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Immagine 1Ascoltare le intenzioni degli artisti: è questo uno dei compiti dell'Estetica.

In occasione della presentazione della nuova mostra di Anne e Patrick Poirier "Ombre silenziose", presso la Galleria d'arte G7 di Bologna, ho avuto l'occasione di incontrarli e di porre loro alcune domande. Fondamentali per capire il loro personale approccio alla propria arte ed interessanti per cercare di addentrarci nelle loro costanti di fondo, nella loro poetica. Queste costanti sono alla base del loro desiderio di "fare arte". Come si sono manifestate durante gli anni di attività artistica?

Cerchiamo quindi, attraverso le domande, di "ricostruire" le motivazioni - direi proprio "i perché" - che hanno portato i Poirier a produrre arte. Cerchiamo di capire quali sono le linee fondamentali che hanno seguito, quale è stata la spinta che li ha sorretti in tutti questi anni di produzione artistica e - molto "semplicisticamente" - cosa  li ha fatti "decidere di diventare artisti".

SB: La vostra esperienza artistica nasce fin da subito come coppia. Vi definite con un solo cognome, mentre troviamo spesso i due nomi uniti da una & commerciale. E' il contrario dell'Artista genio e solitario; è un tentativo di rappresentare un legame "societario"?

Anne: Questo senz'altro no. Una cosa molto unita sì, molto stretta. Però non ha niente a che vedere con qc di commerciale.

Patrick: Noi scriviamo sempre con il francese "et" e poi, non so com'è ma in ogni Paese, scrivono come vogliono. In Inghilterra mettono "&", in Germania "und", in Italia la "e" normale. Noi non abbiamo mai detto qualcosa perché a me piace cambiare il nome. Il nome prende sempre il sapore del Paese.

Anne: Anche per i titoli dei lavori, alle volte li cambiamo, a seconda del Paese dove li esponiamo.

SB: Quindi uno stretto legame.

Anne: Sì, uno stretto legame, ma non nel senso di una Società.

SB: Questa intervista è necessariamente caratterizzata dalla "velocità" poiché è in corso l'allestimento della vostra mostra! Per andare immediatamente al "cuore" della vostra produzione artistica e della vostra poetica potremmo provare ad analizzare le linee-guida, le costanti fondamentali che compaiono nei vostri lavori, pur così diversi tra di loro, sia come aspetto esteriore, sia come mezzo linguistico utilizzato, sia come materiale adoperato. Queste costanti si intrecciano in continuazione; vediamole brevemente, col vostro aiuto, una per una. Questa, in effetti, è una necessità, per potersi avvicinare al vostro lavoro, per renderlo più facilmente comprensibile, soprattutto a chi è da poco che frequenta il mondo dell'arte contemporanea e lo trova difficile da capire. Esse sono: Memoria culturale, Ignoranza, Tolleranza, Assenza, Fragile Equilibrio, Effimero, Rovine e Macerie, Oggetti perduti e spezzati, Fragilità della Natura, Memoria plurima dell'uomo occidentale, Deterioramento ed Oblio.

Anne: Sì, sono temi tutti legati. Per noi è tutta la stessa cosa, ogni cosa che Lei ha sottolineato fa parte di un discorso globale. se c'è un discorso nel nostro lavoro! Cosa di cui io non sono sicura. Quindi, se c'è un discorso, è un discorso globale che parla sia della fragilità, che delle rovine, che della fragilità della natura. Tutto questo fa parte dello stessa situazione.

SB: quindi potremmo dire che la vostra preoccupazione fondamentale è quella della Fragilità.

Immagine 2
Patrick: Io direi che il nostro lavoro non è un'idea, è un discorso profondo. Per noi le cose più importanti sono le radici della nostra infanzia. Siamo nati durante la guerra e dunque abbiamo sperimentato la fragilità della storia e quando abbiamo potuto esprimerla l'abbiamo fatto. Quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, abbiamo fatto dei viaggi, ed abbiamo conosciuto delle culture che spesso erano scomparse. Tutto è nato così e veramente non abbiamo avuto neanche l'idea di cambiare questa linea perché è dentro di noi. E' una cosa naturale per noi. E poi si verifica che la fragilità del mondo e delle culture è presente ogni giorno e dunque è una cosa che noi proviamo ad approfondire. In ogni lavoro cerchiamo di approfondirlo. Per noi è un discorso fascinoso. Così possiamo portare avanti questo discorso, ogni lavoro nuovo è una nuova esperienza, sempre sulla fragilità.

