corpo d'amore, trad. it. a cura di Silvia Giacomoni, SE, Milano, 1991, p. 271.

[xviii][18] Fonte ISTAT - Annuario Statistiche Giudiziarie Penali anno 1997 - ediz. 1998. Le indagini Istat sul mondo della pornografia si limitano alle persone denunciate e sottoposte a un'azione penale dall'Autorità giudiziaria a causa di traffici più o meno illeciti di materiale pornografico. Anche l'esiguità delle imputazioni di reato è un dato rilevante. In totale, su tutto il territorio nazionale si contano nel 1997 soltanto 320 delitti, 120 di autori ignoti.  

[xix][19] SARAH HRDY BLAFFER, The woman that never evolved, Harvard University Press, Cambridge, Mass., 1981, trad. it. a cura di Flavia Bruno, La donna che non si è evoluta. Ipotesi di sociobiologia, Franco Angeli, Milano, 1985, p. 75 e sgg.

[xx][20] DAVID D. GILMORE, Manhood in the Making. Cultural Concepts of Masculinity, 1990, La genesi del maschile. Modelli culturali della virilità., trad. it. a cura di Luca Guzzetti, La Nuova Italia, Firenze, 1993.

[xxi][21] GEORGE  L. MOSSE,  The Image of Man, Oxford University Press, 1996, L'immagine dell'uomo, trad. it. di Enrico Basaglia, Einaudi, Torino, 1997, p. 179 e sgg.

[xxii][22] ROBERT  J. STOLLER, Porn, Myths for the Twentieth Century, Yale University Press, 1991, Il porno. Miti per il XX secolo, trad. it. a cura di Sandro Lombardini, Feltrinelli, Milano, 1993, p. 18.

[xxiii][23] JAMES BAILEY, After Thought, 1996, trad. it. a cura di Libero Sosio, Il postpensiero. La sfida dei computer all'intelligenza umana, Garzanti, Milano, 1998, p. 160 e sgg.

[xxiv][24] GEORGE P. LANDOW, Hypertext 2.0. The Convergence of Contemporary Critical Theory and Technology, The Johns Hopkins University Press, 1994, L'ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria, trad. it. a cura di Paolo Ferri, Bruno Mondadori, Milano, 1998, p. 64 e sgg.

[xxv][25] GIDDENS, op. cit., p. 190.

[xxvi][26] DESMOND MORRIS, Manwatching: A Field Guide to Human Behavior, Abrams New York, Jonathan Cape, London and Elsevier, Lausanne, 1977;  E. A. HESS, Das sprechende Auge, Kindler, Monaco di Baviera, 1977.

[xxvii][27]  Sulla sincronizzazione dei sessi dovuta all'inalazione di feromoni cfr. C. A. GRAHAM e W.C. McGREW, Menstrual synchrony in female undergraduates living on a coeducational campus, in "Psychoneurendocrinology", vol. 5, 1980, pp. 245-252;  IRENÄUS EIBL-EIBESFELDT, Love and Hate. The Natural History of Behavior Patterns, Holt, Rinehart & Winston, New York, 1971, Amore e odio. Per una storia naturale dei comportamenti elementari, Adelphi, Milano, 1981.

[xxviii][28] In MARIA NADOTTI, Sesso &  genere. Un manuale per capire, un saggio per riflettere, Il Saggiatore, Milano, 1996, p. 79.

[xxix][29] PIETRO ADAMO, La pornografia e i suoi nemici, Il Saggiatore, Milano, 1996,  p.106. Cfr. poi MARCO SALOTTI, Lo schermo impuro. Il cinema pornografico dalla clandestinità alle luci rosse, Montepulciano, 1988; BRAM DIJKSTRA, Idols of perversity: fantasies of feminine evil in fin-de-siecle culture, OUP, New York, 1986, trad. it. a cura di Marisa Farioli,  Idoli di perversità, Garzanti, Milano, 1988; ROMANO STELLA, L'osceno di  massa. Sociologia della comunicazione pornografica, Milano, 1991.

[xxx][30]  Il segno e il sogno dell'inversione di ogni stabilità semantica relativa ai generi è al centro di un dibattito che, com'è noto, ha già i suoi classici. Cfr. DONNA HARAWAY, A cyborg manifesto: Science, Technology And Socialist-Feminism in the Late Twentieth Century, 1985, Manifesto cyborg. Donne, tecnologie e biopolitiche del corpo, Feltrinelli, Milano, 1995. Ma soprattutto si veda ARTHUR  KROKER, MARILOUISE KROKER (ed. by), The Last Sex: Feminism and Outlaw Bodies, St. Martin's Press, New York, 1993.

[xxxi][31] Su ciò: JUDITH LORBER, Paradoxes of Gender, 1994, L'invenzione dei sessi. Sex and Gender, trad. it. a cura di Marialuisa Donati, Il Saggiatore, Milano, 1995.; ALAN SOBLE, Pornography, Marxism Feminism, and the future of Sexuality, Yale University Press, 1986; JUDITH BUTLER, Bodies that matter. On the Discursive Limits of  "Sex", 1993, Corpi che contano. I limiti discorsivi del "sesso", trad. it. a cura di Simona Capelli, Feltrinelli, Milano, 1996.

[xxxii][32] IRENÄUS EIBL-EIBESFELDT, Grundrib der vergleichenden Verhaltensforchung, München 1967-1987, I fondamenti dell'etologia, trad. it. a cura di Annamaria Sassi, Floriano Papi, Leo Pardi e Felicita Scapini, Adelphi, Milano, 1995, pp. 780-781; e inoltre I. EIBL-EIBESFELDT, Die Biologie del menschlichen Verhaltens Grundriss der Humanethologie, 1984, Etologia umana. Le basi biologiche e culturali del comportamento, ed. it. a cura di Rossana Brizzi e Felicita Scapini, Bollati Boringhieri, Torino, 1993, cap. 4°, pp. 111-205.

[xxxiii][33] MARGARET MEAD, Male and Female, 1949, Maschio e Femmina, trad. it. a cura di Maria Luisa Epifani e Roberto Bosi, Il Saggiatore, Milano, 1962,  p. 11 e sgg.

[xxxiv][34] GREGORY BATESON, Steps to an Ecology of Mind, Chandler Publishing Company, 1972, trad. it.  a cura di Michele Longo, Verso un'ecologia della mente, Adelphi, Milano, 1977, pp. 250-299.

[xxxv][35] MARTINE ALIANA ROTHBLATT, The Apartheid of  Sex. A Manifesto on the Freedom of Gender, 1995, L'apartheid del sesso, Il Saggiatore, Milano, 1997, p. 53.

 

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