APPUNTI PER UNA FENOMENOLOGIA
DELLA TELEDILDONICA
di Riccardo Notte
L'amore si compiace nell'attesa dell'amabile; si gode della rappresentazione che avviene nell'attesa. La pornografia è forse proprio questo. È in tal senso che l'amore è in ogni caso concupiscenza, investimento da parte dell'io. L'io penso ricostituisce la presenza nell'amore.
Emmanuel Lévinas, Dio, la morte e il tempo.
Pornografia e virtualità
L'oscuro
territorio della pornografia è notoriamente un argomento di cattivo
gusto. Anzi, fra i tanti soggetti per stomaci robusti esso resta forse
il più problematico, il più sfuggente, poiché chi ne tratta rischia
di essere identificato alla stregua di un pornografo e di un pornomane.
Per lo studioso è anche un tema rischioso, che si affronta, se pure
si affronta, demarcando la giurisdizione entro la quale far muovere
le pedine in gioco. Però, è anche vero che fino a non molto tempo
fa la natura e la forma del materiale pornografico implicava una ricerca
attiva, una esplorazione anche territoriale di quei luoghi ove la
pornografia era ed è offerta, esibita, rivendicata. E anche dove la
pornografia semplicemente ammicca fra le pieghe di ben altro materiale,
per esempio dal giornalaio, cioè in un punto del territorio urbano
che è un crocevia dell'informazione stampata e della merce culturale
"lecita", destinata a ogni target, oppure nel cinema a luci rosse,
dove in realtà il pubblico è una finzione, anche in questi luoghi,
fino a qualche anno addietro, il fruitore di pornografia doveva esibirsi
in una complessa serie di codici comportamentali, poiché la relazione
con il contesto non è mai esclusa, e anzi in questi casi è fonte di
una notevole tensione emotiva, come insegna il celebre caso umano
e letterario di Gay Talese.[i][1]
Per
esempio, visitare un cinema porno impone innanzi tutto la scelta del
cinema. C'è da credere che il tranquillo padre di famiglia, ottimo
inquilino del quinto piano del tal palazzo della tal via ben difficilmente
sceglierà il cinema porno sotto casa sua, se esiste. Analogamente,
l'attraversamento della soglia fatidica implicherà di sicuro una attenta
scelta degli atteggiamenti, delle posture, delle espressioni, e tutto
ciò tanto "prima" quanto "dopo". Prima si è per strada, si è atomi
fra atomi, parti anonime del flusso metropolitano. Durante l'attraversamento
si interagisce con le fortissime e ambivalenti energie potenziali
di quella particolare terra di nessuno che sta fra l'uscio e il botteghino.
Subito dopo si è invece autorizzati a gettare la maschera, o ad assumere
quella dei propri desideri reconditi, e ciò perché si è nuovamente
in un "contesto giusto", nonché fra "eguali".
La
definizione di un siffatto contesto sociale dovrebbe probabilmente
partire da un'indagine sugli atteggiamenti assunti dagli attori coinvolti
nei vari ruoli, sulla scia dei modelli dell'interazione sociale studiati
da Goffman.[ii][2] Ma non è di ciò che si vuole
trattare.
Si
tenterà, infatti, di analizzare alcuni aspetti del rapporto fra la
nuova domanda e l'offerta di simulacri sessuali virtuali e quella
che può essere a tutti gli effetti definita la condizione connettiva.
Infatti, l'individuo che partecipa della condizione connettiva si
trova anche, e malgrado tutte le intenzioni contrarie, in una situazione
interattiva anomala, poiché in Internet la rappresentazione sociale
è ridotta al minimo, ed è talvolta, come nel caso del consumo di simulacri
sessuali, del tutto assente.
Intanto
una precisazione. Sul sesso virtuale è stato scritto molto. Anche
una sommaria ricognizione degli articoli pubblicati in questi ultimi
anni dai maggiori giornali quotidiani e dai settimanali richiederebbe
qualche osservazione. Da che mondo è mondo il sesso è un argomento
che vende bene e i giornalisti lo sanno bene. La stampa sa perfettamente
come sfruttare questo genere di appetiti, anche se si vestono di nuovi
panni "virtuali". Tuttavia, è curioso constatare che tanta sovrabbondanza
di attenzione da parte dei quotidiani e dei rotocalchi non corrisponde
affatto a una altrettanto abbondante messe di studi. Ma, appunto,
la pornografia è un argomento indigesto. Anche laddove si è tentata
qualche indagine critica, non è chiaro fino a che punto si possa affermare
la lampante differenza fra la pornografia in rete e le forme tradizionali
di produzione e consumo del medesimo genere.
Perché
questo è il punto: il trasferimento nella rete telematica delle proiezioni
inconsce che si materializzano nella pornografia non è stato un semplice
trasloco, non è stata una trasposizione materiale da un medium
a un altro medium diverso ma almeno in qualche misura affine,
come è avvenuto, ad esempio, nel trasferimento dalla pellicola fotografica
al video. La forma che la pornografia ha assunto nel nuovo medium
iperglobale ha completamente trasformato la natura del messaggio.
Al di là degli slogan alla McLuhan, troviamo, forse, qualche adombramento
di una siffatta potenzialità negli scritti di Steven Marcus, che non
a caso coniò il termine "pornotropia" allo scopo di designare una
particolare e solitaria condizione estatica a sfondo erotico: condizione
in cui il tempo è interamente occupato dalla solitaria possessione
sessuale, mentre lo spazio è concentrato nelle forme più o meno testuali
[iii][3] o iconiche dei simulacri erotici.
Ora, quantunque il concetto di "pornotropia" si avvicini alquanto
a ciò che comunemente si sperimenta quando si interagisce con l'incredibile
flusso elettronico della pornografia internettiana, tuttavia esso
non esprime ancora compiutamente il potere suggestivo di un siffatto
materiale onirico primario. Materiale comune, ma trasformato da un
ambiente in grado di plasmare gli impulsi profondi di chi vi si immerge.
Infatti, il Web ha il potere di fluidificare la superficie dei modelli
culturali acquisiti, fino al punto da modificarne i contenuti. Il
che, il più delle volte, accade perché l'utente dell'Internet interagisce
utilizzando procedure che si collocano al di sotto della soglia della
coscienza.
Forse,
un medium subliminale di questa portata alla lunga potrebbe
perfino modificare le basi innate di molti comportamenti, e in primo
luogo dei comportamenti sessuali. Ma anche evitando conclusioni così
drastiche, e del resto affrettate, è evidente che la pornografia in
rete incoraggia forme di coinvolgimento psicofisico che si avvicinano
a ciò che gli esorcisti definivano "possessione". Da qui l'ovvia
domanda: è vero che la pornografia in Internet può contribuire ad
alienare le relazioni e gli affetti reali, familiari, "tangibili",
di coloro che ne fanno un consumo massiccio?
In materia di consumi sessuali ogni testa è un tribunale, come si dice,
cosicché si sprecano le prese di posizione. Però, qualunque scelta
etica non aggiunge né toglie un solo granello di sabbia alla sorgiva
realtà, e questa testimonia la sua forza nell'espansione vertiginosa
del sesso internettiano, realtà in "stato nascente", come la definirebbe
Alberoni, e della quale ancora non si è percepita né la potenza né
l'estensione.
"Orgoni" in libertà
Quando si parla di pornografia in rete
si tocca con mano anche un secondo deficit comunicazionale. Esso si
può ridurre al fatto che la visione del problema che si riflette nei
tradizionali mezzi di comunicazione, dai quotidiani alle reti televisive,
non si sovrappone alla visione "dall'interno" neanche in un punto.
Su questo argomento si inceppano perfino alcuni e peraltro eccellenti
programmi divulgativi specializzati, come ad esempio Neapolis,
in onda su Rai 3 quasi ogni giorno intorno alle quindici. Le due visioni
del sesso in rete, quella in "presa diretta" e quella ripresa dai
vari organi giornalistici, non coincidono mai. Sembra quasi che l'universo
della stampa si limiti a osservare un pianeta distante anni luce,
e con strumenti ottici inadeguati. Senza dubbio è sorprendete che
affermazioni paradossali, infondate, o quantomeno imbarazzate provengano
da veri esperti del settore, da navigatori incalliti, da pionieri
delle reti che però, in forza delle circostanze, hanno assunto il
compito di educare la gente a un nuovo tipo di medium. La mentalità
gutenberghiana è a disagio quando incrocia qualcosa che sfugge al
suo ordinamento.
Ecco un esempio: in "Internet no problem"
un allegato al quotidiano "La Repubblica" diffuso un paio di anni
fa, si leggeva che la metà dei siti esistenti in rete, in tutto
il mondo, contiene materiali esplicitamente pornografici.[iv][4] E dopo aver buttato giù un macigno
di queste dimensioni i pur competenti redattori non tornavano più
sull'argomento, in tutti i restanti fascicoli. Come se la materia
del contendere, pur esistendo, fosse di per sé marginale. Eppure,
se le dimensioni del fenomeno raggiungessero anche soltanto un terzo
di quelle avanzate dall'articolista è evidente che ci troveremmo al
cospetto di un fatto impressionante. Immaginiamo per un attimo che
la medesima proporzione fra materiale pornografico e pubblicazioni
di altro genere fosse applicata alla produzione di carta stampata.
Ebbene, se così fosse, in ogni libreria del globo la metà dei libri
sarebbe esplicitamente pornografica, e anche metà delle riviste esposte
in ogni edicola, metà dei volumi di tutte le biblioteche, metà degli
opuscoli, dei cataloghi, dei volantini, delle affiches, della
posta, nonché metà degli archivi cartacei e via di questo passo. Se
così fosse il mondo sarebbe senz'altro molto diverso, forse perfino
più divertente, o più noioso, o più angosciante. Sicuramente, se così
fosse, un siffatto universo risulterebbe ben più "orgasmico" dell'attuale,
un autentico impero dell'"energia orgonica" di reichiana memoria. Una realtà espressiva quasi del tutto
estranea al linguaggio, una dimensione sensoriale priva affatto di
segni.[v][5]
E invece, come è ovvio, non è così.