Anne: Io penso che l'idea fondamentale di tutto, quella che sorregge tutte le altre, sia la Fragilità.

SB: Il recupero del passato e la memoria mi sembra non siano mai nostalgici, mai neanche evocativi di qualcosa che è stato ma che siano sempre molto attuali, una sorta di passato-per-il-presente. Cosa dite in proposito?

Anne: Io penso che questa sia una cosa molto giusta, mi sembra molto giusta. Il nostro lavoro sul passato è una metafora, anche quando usiamo le rovine - anche se hanno una poetica enorme - non è per ammirazione delle rovine stesse. Soprattutto esse ci dicono qualcosa di concreto: la "sparizione" delle culture, dell'architettura, del sapere. La rovina non è intesa da noi in maniera "romantica". La rovina la si ritrova lungo tutta la storia ma ci riporta al presente. Per noi è il presente ad essere importante e purtroppo abbiamo visto anche nel presente recente cosa è successo! E' stato sempre così per noi. L'amore per il passato non è mai amore nostalgico per il passato.

SB: Come avete scelto i materiali ed i mezzi linguistici (fotografia, scrittura, materiali pesanti, installazioni etc.) del vostro lavoro? In base a quali criteri li avete scelti e come siete sempre riusciti ad essere coerenti con voi stessi?

Immagine 3Patrick: Ogni lavoro ci apre una nuova porta, non vogliamo essere costretti ad utilizzare sempre gli stessi materiali. Dopo 30 anni di lavori, torniamo sempre a certi materiali che ci sono più vicini. Ci piace molto anche l'utilizzo del colore. Il nostro lavoro si avvicina molto all'idea del colore. I neri profondi, il rosso intenso, colore del sangue.

Anne: Abbiamo usato molti materiali, per esempio il carbone, e non era per le sue qualità estetiche ma era perché esprimeva sia l'idea del fuoco che l'idea del nero. All'inizio volevamo fare così per cercare di esprimere la fragilità, il disperdersi nel nulla, e allora bisognava trovare un materiale che fosse molto fragile per sua natura. Cercando abbiamo trovato anche la carta. Il vetro, anche, esprime la fragilità, anche se poi non è così fragile. Però ogni materiale ci "porta" le sue qualità, ci dà la possibilità di esprimere la nostra poetica

SB: è un aiuto.

Anne: Sì un aiuto di espressione. Anche il colore aiuta. Certe volte usiamo la pittura. Ma soprattutto cerchiamo il materiale che esprima intrinsecamente l'idea.

SB: Quanto sono stati importanti i vostri viaggi nel vostro fare arte? E soprattutto, come siete riusciti a far "convivere" i viaggi reali e fisici con i viaggi "mentali"? E' vero che il viaggiare fisico porta ad un viaggiare interiore, verso regioni sconosciute del nostro inconscio?

Anne: I viaggi sono diventati luoghi. Le immagini della memoria prendono il colore anche dell'immaginario. Per me, quello che vedo, quello che ricordo con la memoria, costituisce un grande paesaggio poetico.

Patrick: Quando viaggiamo in un Paese stiamo nello stesso posto a lungo, in luoghi dove la gente di solito sta per pochi giorni. Lavoriamo sul posto, e dunque questi viaggi, dopo un po' di tempo, o dopo 10 anni, sono una immensa memoria ed ecco che possiamo giocare, perché per noi sono diventati un Paese unico. e allora viene il gioco

SB: soffermiamoci un attimo sui vostri libri con i materiali di viaggio. Sono quindi diari di viaggio e diari dell'anima?

Patrick: Sì ci sono dei diari di viaggio ma queste cose sono state spesso una maniera per raccogliere cose che poi incolliamo, aggiungiamo scritte molto piccole, in maniera da rendere le cose più difficili.

Anne: La scrittura, i libri, in generale hanno molta importanza. Abbiamo scritto molti testi che non sono ancora stati divulgati.

Patrick: Anche nei cassetti dei Mobili ci sono questi libri . Sono fatti o sul posto o dopo, con le immagini prese sul posto., le piante, le cose che abbiamo raccolto, con l'intento, sempre, di conservarne il ricordo.

SB: producete anche delle grandi pagine di diario, 20 pagine, con i calchi, gli erbari, i disegni. Queste pagine in Galleria vanno a comporre tutta la parete e sono presentate in cornice o in un bagno di cera. E' un diario tenuto da un architetto-archeologo "inventato" da voi, immaginato ed immaginario. In questo suo viaggio nella Memoria e nell'Oblio i due estremi si congiungono?

Anne: Sì, è il luogo dove si realizza la poetica, la passione. E' una mescolanza di memoria ed oblio. Avevamo fatto un enorme modello su questo fenomeno della memoria e dell'oblio, un grande modello, si chiamava Mnemosyne e al centro c'era un complesso teatrale dove c'erano 3 luoghi teatrali collegati l'uno con l'altro. Da una parte c'era il teatro di Mnemosyne, dunque della Memoria, dall'altra parte c'era il teatro dell'Oblio e nel centro c'era lo spazio della Creazione. Dunque le immagini della memoria e quelle dell'oblio potevano andare nello spazio centrale dove si formavano le immagini dell'immaginazione

SB: cosa aggiunge la scrittura, soprattutto greca o latina, alle vostre fotografie, sia piccole che monumentali?

Anne: Quello e' stato un periodo molto preciso del nostro lavoro sulla doppia memoria che abbiamo noi europei occidentali. Noi abbiamo due spiegazioni del mondo, quella cristiana e quella antica, classica. In quel periodo era proprio questo il lavoro, sulle memorie. Avevo letto dei testi tipo la Teogonia e quindi, quando abbiamo fatto le foto delle statue greche, abbiamo ripreso gli aggettivi che definiscono questi dei. Ogni dio aveva le sue caratteristiche, come i santi da noi hanno il loro simbolo.

Patrick: Era interessante vedere la reazione della gente di fronte ad una scrittura classica. La scrittura classica è alla base della nostra cultura occidentale e invece non viene più capita, nessuno la capisce più. E' come vedere un quadro dentro una chiesa e non capirlo! I simboli sono tutti andati persi. E' il discorso sulla fragilità della pittura. Noi volevamo documentare questo fatto ma in maniera né giornalistica né pedante

Anne: Sì, era solo un sottolineare.

Patrick: Sembra che nessuno si accorga di questo fatto importantissimo.. A scuola non si impara più né latino né greco. Ma la Storia è più ampia, ha un effetto più importante. Ne abbiamo una verifica adesso: 10 anni fa tutti ridevano all'idea di una guerra di religione, e invece... Le cose profonde della Storia sono molto importanti e questo è il nostro lavoro: fare capire che non possiamo dire "queste sono vecchie cose finite", anche se sono "finite", le abbiamo sempre nella nostra personalità, nella memoria, nel cervello.

SB: I "Calchi" sono una costante del vostro lavoro. Bagnate d'acqua le statue di marmo, impregnate la carta, attendete che il sole la asciughi e poi la staccate delicatamente come una pelle: ne ricavate la forma o l'anima? Salvate qualcosa con questa operazione?

Patrick: Ah sì abbiamo questa impressione! Lo scopo per noi è quello. Comunque abbiamo scoperto che già rispetto a 30 anni fa, quando abbiamo cominciato a fare questi calchi, ci sono ora certe statue che non esistono più! Sono sparite, sono state rubate, spaccate o rovinate dall'inquinamento. Mi ricordo che il marmo delle statue del museo di Istanbul, quando abbiamo fatto i calchi, era talmente rovinato che era come zucchero, si sbriciolava. E dunque noi abbiamo l'impressione di fare qualcosa di diverso di questa statua che, per esempio, se la fotografassimo

Anne: Il calco, per sua natura, ci permette di trattenere lo sguardo più che la forma. La cosa affascinante delle statue è il loro sguardo, ti guardano dall'eternità, hanno ancora qualcosa da trasmettere. Per noi è una forma di dialogo con queste statue. C'è qualcosa. E di fatto, per esempio, tutte le religioni che hanno voluto eliminare il politeismo temevano la forza della statua perché sapevano che la statua ha una forza interna molto pericolosa. E' questa cosa che ci ha affascinato, lo sguardo delle statue.

SB: ritorna estremamente di attualità con i bombardamenti alle statue dei Buddha giganti, in Afganistan, pochi mesi fa.

Patrick: La statua può disturbare!