Quantunque la produzione di pornografia "tradizionale" (cioè propalata
attraverso la carta stampata, i film e i video) sia senza dubbio rilevante,
essa non può essere minimamente paragonabile alla massa di informazioni
di altra natura diffusa attraverso i medesimi strumenti. Questo discorso,
in termini assoluti, vale anche nel settore delle videocassex (videocassette
porno destinate a un consumo casalingo). Infatti, quanto più una tecnologia
"videomatica" diventa d'uso comune, tanto più essa è in grado di amplificare
i desideri, le fantasie e i sogni individuali. Così essa si diffonde
capillarmente senza sforzo, quasi senza promozione.
In altre parole, più le tecnologie aprono
spazi di libertà espressiva e più interfacciano tutti o quasi i singoli
individui, più la pressione istituzionale su certi argomenti tabù
è costretta ad arretrare. Grazie alla diffusione di tecnologie eidomatiche
di basso costo e altamente sofisticate accade che territori un tempo
facilmente sorvegliati dai rappresentanti del potere diventino terra
di nessuno. Per esempio, le foto polaroid, e oggi ancor più le fotocamere
e le videocamere digitali, hanno favorito l'esplosione della produzione
e del consumo casalingo di pornografia. Le cosiddette "Web cam" aggiungono
alla facoltà di produrre materiali a costi prossimi allo zero una
dimensione collettiva e connettiva del consumo. Cade dunque da sé
l'idea stessa della privacy, almeno in questo segmento dell'esperienza.
Ma un effetto meno vistoso, eppure forse più incisivo, riguarda l'impossibilità
della misurazione del fenomeno.
Se la produzione di materiale pornografico
diventa pulviscolare, trasversale e ovunque riscontrabile, allora
ogni misurazione risulta di fatto impossibile, anzi superflua. Ed
è esattamente l'opposto di quanto avviene durante la produzione di
film o di immagini "normali", poiché questo genere di intraprese rientra
nelle realtà istituzionalizzate e controllate sul piano economico,
artistico, politico, giuridico o semplicemente comunicazionale. Le
due realtà non soltanto non sono confrontabili, ma sono anzi in aperto
conflitto. L'una assume l'aspetto caotico di un moto browniano, l'altra
resta codificata e misurabile, soggetta alle mire e ai codici del
potere.
Il fatto che il fenomeno della pornografia
in rete non sia misurabile dipende da una importante caratteristica
strutturale del Web. Apparentemente, l'Internet si presenta quasi
come un laboratorio statistico naturale. Così, ogni motore di ricerca
fornisce automaticamente una certa quantità di dati, di numeri, di
liste. Informazioni che il più delle volte sono pletoriche, anzi sovrabbondanti,
al punto da scoraggiare l'utente più pignolo e agguerrito. Ciò si
riflette in piccolo anche nella soperchia abbondanza di informazioni
e di collegamenti ipertestuali presente nella maggior parte dei siti,
e specialmente nei siti di natura sessuale, dove sovente si indica
la quantità di collegamenti che si accumula minuto dopo minuto nel
database del server.
Questi "totalizzatori" a prima vista
consentono di valutare a colpo d'occhio le caratteristiche strutturali
e comunicazionali di una data area del sistema, anche nei siti pornografici.
In realtà, tutti sanno che anche un dilettante può facilmente tarare
il proprio contascatti a suo piacimento, partendo da centomila unità,
o da un milione o da un miliardo. Quindi, qualsiasi sommatoria viene
frustrata dalla mancanza di dati certi. Ecco che la misurabilità riceve
un secondo scacco. Già a questo punto siamo in grado di valutare il
valore "mutageno" insito in un dominio dell'esperienza umana che si
annuncia secondo modi e relazioni differenti dal passato. C'è poi
il fenomeno delle "pagine nascoste": il sottobosco del Web. Infatti,
i motori di ricerca riescono a censire circa un quinto della pagine
Web esistenti al mondo. Dove sono gli altri quattro quinti? E soprattutto
che cosa contengono? Inutile aggiungere che una parte impressionante
di questo impalpabile mondo sommerso è di fatto una gigantesca cornucopia
sessuale, ed è certamente curioso che i bassifondi del Web finiscano
col coincidere con quelle che molti continuano a ritenere le bassezze
della natura umana. L'impossibilità a definire i limiti, l'estensione
e la crescita della pornografia nel Web suggerisce di per sé che
si è in presenza di un movimento sotterraneo ma straordinariamente
potente. In ogni caso, al di là dei dati, nell'Internet la pervasività
del porno è effettivamente di dimensioni melvilliane; essa è dunque
una massa mostruosa e invincibile, nonché sempre crescente. I grandi
magnati del porno lo sanno bene. Lerry Flint, il più famoso, potente
e ricco pornografo del mondo, da anni dichiara che il vero futuro
del suo business si giocherà sulle ali digitali, e non è detto
che egli non sia già oggi il segreto Bill Gates della pornografia
internettiana.[vi][6] Il nostro Moby Dick è anche
uno strano pallone gonfiato, leggero e vacuo come un dirigibile, ma
anche potente ed esplosivo come un missile a testata nucleare.
Dall'arte alla pornoarte
McLuhan forse per primo notò che una delle caratteristiche peculiari del nostro mondo risiede nelle interazioni fra sesso e tecnologia. Possiamo perciò giustamente definire continuatori di McLuhan tanto lo scrittore James Ballard quanto il regista David Cronenberg, che sull'argomento si sono espressi in libri e film che hanno contribuito a creare un ben definito clima culturale. La distanza emotiva dagli effetti delle nostre azioni sui corpi altrui non è che una conseguenza di una tale linea di sviluppo. Se è vero che la stampa ha trasformato il fluido mondo verbale in un ordinato universo visivo, è anche vero che la pornografia ha trasformato il fluido universo dei sapori, degli odori, delle compenetrazioni, dei duelli psicologici, degli scambi emotivi e di quant'altro si verifica nell'interazione carnale in un'orgiastica consumazione di oggetti sessuali audiovisuali semi-automatizzati e asettici. Almeno per ora.
Un
indizio di ciò lo si individua nel mondo dell'arte. Indubbiamente
si è precisata una decisa frattura fra la rappresentazione artistica
degli atti sessuali e la costruzione di macchine simboliche realizzate
assemblando i più disparati simulacri del sesso. Ma procediamo con
ordine. Bisogna infatti distinguere l'arte erotica dal ready-made
che ha per oggetto la pornografia.
I
grandi artisti del diciannovesimo e del ventesimo secolo, come è noto,
spesso e volentieri hanno disegnato o dipinto soggetti di natura esplicitamente
sessuale. La festa
dei corpi, l'amplesso, o semplicemente la descrizione particolareggiata
del sesso maschile o femminile si ritrovano nelle opere di Courbet,
Grosz, Delvaux, Picasso, Otto Müller, Man Ray, Masson, Dalì o Warhol,
per citare alcune celebrità. L'arte moderna è stata anche la culla
di slanci teorici esplicitamente rivolti alla sessualità. Ardita,
avveniristica, ma niente affatto semplice, fu la concezione futurista
della sessualità: una concezione che prendeva le mosse dal Manifesto
della Donna futurista, presentato nella Salle Caveau a Parigi
nel marzo 1912, nonché dal Manifesto futurista della Lussuria,
pubblicato a Parigi l'11 gennaio 1913, entrambi partoriti dalla penna
di una donna fuori dal comune quale fu Valentine de Saint-Point, futurista,
aristocratica, combattiva protofemminista e compagna di avventure
di Marinetti per un tempestoso biennio. Nel secondo documento tra
l'altro si legge che:
La Lussuria incita le energie e scatena le forze. Essa spingeva spietatamente gli uomini primitivi alla vittoria, per l'orgoglio di portare alla donna i trofei dei vinti. Essa spinge oggidì i grandi uomini d'affari che dirigono le banche, la stampa, i traffici internazionali, a moltiplicare l'oro creando dei centri, utilizzando delle energie, esaltando le folle, per adornarne, aumentarne, magnificarne l'oggetto della loro lussuria.[vii][7]
Sono osservazioni notevoli, anche perché
la Saint-Point avvertì e teorizzò un nesso indissolubile fra le grandi
e fluide organizzazioni economiche mondiali, prodotto dell'evoluzione
tecnologica, e l'energia vitale, la ribollente pulsione erotica che
è stata considerata a lungo la fonte di ogni azione, e dalla quale
sgorgherebbe anche la lussuria quale fissazione di questa pulsione
su un oggetto. Però, negli anni '20 e '30 ci fu chi andò oltre. In
seno al cosiddetto "secondo futurismo" queste istanze furono valutate
come il prodotto di una necessità evolutiva. Non a caso Fillia, che
più di altri si sentiva trasportato verso queste speculazioni, nel
1925 pubblicava Lussuria radioelettrica, con prefazione di
Ernesto Falchetti intitolata Quel che sarà il mondo col dominio
della Radio.[viii][8] Un anno dopo, nel 1926,
nella raccolta Novelle d'oro, Fillia pubblicava L'amante
artificiale, e il 4 aprile dello stesso anno, nel giornale "La
Fiamma", stampava Sensualità meccanica.
L'idea che le macchine (ma noi contemporanei
diremmo le "protesi elettroniche e cibernetiche") potessero sviluppare
una loro sensibilità era già stata anticipata da un altro futurista
tanto importante quanto poco noto al grande pubblico. Si tratta del
poeta, pittore e aviatore Fedele Azari: personalità estroversa, multiforme,
perfino "psichedelica" ante litteram, un Timothy Leary degli
anni '20, insomma un ribelle, uno sperimentatore di droghe, un ricercatore
di sensazioni estreme e di visioni ultrareali. Nel manifesto Per
una Società di Protezione delle Macchine, pubblicato nel 1925,
Azari sosteneva senza mezzi termini che in futuro la vita umana avrebbe
acquistato un senso indecifrabile grazie all'avvento dell'intelligenza
e della sensibilità artificiali.[ix][9] Per la verità, anche Ruggero
Vasari aveva scritto nel '23 e pubblicato nel '25 L'Angoscia delle
macchine, e com'è noto qualche anno prima era stato messo in scena
a Praga il dramma R.U.R. di Karel Capek,
in cui compaiono per la prima volta, di nome e di fatto, i robot (anzi
i robot di Capek sono ben più avanzati di quelli
successivi scaturiti dalla penna di Isaac Asimov, poiché sono esseri
protoplasmatici, dei veri umanoidi organici alla Blade Runner
del regista Ridley Scott). Segno che le idee erano nell'aria. Tuttavia,
per Azari non soltanto "[...] la macchina è figlia del nostro cervello",
ma in realtà essa si trasformerà in "[...]un uomo perfezionato e moltiplicato".
E aggiungeva che in questi esseri "[...] già sentiamo un embrione
di vita, di istinto e di intelligenza meccanica". Ma ancora: "Le macchine
e gli uomini - sosteneva Azari - soffrono entrambi"; e concludeva
che alla lunga uomini e macchine avrebbero condiviso lo stesso destino.
Come sovente accade molte delle suggestioni
stanno nei titoli, i quali, però, non sono irrilevanti, perché in
essi si teorizza un nuovo ultramoderno tipo di feticismo, un erotismo
che viene dallo sposalizio con l'universo macchinico e che anticipa
il consesso carnale elettronico, oggetto di queste pagine.
Siamo
però sempre nel dominio della seduzione che esercita qualsiasi manufatto
in quanto tale, anche se l'abilità tutta umana di produrre forme arbitrarie
si incarna in questo caso in un tipo molto particolare di prodotto
mimetico: la donna-oggetto (o l'uomo-oggetto) per antonomasia, rivestita
di simul-pelle e riempita di circuiti elettronici. Ma in ogni caso
sempre obbediente all'imperativo della forma umana e al dominio assoluto
della mimesi. Siamo in questo caso esplicitamente entrati nel cuore
delle riflessioni di René Girard sul ruolo radicale e primordiale
della mimesi e sull'inestricabile relazione fra la mimesi e l'instaurazione
del desiderio. La tesi di Girard è nota: ogni modello scatena
in chi lo percepisce o osserva una crisi mimetica, cioè un desiderio
di appropriarsi delle virtù del modello attraverso l'imitazione. Ed
è vero che sul meccanismo psicosociale dell'imitazione si soffermò
anche Max Weber. Ma Girard sostiene che questo meccanismo psicologico
non è affatto neutro; al contrario, l'imitazione mimetica produce
inevitabilmente i doppi. Poiché i doppi non sono differenziati né
differenziabili essi entrano in uno stato di conflitto, il cui risultato
è l'escalation della violenza, un automatismo che si arresta
soltanto quando uno dei doppi soccombe o si sottomette, ripristinando
la differenza, e quindi reintegrando l'ordine sociale e culturale.
Solo per breve tempo, però, poiché la scarica della violenza non annulla
il fenomeno mimetico. Le idee di Girard aprono alla comprensione mondi
mai veramente esplorati, ma ai fini di questo scritto è importante
richiamare quanto il filosofo sostiene a proposito del desiderio:
Il desiderio è ciò che accade ai rapporti umani quando non
c'è più risoluzione vittimaria, e dunque polarizzazioni veramente
unanimi, suscettibili di far scattare questa risoluzione; tali rapporti
rimangono comunque mimetici e noi ritroveremo sotto la forma 'recondita'
e talora ingannevole dei sintomi individuali, lo stile dinamico della
crisi sacrificale, che però questa volta, per mancanza di risoluzione
vittimaria e rituale, sfocia in quella che si chiama la psicosi. Il
desiderio è la crisi mimetica stessa, la rivalità mimetica acuta con
l'altro, in tutte le attività definite "private", che vanno dall'erotismo
all'ambizione professionale o intellettuale.[x][10]
In
ogni caso, l'apparizione dell'erotismo elettromacchinico e cibernetico,
anzi del feticismo che ha per oggetto i circuiti elettrici, il metallo,
ma anche i semplici idoli virtuali, precede di parecchio i prodotti
tangibili o immateriali che popolano l'imagerie erotica nel
passaggio di millennio. L'apparizione di questo particolare genere
di passione anticipò di oltre mezzo secolo le fantastiche pin-up di
lucidissimo e torrido metallo disegnate dal giapponese Hajime Sorayama:
le prime dal sex-appeal interamente artificiale: ibridi fra
donne e macchine, in ogni caso anticipatrici delle varie eroine supererotiche
e virtuali che oggi popolano il Web.
Però,
nell'opera d'arte di soggetto esplicito prevale la rappresentazione
del gioco erotico, dell'invito ammiccante. Il veicolo è in questo
caso lo stile dell'artista. C'è dunque di mezzo il filtro, la mediazione
espressiva, l'esperienza di natura reale o fantastica che si traduce
nella lettura, nell'interpretazione iconografica e iconologica del
meccanismo dei corpi che interagiscono sessualmente. Prevale l'aspetto
psichico che si accompagna all'osservazione critica del fatto in sé,
il quale, se visto nella sua nudità, è troppo crudo per suscitare
un qualsiasi palpito estetico.
E
ora prendiamo l'opera di un artista contemporaneo che agisce in un
contesto di per sé mutato da decenni di pornografia esplicita e diffusa
fra le masse. Si parla, ovviamente, di Andreas Serrano e del suo ciclo
intitolato The History of Sex. Vale la pena descriverlo nei
dettagli: La storia del sesso di Serrano consiste in una serie di
veri e propri tableaux vivants composti da persone fotografate
mentre si producono nelle più svariate, fantasiose e perfino improbabili
combinazioni sessuali. Ma ciò che colpisce è anche la scelta dei generi,
poiché in questa rassegna troviamo di tutto, dal sesso fra nani al
genere Older Woman, o Older Man (sesso fra anziani,
o fra giovani e anziani di ambo i sessi, o anche dello stesso sesso)
alla urolagnia (in gergo è definita "pissing", a sua volta
appartenente alla più vasta classe dei cosiddetti "Watersports").
Serrano ha insomma cercato di fissare con assoluto candore quei comportamenti
considerati atipici dal senso comune e che costruiscono la struttura
portante dei generi pornografici. Vi si trova quindi di tutto, dal
sesso fra deformi alle più strane promiscuità con animali di ogni
tipo e statura, e dai transessuali ai sadomasochisti. Ecco il regno
di tutte le libertà, si direbbe. Ma a ben vedere, anche Serrano osserva
più di un limite. Non troviamo né fotografie dal contenuto pedofilo
né scatti esplicitamente necrofili, il che contrasta con l'immagine
di un artista che ha fatto discutere col suo ciclo della "Morgue",
ambientato negli obitori. In The History of Sex alla necrofilia
si ammicca, vi si accenna, ma non si va oltre. Sono insomma rispettati
gli stessi identici limiti invalicabili che si riscontrano nel rapporto
che le istituzioni degli stati democratici e civili instaurano con
la pornografia in Internet.[xi][11]
Serrano
rappresenta la classicità dell'arte della pornografia, o della pornografia
dell'arte, o della pornografia quale forma moderna di realismo o di
ritratto o di gruppo di famiglia in un interno. Ma la scena degli
artisti e pornografi è affollatissima e in realtà non si può neppure
sfiorare in poche pagine, il che testimonia la profondità del nuovo
modo di sentire. Considerando soltanto alcune fra le personalità più
o meno celebri si passa da Martin Malonay, firmatario del manifesto
The New Neurotic Realism, fondatore dei Multiple orgasms
e autore di opere che mescolano rave party e sesso sfrenato,
alle ambigue opere cripto-pedofile di Robert Gligorov. Arte, realismo,
pornografia e indagine sociale sull'evoluzione dei rapporti fra i
sessi si mescolano in molte se non in quasi tutte le fotografie di
David Lachapelle. Gli oscuri abissi della perversione sadomasochista
sono nel mirino del fotografo Nobuyoshi Araki. Per non dire dello
storico matrimonio che per qualche tempo legò Jeff Koons e Ilona
Staller, alias "Cicciolina": due star dell'arte contemporanea e della
pornografia. Storica è appunto la serie di foto-opere d'arte "coniugali"
presentato alla Biennale di Venezia e che fu al centro di una furiosa
diatriba. Altri tempi.
Un
solo decennio è stato sufficiente a decretare l'accettazione trasversale
dell'hard core, cosicché ben pochi ricordano l'atmosfera morbosa
che circondò le foto "veriste" di Ilona e Jeff in azione. Perché ricordare
un episodio se a Cannes ormai si celebra anche il cinema porno, sia
pure in un recinto separato? Perché ricordare se il porno è nei fatti
concepito come un genere artistico, con i suoi linguaggi, i suoi
estimatori e i suoi critici?[xii][12] Però è vero che la Staller
aprì la breccia che consentì un facile attraversamento a tante artiste
e pornostar, qual è ad esempio Annie Sprinkle, ma anche alle artiste
pseudo-pornostar, come ad esempio Nan Goldin, che usa l'artifizio
del travestimento per mettere in scena l'esteticità diffusa e ammiccante
della pornografia. Senza dire delle opere per così dire "a due mani",
come quelle di Matteo Basilé e della famosa pornodiva italiana Jessica
Rizzo.