Anne: La prima cosa che viene proibita in alcune religioni è la raffigurazione e soprattutto la scultura. La scultura dà, ti indica, ha uno sguardo. C'è qualcosa che passa, la statua riceve, restituisce quando la guardi.

SB: E' possibile che si riscontri quasi una vena "pessimistica" in tutti i vostri lavori? E' diretta all'uomo o è diretta al mondo?

Anne: Pessimistica, senz'altro. Ma il mio parere non è solo pessimistico. Chi è pessimista e basta abbandona, noi non abbandoniamo. Anzi, il nostro è un modo di combattere, in modo metaforico, e di dire, nello stesso tempo, che crediamo al valore delle cose che rischiano di sparire (la natura, l'anima, la memoria, la persona). Il mondo di oggi è talmente materiale, talmente cinico che tende a fare scomparire tutto ciò.

Patrick: Il pericolo è di perdere tutto nel mondo attuale. La sparizione.

Anne: Il fatto di distruggere delle etnie complete, per esempio, è una cosa impressionante! C'è una violenza enorme dappertutto oggi, è anche questo che cerchiamo di denunciare.

SB: Che importanza attribuite all'"occhio", così presente nei vostri lavori? E' una sorta di Essere Superiore che domina l'uomo o si tratta di far riflettere l'uomo stesso ad essere più attento, più presente, oppure, al contrario, è un occhio che riduce a se' tempo e spazio?

Patrick: Abbiamo scoperto che l'occhio delle statue rimane sempre. Anche quando il naso, la bocca sono rovinati l'occhio rimane, ti guarda sempre, nel silenzio c'è sempre questa visione. Ti guardano. Ecco perchè abbiamo sempre conservato questa immagine dell'occhio che vede tutto, in silenzio, dans la mémoire.

Anne: L'occhio è una figura emblematica della memoria, della poetica.

Patrick: Anche durante la rivoluzione francese hanno staccato tutto, ma gli occhi rimangono. In Galleria, al piano di sotto, c'è il calco di una statua alla quale è stato tolto tutto ma l'occhio rimane.

Anne:.e la cosa impressionante è che ti guardano ancora!

SB: Perché spesso dagli occhi partono dei fili, che vanno ad intrecciarsi nello spazio espositivo oppure gli occhi vengono trafitti da frecce? che significato ha? C'è paura in questi occhi?

Anne: Paura alle volte può darsi. I fili che partono sono come quando si guarda una persona: segnano lo sguardo, segnano lo spazio, permettono di geometrizzare lo spazio. L'occhio della geometria che prende coscienza dello spazio. Poi c'è l'occhio della comunicazione.

Ma sempre più spesso nello sguardo c'è espressione di distruzione, di violenza tremenda.

SB:. sono quindi due aspetti differenti: i fili come comunicazione e geometrizzazione e la freccia come violenza e distruzione.

Anne: Sì, è così.

SB: Le fotografie e gli erbari sono spesso semi-rivestiti da una specie di "coperta". oppure, facciamo l'esempio delle finestrine da aprire nelle opere Anima Mundi. o ancora i cassetti da aprire nei lavori dei Mobili. Quale è il significato? La scoperta o la rivelazione? Il saper vedere le cose in modo nuovo, lo scavare nell'inconscio, il recuperare il rimosso o semplicemente il cercare continuo e perenne?

Anne: Io direi che c'è un po' di tutto questo. Noi non ci spieghiamo le cose in modo così lucido, facciamo le cose perché abbiamo intuito che il fatto di sollevare un velo, aprire un cassetto.

 Patrick:.Sì, è il bello della scoperta, come quando vai negli archivi e ti portano una cassetta con degli appunti, messi in ordine, e tu riesci a scoprire delle cose nuove. Poi c'è anche l'idea di chiudere una cosa, metterla dentro, per esempio il libro nel cassetto, la scritta, l'immagine. Si chiude il libro si mette nel cassetto, si chiude: è la memoria. E' la memoria che si preserva. Come ricordarci.

Anne: E' anche una riproduzione di meccanismi che noi non conosciamo ma che succedono dentro di noi. si memorizza qualcosa, la si "nasconde" e poi quella cosa, quell'immagine, quella sensazione, salta fuori quando non te lo aspetti.