Ora,
perché si è verificata una rivoluzione copernicana di siffatte proporzioni?
Una rivoluzione capillare e inavvertita tanto e forse più di quella
analizzata nell'omonimo libro di Elizabeth Eisenstein? Ebbene, è appunto
intervenuta la rivoluzione dell'Internet, anche nella sfera della
rappresentazione della sessualità; la trasmigrazione è avvenuta dal
reale (e dal simulacro fotografico) alla simulazione del virtuale
e infine alla comunicazione digitale, laddove domina incontrastata
la legge assoluta, astratta (senza personalità) della macchina logica
universale e universalmente connessa. L'Internet, una delle maggiori
applicazioni pratiche della scienza e della tecnologia di fine millennio,
ha tramutato anche il corpo e il sangue della sessualità. Non a caso,
con grande anticipo sui tempi, lo scrittore James G. Ballard osservò
che:
La scienza è l'ultimo stadio della pornografia, un'attività analitica il cui scopo principale è quello di isolare gli oggetti e gli eventi dal loro contesto spaziale e temporale.[xiii][13]
Non vi è dubbio che nel Web un simile isolamento si esprime tanto nelle forme quanto nei contenuti, ottimizzando le risorse o, in altri termini, con una potenza di fuoco post-simbolica inconcepibile anche soltanto dieci anni fa.
Ecco
perché a un siffatto dispiegamento l'arte ha reagito rapidamente,
con grande dispendio di mezzi e di creatività. L'offensiva trasversale
della pornografia ha profondamente mutato il rapporto che l'artista
instaura con l'oggetto del desiderio spogliato di ogni residuo logos,
di qualsiasi traccia di discorso, cosicché è corretto parlare della
autonoma, sorgiva formazione di un genere stratificato, complesso,
di fatto aperto e destrutturato. Un numero crescente di linguaggi
espressivi condivide il gusto per la rappresentazione pornografica.
Dalle esplorazioni vaginali di Mattia Moreni, o dalla caotica e ipersessuale
iconografia post-postmoderna di Maurizio Cannavacciuolo, si passa
senza soluzione di continuità al travestitismo di Urs Luthi, e dai
femminielli napoletani di Giuseppe Desiato si approda alle
immagini pruriginose di Pierre Molinier. Per i fotografi il grande
antesignano è ovviamente Mapplethorpe (e alla lontana Jindrich Styrsky,
Janusz Maria Brzeski e altri) ma fino a che punto? L'immaginario certamente
esplicito, ma non per questo meno ammiccante e meno simbolico di Mapplethorpe
in fondo non si allontanava mai troppo dalla catena associativa che
si innesca ogni qual volta si incontra un simbolo. Il fallo, quale
assoluto oggetto del desiderio, leitmotiv di Mapplethorpe,
non fa certo eccezione. Il bisturi dell'arte contemporanea affonda
spesso e volentieri nel reame oscuro dell'inconscio, fino a lambire
il territorio del conflitto interno a ogni personalità, fino al limite
delle psicopatologie che esplodono in perversioni sessuali senza ritorno,
ed è questo il caso di Jürgin Lauge. Ma vi è sempre un ordine simbolico,
che è dissolto de facto dalla promiscuità post-simbolica della
comunicazione reticolare. Soltanto quest'ultima è davvero in grado
di sovvertire e di rimescolare senza sosta ma, soprattutto, senza
sforzo alcuno, ogni ipotizzabile ordine simbolico.
Un
esempio. Se l'immaginario è fetish allora pornografia e arte
dialogano attraverso la mediazione illustre della moda, dove da anni,
nelle invenzioni di John Galliano, di Thierry Mugler, di Gucci, di
Gattinoni o di Jean-Paul Gaultier il lattice e il tacco a spillo rappresentano
elementi irrinunciabili dell'imagerie erotica del passaggio
di millennio. L'arte si impossessa, anzi "scippa" con immensa destrezza
questi ed altri linguaggi, e li permuta in altri segni, ma tracimando
i rispettivi denotati, i rispettivi valori, miti, linguaggi. Ed è
il caso della fotografa lesbica militante e convinta luterana Elisabeth
Ohlson, che un giorno decise di reclutare gay e lesbiche nei locali
notturni di Stoccolma. Con queste comparse mise in scena una vita
di Cristo in dodici tappe: dodici fotografie del percorso evangelico
in chiave omosex, con tanto di ultima cena en travesti e di
deposizione "realistica" ottenuta fotografando i malati terminali
di Aids. Il fatto è che, nonostante l'uso di un linguaggio estremo,
non si può dire che l'opera della Ohlson miri a oltraggiare la religione
o la figura di Gesù. Semmai è vero il contrario, poiché essa intende
con ogni evidenza alludere all'umanità di ciascuno, omosessuali compresi.
Ma è anche vero che siamo in presenza di un segno che va alla deriva,
che non necessita più di alcun vero contatto con il suo denotato,
con la sua "fonte". E questo è un effetto della comunicazione reticolare,
inconcepibile anche soltanto un decennio fa.
La
pornografia (ma anche un erotismo oramai interamente macchinino, anzi
marionettistico) è il cuore dell'opera di Cindy Sherman, che in questi
anni ha messo in scena un vero e proprio teatro fotografico del non-senso
linguistico e corporale: un boccascena dove i personaggi sono animati
da invisibili fili (i fili telefonici di una sensibilità ondivaga
e reticolare). Con la Sherman il terreno dell'arte oggettuale e la
fotografia pornografica si contaminano reciprocamente, un'operazione
che è di segno opposto alle immagini di Hans Bellmer, il quale, fin
dagli anni '40, aveva opposto la cruda rappresentazione fotografica
dei bassifondi metaforici dei corpi.
Il
ponte che ha collegato l'area dell'erotismo letterario alle forme
popolari di pornografia è appunto la tecnica della fotografia, che,
come si sa, fin dai suoi ormai antichi esordi fu più o meno segretamente
adoperata per fissare le variegate performances della sessualità
umana. Anche in questo settore, per così dire "storico", il Web si
dimostra una insostituibile e insospettabile macchina del tempo. Vi
troviamo innumerevoli siti soft-core e hard-core che
pubblicano i primi cimenti del voyeur armato di fotocamera.
Nei motori di ricerca la parola chiave che apre le porte dell'indagine
sulla sessualità dei nostri nonni e nonne è vintage, cioè "vendemmia",
da cui l'idea che la produzione di pornografia può essere eccellente,
mediocre o infima a seconda delle annate.
Fin
dall'apparizione della fotografia si assiste quindi a una trasformazione
di atti privati, inevitabilmente destinati all'oblio, e quindi alla
virginale riscoperta generazione dopo generazione, in un insieme di
pratiche e di segni che perdurano nel tempo, testimoniando la loro
"qualità". Così, la buona pornografia appare simile e paragonabile
alla bottiglia di buona annata, poiché, grazie al Web, è da tempo
possibile paragonare fra loro i soggetti, e per i rami è facile scoprire
gli ascendenti e i discendenti dell'attuale stato dell'arte. Le pieghe
delle tracce mimetiche temporali non nascondono più gli antecedenti,
ed è possibile, anzi viene naturale, codificare l'evoluzione interna
della pornografia.
Legioni
di artisti della generazione di fine millennio hanno contaminato questi
comportamenti tanto nascosti quanto universali e reali, e in ogni
caso fino a poco tempo fa delimitati entro i confini dell'innominabile
o dell'inconfessabile, con tutte le possibili forme espressive, mitiche,
simboliche ed evocative. Ed ecco svilupparsi un fenomeno indecifrabile
come Matthew Barney, in cui pornografia, kitch, teatro, trash,
moda e mitopoiesi convivono in uno stesso soggetto attivo e totale,
ma accuratamente evitando il centro, la sostanza dell'"opera" stessa:
la sua intrinseca e formidabile carica fascinatoria. La stessa, primordiale,
immediata, universale, e perciò autentica carica di energia, fatta
di "orgoni" in libertà, che giustifica de re qualsiasi esposizione
della copula in atto.
Pornografi,
o eterni ultramoderni.
Pornosimulacri e pornosimulazioni
La pornografia in rete trasfigura il
sesso, e violentemente aggredisce la sua presunta "normalità"; ed
ecco che le vibrazioni semantiche della pornografia svelano il dato
normativo che sostanzia molti comportamenti. La pornografia denuda
quell'indefinibile aura antisociale e antinormale che in fondo si
cela in ciascuno, è il sesso senza soggetto, privo dell'urto con l'alterità:
virtuale nella sua stessa essenza. L'esplorazione delle possibilità
orgiastiche e delle infinite varianti sessuali contenuta nella pornografia
di fine millennio è lussuria infinitamente simulata e rivestita di
bit, come dimostrano le protagoniste dei manga. Sailor Moon,
eroina dei cartoons giapponesi, è stata creata per un pubblico
infantile; eppure, nonostante il target a cui è destinata, essa esibisce
spesso e volentieri seni enormi, nudi, puntuti, non esattamente "materni".
Ma Sailor Moon è la risposta nipponica a Barbie, la "plastificazione"
della seduzione femminile, circa la quale il sociologo Ivo Germano
osserva che:
Etica ed eros si incrociano curiosamente nel desiderio di possesso e nella volontà di collezionare Barbie, poiché rappresenta il destino individuale del vivere la bella quotidianità, narrazione edonista e narcisista che uccide il mero ossequio al successo e l'angoscia da primato. Barbie ha successo perché è estasi, sguardo oltre l'immagine, trionfo del retinale, vale a dire punto focale dell'impressione talvolta smodata e dell'impatto oggettuale. Si propone come mistero, dal momento che appare bella da toccare, ma soprattutto da vedere e da osservare.[xiv][14]
Con Barbie (che fu commercializzata
nel lontano '57) si annuncia l'era dei simulacri sessuali interamente
virtuali. Da essa discende direttamente Lara Croft, l'intrepida archeologa
digitale, protagonista di mille avventure nelle varie versioni del
videogioco Tomb Raider. Troviamo Lara Croft in versione pruriginosa
e soft-core nel sito www.nuderaider.com, che da solo totalizza
un numero di visitatori superiore a qualsiasi normale sito porno.
In Italia Lara Croft ha ispirato un brano di Eugenio Finardi dedicato
al rapporto fra un uomo e un'eroina virtuale. Il sesso virtuale entra
di prepotenza anche nei versi dei poeti e dei menestrelli del terzo
millennio.
Concedersi alla macchina universale
dell'Internet procura un orgasmo elettromacchinico: aspetto della
sessualità umana che assume la valenza di un fenomeno bio-tecnologico
di nuovo conio. Ed ecco sorgere accanto alle eroine digitali un nuovo
tipo di consumo a metà fra l'oggettuale e il virtuale: la bambola
animatronica pornografica, la perfetta schiava sessuale, contemporaneamente
tangibile e virtuale, acquistabile on line, costruita e tagliata
"su misura" sfogliando il catalogo del sito www.realdoll.com
.[xv][15]
Nonostante le ancora notevoli limitazioni
delle attuali tecnologie, il feticcio orgasmico artificiale, ben adattabile
alle esigenze di ciascun individuo, si è già materializzato in un
automa cibernetico tanto efficiente quanto relativamente poco costoso.
La filosofia di questi stupefacenti costruttori di bambole cibernetiche
di lusso è quella di giungere un giorno alla costruzione di oggetti
sessuali praticamente indistinguibili dagli esseri umani. Ma già le
attuali bambole, rivestite di polimeri che simulano la consistenza
della pelle umana e munite di sofisticatissimi servomeccanismi, sono
imitazioni sorprendenti, sconcertanti, dei più noti simboli del desiderio.
La AbissCreations, società che promuove e pubblicizza Realdoll,
ha anche prodotto un film porno intitolato Realdoll the movie,
in cui famose pornostar lavorano insieme ai manichini. Uno dei link
di Realdoll presenta delle affascinanti Robot girl spogliate
non soltanto degli abiti, ma anche di parti dell'epidermide sintetica,
o prive di arti, cosicché sono ben visibili i circuiti elettronici
e gli endoscheletri bionici. L'occhio elettronico, strumento della
visione che è paragonabile all'occhio composto degli artropodi, a
causa della sua essenza unaria e contemporaneamente molteplice è lo
strumento per eccellenza di uno sguardo di ordine superiore a ogni
altro genere di punto di vista mai inventato dall'uomo. Esso, per
sua stessa natura è indotto a penetrare nei reconditi segreti del
corpo artificiale: una duplice seduzione voyeuristica, poiché il manichino
virtuale sostituisce la carne. Ed ecco che non a caso l'home page
"The mannequin lover's page: sex and thear of the mannequin"
consente di accedere a centinaia di siti che contengono foto di
centinaia di manichini fuori dal comune, sparsi per le vetrine di
tutto il mondo. La via è tracciata, ma è importante aggiungere che
per la prima volta sono i consumatori ad averla spianata. L'Internet
è la via maestra del consumo, di qualsiasi consumo, incluso il più
primitivo ma anche il più desiderato di tutti: il consumo di sesso.
L'antropologo
Bernard Arcand, in un saggio che è un classico degli studi sulla pornografia,
ha opportunamente rilevato che sappiamo molto poco sui consumatori
di feticci erotici. Perciò, la pornografia in rete è una forma di
comunicazione che ostinatamente sfugge a ogni serio controllo. Arcand
nota poi che:
Alle descrizioni dell'individuo moderno
che elabora la sua conoscenza del reale con una facilità che sconcerterebbe
tutti i formalisti, gli studiosi aggiungono che a volte la fuga nel
sogno e nell'immaginario è diventata una condizione pressoché normale
e che la coscienza umana sembra essere stata maggiormente alterata
dalla modernità che da tutti i prodotti allucinogeni disponibili.
[xvi][16]
Corollario
a questa licenza concessa all'individuo è il notevole progresso della
solitudine. Come si sa, le statistiche dimostrano che le società avanzate
accettano un numero sempre maggiore di persone che vivono per conto
proprio, ed è ragionevole ipotizzare una relazione fra il graduale
autoisolamento degli individui e l'offerta di feticci sostitutivi.
La pornografia nel Web incoraggia anche ad esprimere una sessualità svincolata dalla complessità, nonché dalla scoraggiante precarietà affettiva, emozionale delle relazioni interpersonali. Qualsiasi siano le norme morali che regolano una determinata società avanzata, varcando le soglie della pornografia in rete (da questo momento appellata con il termine "teledildonica", ormai di uso comune) esse non reggono più, e al contrario affiorano tendenze segrete, nascoste, inconfessate. Il ventaglio delle potenzialità psichiche si ampia. La teledildonica esibisce caratteristiche psicotrope insolite e inedite. La sua spettralità suggerisce azioni che si consumano in una terra di nessuno, dove, paradossalmente, è sospesa tanto la guerra tra i sessi quanto la comunicazione fra identità sessuate. Cade insomma il gioco dei significati e dei significanti, dei segni e dei denotati, intorno al quale si costruisce tanto l'organizzazione sessuata delle società quanto l'atto poetico e privato della passione sensuale. Non a caso il filosofo Norman O. Brown sosteneva che:
Il coito è poesia caduta, caduta inconsciamente;
le organizzazioni sessuali (tutte) sono metafore; un gioco o azione
reciproca di organi (l'anfimixis di Ferenczi) un gioco sui significati,
un gioco sulle parole.[xvii][17]
Senza dubbio la teledildonica è ben
differente da ogni altra produzione di materiale pornografico. Eppure,
questa differenza non è così evidente a prima vista. Si tende a concepire
la teledildonica come uno sviluppo quantitativo del già esistente.
Ad esempio, il Terzo Rapporto Eurispes sulla pornografia, in tema
di consumi virtuali si ferma alle hot-lines o poco più. Il
rapporto è del 1993, ed è dunque datato, ma chi ha vissuto la storia
dell'espansione dell'Internet sa bene che il fenomeno fu presente
fin dagli esordi, ed era stato preceduto da alcune avvisaglie, soprattutto
in Francia, grazie al Videotel. Sul Videotel, trasformato dagli utenti
in messaggeria erotica, esistono studi approfonditi; ma sul consumo
(e sulla produzione) del sesso interamente virtuale ci si deve accontentare
di lavori che focalizzano una sfaccettatura fra le tante: ad esempio
il problema della pedofilia.[xviii][18]
Gli antropologi sono ben consapevoli
della relatività delle valutazioni normative in materia di etica sessuale,
ma è anche vero che gran parte della letteratura etnografica studia
usi e costumi di realtà sociale che in certa misura possono essere
circoscritte. Ad esempio, è noto che i Sambia della Nuova Guinea
praticano la pedofilia omosessuale. Agli occhi dell'occidentale medio
in pratica i Sambia coltivano l'elevazione a potenza di alcuni aspetti
della sessualità che il senso comune della nostra e di altre società
ritiene immondi e nefandi. Eppure, queste attività sono o per meglio
dire erano considerate dai Sambia inerenti al culto della virilità.
Fra i Sambia la fellatio è esclusivamente praticata dai fanciulli
puberi agli anziani; essa non è considerata un comportamento omosessuale,
bensì un modo per accrescere la propria incerta virilità. Fra gli
studiosi è diffusa l'opinione che la rappresentazione della virilità
(e perciò anche la sua violazione omoerotica o perfino pedofila) sia
una creazione psichica e culturale, dunque in buona misura artificiale.
Il suo opposto dialettico è ciò che la femminista storica Betty Freeman
definì negli anni '60 la "mistica della femminilità". In realtà, la
visione ideologizzata del rapporto fra i sessi può poggiare su presupposti
ben più solidi. Alcuni sociobiologi (Hrdy Blaffer, 1980; Hrdy Blaffer
2000) sostengono che la violenza fra i sessi (e anche fra i membri
di ciascun sesso) potrebbe essere il prodotto di una coevoluzione
del maschio e della femmina umani. Sarah Hrdy Blaffer sostiene ad
esempio che moduli comportamentali aggressivi e competitivi intraspecifici
si manifestano ovunque sia fra i sessi che tra i membri dello stesso
sesso, con modalità comportamentali diversificate per ciascun sesso,
ma funzionalmente analoghe. Lo scopo ultimo di tanta competizione
risiede nella ricerca del successo riproduttivo individuale, che è
un impulso tanto maschile quanto femminile.[xix][19]
Se ciò è vero, potrebbe forse esistere
una relazione fra la pedofilia e l'aggressività espressa fra i membri
dello stesso sesso, specialmente se appartenenti a classi di età differenti.
La pedofilia potrebbe anche interpretata come una forma vestigiale
di aggressività tesa all'eliminazione della prole altrui. Può essere
utile ricordare che alcuni studiosi hanno notato che le civiltà passate
o presenti in cui è diffusa questa pratica sessuale si associano a
modelli culturali maschili particolarmente violenti e competitivi.
Per esempio, Gilmore ritiene che esiste una forte correlazione fra
una vita ricca di rischi e povera di risorse e l'insorgenza del culto
della mascolinità. Popolazioni che vivono in territori inospitali
o poveri di risorse tendono a instaurare modelli mascolini estremizzati
e sovente associati ad attenzioni sessuali rivolte a maschi prepuberi.