Patrick: Questo discorso è molto importante nei grandi dischi di bronzo. Sono dischi molto pesanti, 5 uomini fanno fatica a portarli. Si apre questa piccola porta e al centro ci sono dei petali, con delle parole, molto molto fragili, che non pesano niente. Tutta questa cosa enorme fatta per questi petali e basta. Per qualcosa che non pare importante, che non ha valore intrinseco, che vediamo tutti i giorni.

Anne: Inoltre c'è l'archeologia; non l'abbiamo scoperto noi: il tempo è la scoperta dell'inconscio.

SB: I lavori fotografici sulle rovine non sono semplice documentazione, perché successivamente intervenite con colorazioni e manipolazioni. In questo modo le rendete surreali. Cosa volete dimostrare con queste opere?

Anne: Non vogliamo fare una immagine documentaria ma una immagine che prende i colori del sogno, della memoria

Patrick: per esempio come quando chiudi gli occhi e sei al sole, in una paesaggio bello. Per un istante di secondo riapri gli occhi e vedi rosso. Poi certe volte quando guardi il paesaggio lo vedi con il colore giusto ma per un secondo lo immagini con un colore diverso.

SB: Passiamo ai lavori di fotografia con i petali e con le nature morte. I petali vengono bruciati con un ago, che provoca una ferita, vengono fotografati immediatamente (si tratta di un lavoro difficile, da fare molto in fretta, prima che il petalo muoia) e danno l'idea di essere carne martoriata.

Le nature morte di primo acchito sembrano sontuose ma poi rivelano una decadenza estrema; il superficiale è estremamente estetico mentre il profondo è in deterioramento. Si ripropone una delle tematiche di base: il Fragile Equilibrio del mondo in cui viviamo.

Patrick: Sì all'esterno è sontuoso poi quando guardi dentro è tutto in decadenza, rimani sconvolto.

Anne: E' la presenza nascosta, in tutto, della degradazione. E' sempre la stessa idea di base.

Patrick: Siamo abituati a guardare tante immagini sui giornali, ogni giorno centinaia di immagini nei giornali e alla televisione. Tu puoi vedere il mondo perfetto. Anche le torri di New York sono perfette! Noi con dei piccoli mezzi cerchiamo di fare delle immagini diverse che sono legate a quello che è molto vicino agli uomini. I petali sono cose che troviamo ovunque, a terra. Cose semplici, anche petali già un po' rovinati, con quelli abbiamo provato a fare delle foto.

Le Nature Morte sono di tipo classico, come la pittura olandese, ma guardando bene ti costringono a calcolare i difetti di ciò che "non va" bene. Il mondo sembra dall'esterno così bello e poi quando vai a guardare. Per esempio, se percorri l'autostrada il paesaggio sembra bellissimo ma quando esci dall'autostrada, fai 10 metri e vedi che i boschi sono pieni di carte, di immondizia. che il muschio è muschio di inquinamento. E' tutto così.

SB: Perché l'uso di camelie e lilium? Per il loro colore?

Patrick: La camelia ha un petalo molto carnoso è.

Anne: è una sorta di carne, anche il lilium. Più che il colore è importante la materia.

Patrick: E' una cosa che viene da lontano. Fin da giovane mi è sempre piaciuta la camelia, la magnolia. Queste piante grosse. E poi il lilium mi ricorda le chiese, l'odore che si sentiva. C'è anche una loro "sessualità" che ha importanza nelle nostre foto.

Anne: Sì, nel particolare sono sessuali e questo ha importanza.

SB: Tra gli ultimi lavori troviamo il tema del cervello, che dà addirittura forma ad una città immaginaria. Torna così di nuovo il tema della Memoria, Mnemosyne: il cervello è la Memoria. Attraversare questa città significa dunque attraversare i luoghi reconditi della nostra memoria, perdersi in essi?

Anne: I modelli sono delle città ideali che potrebbero funzionare come una memoria ideale. Luoghi dove si raccoglie la memoria, disposta in un certo ordine attraverso delle costruzioni che raccolgono la memoria del mondo. Se prendi questa città di Mnemosyne c'è una organizzazione molto precisa, ci sono testi che spiegano come funziona. Ma naturalmente, sì, se fosse costruita sarebbe un vero ideale e sarebbe adatta a fare la collezione del sapere culturale (non scientifico) per la memoria futura.