Sembra infatti che l'instaurazione di simili modelli sia in qualche
modo economica e funzionale, in una società che deve lottare contro
la penuria dei mezzi, contro una natura ostile o contro altre società
confinanti organizzate e aggressive.[xx][20]
Se così fosse, come spiegare la vistosa
diffusione della pedofilia in una società come la nostra, che tutto
è fuorché priva di mezzi? Che dire delle società avanzate europee
in cui si è sviluppato un forte stereotipo maschile? George Mosse
ha individuato una profonda relazione fra mascolinità e violenza,
elementi della personalità che in Europa furono coltivati con accanimento
tanto dagli arditi futuristi quanto dai socialdemocratici della Repubblica
di Weimar, tanto nel regime di Stalin quanto nella Germania nazionalsocialista
di Hitler. Mosse ha osservato che la presenza di uno stereotipo maschile
particolarmente esaltato implica una può o meno velata negazione della
relazione binaria fra i sessi (MOSSE, 1996, 179 e sgg.).[xxi][21]
Vediamo ora come queste considerazioni
possono essere applicate al mondo dell'Internet. Innanzi tutto, nel
Web il confine fra commercio sessuale e pornografia non è evidente.
L'Autorità giudiziaria dei paesi democratici intervenire soltanto
in difesa dei minori. Lo sfruttamento sessuale dei minori è un crimine
terribile ma casi del genere, consumati attraverso le risorse della
rete, diventano in realtà tristemente noti perché essi catalizzano
l'attenzione della stampa e dei telegiornali. La pedofilia è certamente
un tema sconcertante e scottante, anzi francamente disgustoso, ma
ciò accade proprio perché mai come al giorno d'oggi il mondo "esterno",
"reale", "tangibile", il mondo dove si consumano queste e altre tragedie
umane richiede con insistenza la definizione di limiti sessuali invalicabili,
e il bisogno sempre più urgente di difendere l'infanzia implica che
essa è ormai il punto di convergenza dei parametri che devono definire
questi stessi limiti. L'ansia
della definizione dei limiti è però un prodotto ovvio del tramonto
della possibilità stessa di imporre limiti, e questa capitolazione
delle barriere interiorizzate deriva a sua volta dalle risorse e dalle
disponibilità della condizione connettiva.
Confini della teledildonica
In una siffatta e mutata percezione
della sessualità è ancora lecito parlare della proiezione psichica,
etologica, comportamentale di un sesso sul sesso opposto e complementare?
Studiando la pornografia tradizionale, fotografica e filmografia,
Robert Stoller ha notato che la complessità di questo fenomeno è quasi
illimitata, e si ispessisce con l'aumentare dei punti di vista.[xxii][22] Esattamente quanto avviene
nel Web.
La teledildonica riesce a corrodere
ogni procedura statistica, la sua presenza nega la formulazione di
dati generalizzabili e quindi impedisce di fatto l'instaurazione di
un numero ampio quanto si vuole ma comunque limitato di punti di vista.
Il Web restituisce tanti punti di vista quanti sono i suoi membri:
vale a dire un numero indefinito, dove un punto di vista vale l'altro.
Come ha autorevolmente sostenuto James Bailey, il Web è quello spazio
topologico insondabile che può essere interpretato soltanto ricorrendo
alle intermatematiche, ovvero calcoli non lineari che possono essere
gestiti soltanto dai computer paralleli, ma i cui risultati restano
nondimeno imperscrutabili e non analizzabili con i vecchi strumenti
della logica sequenziale. [xxiii][23] Vediamo alcune cifre.
Quanti sono i siti porno in Internet?
Venire a capo di una domanda apparentemente così semplice è di fatto
impossibile. La stima precisa è impedita da diversi fattori. Il Web
è in tumultuosa espansione. Ogni giorno si aprono nuovi siti. I dati
dei motori di ricerca non coincidono mai e non coincidono neppure
quelli forniti da ciascun motore di ricerca. Alcuni portali molto
frequentati hanno da tempo limitato i campi e gli accessi ai siti,
ma è una strategia senza sbocchi.
Infatti, le parole chiave per accedere
a domini pornografici registrati come tali sono una cinquantina circa,
ma è ormai ben noto che la struttura ipertestuale del Web trasforma
ogni categoria in un elemento di un modello non lineare di catene
semantiche. George P. Landow ha chiarito che la comunicazione ipertestuale
fornisce un sistema infinitamente "rientrabile", il cui punto di focalizzazione
provvisorio dipende dall'utente del Web, che diventa in tutti i sensi
il vero "protagonista" dell'evento.[xxiv][24] In altri termini, e come ognuno
sa, lavorando con i motori di ricerca e utilizzando gli operatori
booleani è possibile restringere o estendere il campo delle connessioni
semantiche praticamente all'infinito. Nessuno è in grado di immaginare
il numero di insiemi che si può ottenere partendo da cinquanta categorie
e da tre operatori logici. Il numero è infatti astronomico. Se le
categorie sono decine di migliaia la quantità di combinazioni logiche,
quantunque finita, è però sterminata e praticamente non numerabile.
Quindi, ogni tentativo di limitare il campo semantico si traduce immediatamente
in una perdita di informazione. In altri termini, i portali che adottano
questa strategia perdono clienti.
Altro aspetto della questione: quanti collegamenti capitalizza
un sito pornografico medio? Anche in questo caso è inutile inseguire
la precisione; però il numero è enorme. Come si sa, molti siti pubblicizzano
la quantità di collegamenti ottenuti e i siti pornografici non fanno
eccezione. Comunque, la media apparente si aggira fra i ventimila
e i centomila collegamenti nell'arco di un trimestre. Esistono siti
porno che orgogliosamente annunciano di avere capitalizzato trecento,
quattrocentomila e perfino mezzo milione di collegamenti nello stesso
intervallo di tempo. Ma se è vero che in rete non si perde neanche
la più insignificante delle tracce elettroniche è anche vero che nessuno
si prende la briga di controllare le cifre di un mercato che per sua
stessa natura si colloca ai margini del sistema di scambio. In ogni
caso, una media molto prudente, anzi decisamente avara, suggerisce
che un sito porno di normale caratura capitalizzi dai tre ai cinquemila
collegamenti quotidiani. Per immaginare il volume del movimento che
coinvolge i produttori e i consumatori di teledildonica occorrerebbe
moltiplicare la quantità media di siti esistenti al momento (nell'istante
che corrisponde al momento presente di chi legge questo scritto) per
il numero medio di collegamenti quotidiani. In seguito si potrebbe
replicare questo calcolo a intervalli regolari, allo scopo di disegnare
una curva in grado di illustrare l'incremento o il decremento di interesse
rivolto a questo genere di consumo. Chi può assumersi questo compito?
Risposta: nessuno. Tutto quello che si sa è che lo scambio di pornobit
misura oggi un volume assolutamente impressionante, e continuerà a
crescere.
Terza incognita: quali sono i soggetti economici attivi nel
mondo della teledildonica? Si sa che la stragrande maggioranza dei
siti è a pagamento. Nonostante questa limitazione l'offerta hard
core senza filtri è egualmente rilevante. Infatti, un sistema
informazionale strutturalmente competitivo qual è l'Internet impone
un'offerta di materiale allettante, convincente, seducente, coinvolgente.
Perciò, ogni sito porno offre un "tour" gratuito, decisamente senza
veli. E lo offre rapidamente, perché il mouse è veloce e la pazienza
dell'utente è sempre scarsa. Perciò ogni "impresa" deve saper presentare
una "buona" esposizione della mercanzia. Ciò suggerisce alcune riflessioni
di natura estetica. I siti porno esibiscono non di rado una grafica
veramente accattivante, pur nella limitata gamma di possibilità dell'html;
una grafica che è spesso eccellente, in alcuni casi addirittura straordinaria,
anche se si deve registrare una certa ripetitività dello stile, forse
dipendente dalla necessità di connotare la specificità del consumo
sessuale, distinguendolo a colpo d'occhio dagli altri eterogenei consumi
on line.
I siti porno sono insomma delle perfette "vetrine", sia pure
virtuali. Però, spesso la brutalità delle immagini prevale su tutto,
e il messaggio è affidato alla forza d'attrazione del feticcio pornografico
preso nella sua cruda essenza. La teledildonica è in realtà un colossale
business, con altissimi profitti e bassissimi costi.
Altro quesito: qual è la maggiore voce nel bilancio di queste
imprese? Basta un semplice ragionamento per capire che essa non riguarda
la produzione di materiale pornografico. Quest'ultimo, anche senza
nulla dire dell'ovvio fenomeno della clonazione di immagini) in realtà
ormai si produce quasi esclusivamente da sé. La produzione di pornografia
è un fenomeno di massa diffuso nel costume, e la rete consente a chiunque
tanto di "attingere" quanto di "riversare" nel Web ciò che si vuole.
Dopodiché il sistema si incarica di clonare all'infinito il prodotto.
Il costo maggiore, ma in ogni caso molto basso, risiede invece nella
creazione di un sito capace di catturare l'esigentissimo occhio del
televouyeur. Il costo maggiore è in fondo l'hardware, l'insieme delle
e impiegate. Hardware e software di poco prezzo. Nient'altro.
In cifre qualche migliaio di dollari. Un affare per chiunque.