A Mnemosyne c'è una biblioteca ideale. Anche nel lavoro della Biblioteca di Alessandria, dell'incendio. Avevamo incendiato il modello, il modello era carbonizzato. Gli archeologi che hanno scavato questa biblioteca ideale hanno provato a fare la pianta della biblioteca, di dare un nome a tutte le stanze e si sono accorti che era una figura della memoria. Dunque già lì c'era questa idea di tentare di creare un ordine utopico della memoria. Un luogo di memoria ideale che sarebbe ordinativo. Una cosa da vertigine.

SB: L'archeologo-architetto da un lato vede e cerca le tracce e le ferite della terra, la storia della terra ma dall'altro cerca di costruire una città molto ordinata, con piazze, centri di attività, teatri, musei, il tutto ben funzionante. Si tratta di una dicotomia che riscontrate nell'uomo di fine secolo?

Anne: Sì,  è una dicotomia, ma che esiste da sempre nell'uomo, questa compresenza, questa tendenza tra caos e ordine, tra passato e futuro, angoscia e tranquillità. Noi non siamo esseri tranquilli - io penso a me - abbiamo sempre delle complicazioni, delle alternanze, siamo dei personaggi molto complessi, dilaniati tra le cose. E' una dicotomia che esiste in ognuno di noi, non credo che esista qualcuno che ne è esente.

Poi c'è anche il fatto che lavoriamo in due che potrebbe spiegare ciò: uno è più archeologo, l'altro più architetto.

Patrick: .Infatti sui passaporti Anna era registrata come architetto e io come archeologo. Mai come artisti!

Anne: Ci siamo divertiti! Era anche più facile ottenere i permessi per i nostri studi, per passare le frontiere. "Artista" in questi casi non serve a niente!

SB: ...mi viene in mente a questo proposito un'altra domanda. L'artista contemporaneo, a vostro avviso, come viene visto dalla società?

Patrick: Dipende molto dal Paese, anzi, completamente. Ogni Paese ha la sua maniera di vedere l'artista.

Anne: In Italia è molto rispettato.

Patrick:. E' anche un aspetto che cambia col passare del tempo. Per esempio in Francia quindici anni fa se eri un artista eri un clown, uno stupido che non poteva fare altro che andare a scuola di belle arti. Adesso è cambiato. In Germania l'atteggiamento è molto più vicino a quello italiano. C'è molta confusione. Però le cose cambiano. Man mano. Non è sempre la stessa immagine.

Anne: Negli USA è molto commerciale: il divo.

Patrick: Comunque quando la gente non capisce ha una reazione di paura e di rifiuto.

Anne:. Del resto anche gli artisti stessi sbagliano. Molti vogliono sembrare "diversi", assumono l'atteggiamento da "Artista", la posa.

Patrick: .Scioccare la gente è un gioco, anche nelle parole.

Anne:. Invece bisogna essere semplici.

Patrick: Anche quando viaggi succede lo stesso fenomeno. Ci sono persone che viaggiano e che vedono solo le cose diverse da quelle di casa e criticano oppure ci sono le persone che si adattano subito. La stessa cosa per gli artisti: c'è chi viene bloccato e invece chi è più adattabile, che cerca di capire.

Anne: Inoltre, ribadisco, molti artisti si mettono sul piedistallo.

Patrick: Sì, gli artisti non sono molto simpatici! E' per questo che ci siamo sempre definiti archeologo e architetto perché per me l'artista è un po' troppo "personaggio".

SB: Il mito è ancora estremamente attuale, nonostante l'uomo "scientifico" l'abbia "dimenticato"?

Anne: Io credo che i miti si trasformino ma che il bisogno di miti esista, è un bisogno essenziale dell'uomo. Non so a cosa sia legato ma esisterà sempre la necessità dei miti, internamente. Ci sono i miti di oggi che noi non analizziamo perché sono ancora troppo presenti, li abbiamo dentro, saranno analizzati nel futuro come mitologia. Il XX secolo ha creato certi miti che forse saranno analizzati nel futuro. Noi però non li vediamo come miti.

SB e i miti greci e latini? Anche se non li conosciamo più.

Anne: Penso che siano un bisogno essenziale come il sogno. Ci sono certi bisogni diretti all'essere umano.

SB: Avete dichiarato "l'arte è un bel rischio da correre", vorrei che mi spiegaste questa frase.

Anne: Sì è un rischio da correre perché non sai mai. tu hai la volontà di fare qualcosa ma non saprai mai - anche se hai successo - se quello che hai fatto avrà un'importanza oltre che nel presente anche nel futuro. Se avrà avuto una ragione di essere. Tu ci dedichi tutta la vita. E pensare che poi magari non è importante.