Questa guerra a colpi di mouse ha creato delle vere e proprie
reti commerciali di sesso ipertestuale: l'ipertesto lascia il campo
all'ipersesso. I migliori e più visitati siti porno sono in realtà
link di veri e propri network topologicamente strutturati in forme
radiali, circolari o multipunto. Poiché la registrazione dei domini
è libera, e dal momento che registrare un dominio costa pochi dollari,
sorge il forte sospetto che le centinaia di migliaia di domini porno
registrati finora facciano capo a poche organizzazioni. Non stupirebbe
se queste stesse organizzazioni risultassero parallele e perfino organiche
ai grandi traffici del crimine organizzato. Un capitolo a parte dovrebbe
essere dedicato al singolare rapporto fra gli hacker e la diffusione
della teledildonica, ma anche una dettagliata analisi di un fenomeno
carsico qual è l'hackeraggio non modificherebbe di una virgola il
nucleo del mutamento in atto: la forza psicodinamica del Web crea
le condizioni per l'emersione collettiva, globale e totale di tutte
le manifestazioni della sessualità umana.
Nella complessa e stratificata arena teledildonica esiste una
gerarchia di azioni che varia dal Real video dell'utente esibizionista
alla rete di home pages delle coppie scambiste, fino alle chat
su ogni argomento contestuale. Nel Web, come è noto, non esiste la
possibilità di elevare un confine insuperabile. Le barriere, se ci
sono, sono sempre valicabili. Questo asserto è tanto più vero nel
caso della teledildonica, dal momento che, se è ovvio che il Web è
globale e mondiale, non altrettanto si può dire delle normative che
in ciascun paese regolano il consumo di materiale pornografico e che
definiscono il confine della liceità. Esistono stati che non riconoscono
trattati di reciprocità e che quindi possono permettersi gradi di
libertà altrimenti inconcepibili perfino nel permissivo mondo occidentale.
Chi ha esperienza dell'Internet sa bene di cosa si parla.
Proiezioni pornopsichiche
Quale, dunque, l'effetto di un massiccio
consumo di icone sessuali? La dipendenza dal sesso virtuale deve in
primo luogo e necessariamente orientare parte dell'interesse verso
forme vicarie di sessualità. La necessità di intessere uno scambio
corporeo, ma anche simbolico, con una o più persone fisiche viene
notevolmente ridimensionata, se non, in alcuni casi, totalmente azzerata.
Si assiste in presa diretta alla dinamica inversione di quell'ipotesi,
tuttora in voga, secondo la quale la centralità attribuita al sesso
nelle società occidentali o occidentalizzante è un prodotto della
trasformazione dell'intimità che si è verificato e continua a verificarsi
in ragione della progressiva emancipazione femminile. L'ingresso delle
donne nella sfera pubblica produrrebbe una costante rinegoziazione
dei limiti della repressione istituzionale.[xxv][25] L'avvento della Rete liquefa
le già fragili fondamenta di questo schema socio-politico, poiché
nel Web la sola negoziazione che abbia un senso è quella che si verifica
fra i protocolli di scambio, cioè sul piano operativo, non contenutistico.
Ogni altra forma di scambio simbolico è invece necessariamente frammentaria
e caotica.
Ecco un'applicazione sensoriale del
cosiddetto "rasoio di Ockham": il sesso online promette la massima
gamma di sollecitazioni col minimo sforzo possibile. Il consumo
quotidiano di pornobit è in primo luogo massa di informazioni in perpetuo
movimento, da un capo all'altro del globo. Ma informazioni indifferenziate,
o quasi. La qualità è infatti un dato trascurabile, mentre spicca
la quantità, cioè la massa. Il consumatore di pornobit è un anonimo
individuo, ma posto nella condizione di proiettare le sue fantasie
potenzialmente su tutta l'umanità. Potenzialmente. Ovunque esista
un'esposizione sessuale là può prima o poi poggiarsi l'occhio libidinoso
del cybervoyeur.
L'avvento e la diffusione dell'Internet
ha modificato e forse in buona parte eliminato la contestualizzazione
del messaggio; condizione, quest'ultima, che non è mai del tutto assente
in qualsiasi altro medium. Inserire qualcosa o qualcuno in
un contesto significa de-limitare il contesto, ovvero produrre, proporre,
inventare una cornice di riferimento. Significa anche limitare il
contenuto informativo del messaggio, almeno in linea di principio.
Al contrario, nel Web il solo limite è dettato dal proprio desiderio,
almeno fin quando le legislazioni dei paesi democratici si dimostreranno
liberali su questo genere di consumi.
In ogni caso, la volontà di potenza
del cybervoyeur può oggi esprimersi senza quasi incontrare
ostacoli. Così, per ogni maschio latino in pectore tutte le
donne diventano conquiste certe, per il gay tutti i bei modelli saranno
immediatamente disponibili. Analogamente, il potenziale aguzzino,
il coprofilo, il masochista, l'insospettabile pedofilo nuoteranno
in un oceano di possibilità, e senza alcuna apparente mediazione.
Cosicché, si può ben dire che in quest'ottica il Web dimostra di essere
l'antitesi di un medium. Non ponendo filtri il Web non produce
strutture del senso, non prevede né introduce codici di accesso al
messaggio. Osservato da questo punto di vista l'oggetto teledildonico
non è più un feticcio fantastico più o meno affascinante, ma è piuttosto
la forma che in ciascuno assume il vincolo della pulsione sessuale.
In condizioni normali la scarica del desiderio impone il riconoscimento
di una relazione sottoposta a vincoli semantici e negoziata fra identità
polarizzate. Una polarizzazione che vale anche nei legami omosessuali,
ma che predomina nelle relazioni eterosessuali, laddove la forma metafisica
del genere riveste la sostanza del dimorfismo sessuale.
Ora, se l'escalation del desiderio,
dell'eccitazione e della scarica è per sua natura soggetta a un andamento
ciclico che segue anche le peculiarità del quadro ormonale di ciascun
individuo, tuttavia è anche noto che i sessi vivono una siffatta ciclicità
seguendo ritmi che, sebbene siano differenti, sono nondimeno abbastanza
sintonizzati.[xxvi][26] Il dato fisiologico non è irrilevante,
anche perché negli esseri umani il legame sessuale è funzionale almeno
in parte (se non in massima parte) a una serie di attività sociali
filogeneticamente impresse nella specie. Inoltre, le relazioni fra
i sessi non possono prescindere dal contatto fisico, come dimostra
in questo campo l'importanza della comunicazione olfattiva, studiata
soltanto da qualche decennio. [xxvii][27]
Come si sa, gli etologi hanno più volte
richiamato l'attenzione sul fatto che la sessualità umana non soggiace
alla ciclicità dell'estro, ed è stato anche ipotizzato che il desiderio
sessuale (e la sua scarica) ha assunto la funzione vicaria di cementare
i rapporti fra il padre e la madre, poiché entrambe le figure sono
(o erano) necessarie a causa del prolungamento delle cure parentali.
Dunque, nella specie umana il sesso riconcilia le parti, costruire
le basi per una solida affettività, appiana i contrasti, almeno momentaneamente.
Bei Nacht zu Get bei Tog zu
Bet, afferma un proverbio yìddish.
Se non fosse esistito il particolarissimo
adattamento filogenetico che ha reso possibile e necessario l'erotismo,
il conflitto fra i sessi sarebbe esploso da decine di migliaia di
anni. La sessualità umana è quindi anche una efficiente valvola omeostatica,
cioè un meccanismo regolatore in grado di ricondurre le tensioni interne
a un gruppo nel più pacato e proficuo alveo delle forme di scambio
di beni e di servizi fra due o più partner. Ed è inoltre plausibile
ritenere che soltanto un così potente vincolo primordiale ha poi,
in un secondo tempo, conferito senso alla varietà strutturale dello
scambio sessuale presente fra i vari popoli, e ha prodotto quell'inesauribile
pluralità dei legami familiari che contribuisce a distinguere fra
loro le culture.
La teledildonica ha per la prima volta
e drasticamente infranto i presupposti di ogni tipo di vincolo sessuale.
E qui è la novità. L'Internet è il primo, autentico dispositivo di
distanziazione totale, nel senso che in linea di principio, ma anche
nei fatti, esso può essere così autosufficiente da ridurre al minimo
o perfino da annullare la necessità del contatto diretto fra le parti.
Ogni altro medium, compresa la stampa, richiede che alcuni
membri della catena comunicazionale debbano interagire intensamente.
Si sa che quando le persone interagiscono l'erotismo è sempre in agguato.
Ed è la seduzione che ripristina l'equilibrio infranto dai dispositivi
di distanziazione. Il Web ha per la prima volta e forse definitivamente
alterato questo di già incerto equilibrio. Il consumo maschile di
pornografia (secondo le stime la parte preponderante del consumo di
pornobit) in tutte le sue varianti, si configura come una sottrazione
di potere: il potere dell'attrazione sessuale, della desiderabilità
dell'oggetto sessuale: in una parola il potere della seduzione. Forse
hanno ragione Andrea Dworkin e Katherine McKinnon, esponenti di spicco
del pensiero femminista radicale: a loro giudizio la sessualità maschile
è intrinsecamente sadica e pornografica, laddove i due termini dell'espressione,
"sadismo" e "pornografia", sono considerati elementi di un binomio
indissolubile.[xxviii][28] Ma questa affermazione è vera
soltanto nel contesto attuale, quello squadernato dalla pornotropia
della teledildonica: espressione multipla della sessualità nella condizione
connettiva.
La teledildonica, in potenza, sprigiona
dunque un campo di energia sessuale in grado di annullare la forza
di attrazione che giustifica la predisposizione ai legami sociali,
o la sua negazione, e sulla quale, oltretutto, l'universo femminile
si è trovato a costruire/subire il suo diritto/accesso ai ruoli in
cui storicamente è stato relegato, ed è tuttora relegato, nonostante
le grandi mutazioni intervenute nelle società occidentali da un trentennio
a questa parte.
La teledildonica è un'offerta costante
di sconfinati orizzonti sessuali, è un nuovo West dell'immaginazione
ove consumare indisturbati ogni libidine, è la terra promessa del
principio del piacere, è interazione simbolica al livello degli istinti,
è orgasmica "incorporazione" nello schema elettronico globale.
Il medium è il corpo.
Il sistema simbolico è superato; la decostruzione di un testo non
ha più alcun senso perché in questo fondamentale ambito della percezione
umana non c'è più il testo.
Questo "incorporarsi", nella
teledildonica si manifesta sotto la specie dell'accesso all'espressione
di tutte le possibili e concepibili situazioni sessuali, in totale
assenza di mediazioni simboliche testuali, sia pure nascoste nel
sotterraneo tessuto narrativo che sorregge la decodifica di tutte
le icone. Ciò non soltanto entra in conflitto con la realtà istituzionale
dei canoni sessuali "medi" stabiliti, il che è ovvio e banale; ma
addirittura destina all'inessenza tutti i cimenti teorici che esprimono
giudizi e valutazioni sulla natura storica dei generi.
In altre parole, l'immaginario
teledildonico sembra dotato di tanta forza da sottrarsi alla sfera
delle decisioni politiche. La critica femminista, salvo alcune eccezioni,
è concorde sul fatto che la pornografia mistifica un fondamentale
ricatto sessuale, una violenza più o meno esplicita sulla donna e
un sostanziale controllo dell'accesso alla sessualità femminile. Concludendo
un'accurata indagine sulle tesi femministe in tema di pornografia
Pietro Adamo scrive che:
L'immaginario pornografico pare quindi sanzionare un'immagine generica della donna che la descrive in termini di esclusiva subordinazione sessuale all'uomo, privandola di personalità e autonomia. Il problema è se tale sanzione sia o no legittima nell'ambito della società complessa. [xxix][29]
Ma è stato posto il dito sulla piaga?
Occorre dubitarne.[xxx][30]
Lo studio dell'etologia umana dimostra
che sotto le pressioni sociali, economiche, storiche e naturali che
incarnano la processione delle culture esiste una piattaforma genetica
che predispone la specie a una limitata varietà di comportamenti.
Una varietà profondamente strutturata, che a sua volta si esprime
all'interno di schemi complementari ben definiti, filogeneticamente
impressi. Escludere questa realtà produce un insieme di visioni interessanti
ma parziali, che tendono a omettere il complesso scambio che si instaura
fra comportamenti, disposizioni psicofisiche geneticamente trasmesse,
ambiente, modificazioni ambientali, conseguenti trasformazioni comportamentali
e ulteriore selezione genetica.[xxxi][31] L'eminente etologo Irenäus
Eibl-Eibesfeldt, a questo proposito, ha più volte richiamato l'attenzione
sull'importanza delle predisposizioni biologiche che sottendono la
varietà dei comportamenti sessuali umani.[xxxii][32] Del resto, già la Mead, circa
mezzo secolo fa, intuì che i comportamenti sessuali umani, per quanto
variabili, sono però un prodotto complesso e geneticamente strutturato
dall'interazione fra la specie e dall'ambiente.[xxxiii][33] In ogni caso gli apporti dell'antropologia
e dell'etologia potrebbero oggi servire ad approfondire quanto segue:
l'universo sessuale tecnotronico è esattamente quel che gli etologi
definiscono con il termine "ambiente". Il fatto che esso sia artificiale,
e in una misura quasi inconcepibile, non modifica la sua potenza di
impatto né l'eventuale stratificazione dei suoi effetti.
La teledildonica sta rapidamente creando
un ambiente erotico di nuova concezione. Questo è un fatto. Resta
da chiarire se il sesso in rete produca già nei suoi primi passi radicali
trasformazioni nei comportamenti sessuali di coloro che ne vengono
a contatto. Ecco un elenco di domande: quale tipo di semplificazione
psicosensoriale avviene in Internet? Quali sensi sono maggiormente
sollecitati? In che misura il caratteristico flusso di pornobit determina
risposte appropriate? Esiste un meccanismo pavloviano di stimolo-risposta
connesso al consumo di pornobit? In che modo e in quale misura il
consumo massiccio di sesso virtuale influenza la produzione di amine
cerebrali? E da un altro punto di vista, il sesso online a
che tipo di psicodinamica soggiace? Che tipo di esperienze fornisce?
Forse la teledildonica crea le premesse
per una generale indistinzione delle esperienze sessuali; è plausibile.
L'indifferenziato applicato al sesso, la moltiplicazione esponenziale
delle varianti e dei gusti sessuali, nonché dei ruoli, ha il duplice
scopo di eliminare alla radice il solo elemento di distinzione binaria
che in virtù della sua intrinseca complementarietà ha uno scopo fondamentale
e vitale. In tutte le mitologie e in tutte le religioni storiche la
creazione dei due sessi è avvertita come la prima forma di differenziazione,
quindi di individuazione. Si ha un ben dire che i sessi sono perciò
nemici eterni; resta il fatto che, anche da un punto di vista puramente
biologico, è la sessualità che garantisce la differenziazione, allontanando
lo spettro dell'indifferenziazione e del conflitto che essa alimenta.
La nostra epoca affina da tempo gli
strumenti sociali, politici, ideologici e tecnologici atti a offuscare
e infine a eliminare alla radice questa originaria differenza. E lo
fa adottando due sistemi apparentemente non comunicanti: da una parte
promuove l'indifferenziazione dei ruoli, dall'altra si adopera con
ogni mezzo affinché si realizzi una rapida e inarrestabile proliferazione
dei generi e delle identità sessuali. Le rivendicazioni avanzate dal
partito trasversale dei transgenderisti, le aspettative della chirurgia
plastica, i mirabili risultati dell'ingegneria genetica e di ogni
altra tecnica applicata alla sfera della sessualità, sono tutte attuazioni
dello stesso piano mimetico. Sono infatti strumenti intellettuali,
politici, medici e scientifici che generano conflittualità, che esasperano
il meccanismo della proliferazione delle differenze indifferenti.
In realtà, la moltiplicazione di incerte
differenziazioni produce l'indifferenziazione. Questa, in un primo
momento, provoca per sua stessa natura una generale, diffusa imperturbabilità,
un deciso distacco emotivo che si incarna nel luogo comune che afferma
senza tentennamenti che ciascuno deve essere libero di fare quel che
crede, di sentirsi come crede, di essere ciò che vuole. Il
che, però, apre la via all'instaurazione globale, totale, imposta
ovunque e su tutti, di quel doppio vincolo mimetico che Bateson pone
all'origine della schizofrenia e, in generale, di ogni disagio psichico
individuale e collettivo.[xxxiv][34]
L'indifferenziazione elimina
le discontinuità, è vero. Ma è anche vero che soltanto le discontinuità
consentono agli individui di orientarsi e di interagire positivamente
con il mondo. Sostituiamo le differenze con masse di elementi indifferenziati,
permutanti, incerti, e otterremo ciò che Bateson, sulla scorta della
teoria dei tipi logici di Russell, poneva all'origine del collasso
psichico. Ora, se è evidente che quelle appena menzionate sono alcune
fra le ideologie e fra le pratiche tecnologiche rivolte alla dissoluzione
del dimorfismo sessuale, è anche chiaro che l'Internet costituisce
il mezzo di diffusione e di capillare penetrazione psicologica di
queste stesse idee. Esso traduce un disegno criptico, evidentemente
elitario, in una somma di esperienze, in un'assuefazione all'in-differenza
sessuale: preludio necessario alla disgregazione dell'unica, vera
e ancorché vitale differenza fra gli esseri umani.
La teledildonica certamente sollecita
sensazioni che si differenziano non poco da quelle create in contesti
meno artificiali. La vista si associa alla manipolazione virtuale
delle icone e dei comandi, e queste sprigionano richieste che fanno
sempre avanzare di un passo la linea di confine tra l'immaginazione
e la realtà.
E siamo solo ai primi passi. Chi può
dire cosa accadrà nella più intima costituzione umana quando avremo
a disposizioni bozzoli sessuali tecnotronici totalmente interattivi?
L'idea che spira in questo breve scritto
è più e contemporaneamente è meno di un'ipotesi. Nelle cosiddette
"civiltà avanzate" da vari decenni gli esseri umani non sono più dei
procacciatori di cibo o di riparo. Essi sono ancora spinti o indotti
a procacciarsi il sesso? La relazione col cibo si è tradotta in una
realtà simbolica, al punto che da almeno tre generazioni l'appetito
non viene certo mangiando, ma "guardando". La stessa mutazione interessa
oggi il sesso? Certo, l'alternativa prelude all'alternanza
degli appetiti, e subito dopo all'alternanza ondivaga dei sessi medesimi.
Ha ragione Martine Rothblatt quando afferma che:
La tecnologia ci ha resi trans-genere. La tecnologia ha cambiato la società in forme che scorporano il genere dalla genialità. Ne consegue che la società può liberare il genere dagli stereotipi genitali così come la biologia ha liberato l'intimità dai cicli dell'estro. [xxxv][35]
La tecnologia pone le basi del passaggio
da un sesso all'altro, ma per quanto lo si possa desiderare essa non
consente un "pondolarismo" da un sesso all'altro. Le basi psicologiche
della polarità sessuale formano la struttura della tensione sessuale,
e in definitiva la possibilità stessa del desiderio. Ma tutto ciò
è vero se si è ancora "corpi fisici". Proviamo ad eliminare la fisicità
dell'atto e la fisicità delle sue premesse. Trasformiamo il gioco
fra i sessi, fra i mille sessi concepibili, in un gioco fra corpi
eterici in movimento nel metaverso. Ed otterremo anche in questo caso
qualcosa di nuovo, qualcosa di meraviglioso, o forse di terribile.
O forse entrambe le cose. Ancora qualche decennio e lo sapremo.