Patrick: L'arte e' comunque qualcosa che ti tiene vivo. Ti tiene legato alla vita. E' una maniera di interagire.

Anne:. Di gustare certi momenti della giornata.Prenderti tempo. E' un rischio.

SB: Le vostre opere sono sempre estremamente "evocative": provocano una grande quantità di pensieri, di riflessioni, di emozioni. Si rapportano sempre con il mondo, e soprattutto con il destino del mondo. Non sono opere autoreferenziali ma sono sempre in rapporto con la grande totalità del mondo. Sono opere che comunicano. Vi viene spontaneo o cercate col ragionamento di dare questa impronta al vostro lavoro?

 Anne: Sì è un discorso corretto! Non so se è spontaneo. Ognuno di noi ha la tentazione di parlare di se', ma noi abbiamo scelto di lavorare in due ed è quindi ovvio che volevamo fare un lavoro proiettato all'esterno, non di narcisismo. Abbiamo sempre pensato che tutto quello che ci colpisce, anche opere fatte da un altro, ti danno la sensazione che ci sia qualcosa che si relaziona con te.

L'arte deve comunicare, deve passare attraverso le memorie, le esperienze comuni che permettono di andare avanti. Fare una teoria ristretta che serve solo a te-artista, a me non interessa. Ci vuole qualcosa di legato al mondo, legato agli altri, ai problemi degli altri. Quando abbiamo iniziato il nostro lavoro era un periodo in cui si parlava molto delle teorie artistiche, della storia dell'arte e dell'arte per l'arte. Bene, la nostra generazione ha tentato di rompere questo cerchio e di uscire fuori dalle frontiere dell'arte e di andare nel sociale, nel mondo.

 Patrick: Per noi l'arte non è "di bellezza", non significa decoro. Non è questo. Questo tipo di arte mi dà sui nervi. E' tutto il contrario. L'arte deve fare pensare, non essere solo estetica. Deve essere uno spunto per ragionare. Noi siamo artisti e dunque viviamo di immagini.

Anne: Abbiamo scelto di non scrivere, ma di comunicare con degli effetti invece che con delle parole. Con le immagini riusciamo meglio.

SB: Da un vostro catalogo: "L'Anima del mondo fugge davanti all'aggressività insaziabile del mondo e dell'uomo"; "l'evaporazione dell'anima assassina il mondo".Potete commentarmi queste affermazioni? 

Anne: Noi siamo già dei signori di una certa età, abbiamo avuto una certa esperienza, siamo stati testimoni della sparizione di tante cose, di tanti paesaggi, dell'alienazione di tante cose. la perdita dell'anima - l'anima del mondo, la memoria, la bellezza, la natura - sono tutte cose che tendono ad essere distrutte, volontariamente, dalla violenza della storia, dal cinismo, dalla negligenza del potere. Per tanti motivi.

Patrick: Facciamo finta di non avere Anima. Soprattutto negli ultimi tempi. Cancelliamo l'idea dell'anima. L'uomo fa finta di non avere anima e fa finta di avere risolto tutto, qualsiasi problema, con la materialità, la tecnologia, le invenzioni. questo mi fa paura, l'anima è in pericolo e dobbiamo stare attenti. Bisogna sempre lasciarle spazio. E' uno spazio da recuperare.

Anne: E' un equilibrio da mantenere, che non possiamo lasciar perdere.

SB: Quali sono stati i vostri rapporti con la critica, agli esordi e adesso?

Patrick: La critica,! Dal primo giorno che abbiamo cominciato a lavorare abbiamo sempre parlato della guerra e nessuno, per venti anni, ha voluto sentire questo! Per vent'anni noi abbiamo sempre parlato così e non abbiamo mai letto nulla di relativo a questa cosa.

Anne: Tutti badavano all'aspetto del romanticismo, era l'unico aspetto che interessava. 

Patrick: Perché i critici scrivono quello che vogliono e non volevano vedere l'aspetto della guerra. Se si parla di cose un po' così, scomode, esse vengono eliminate. Vogliono guidarti nella direzione che vogliono.

Anne: Ci sono stati anche dei critici che ci hanno capito di più, che hanno approfondito il discorso.

Patrick:. Sì però il 90% faceva nell'altra maniera!

SB: Attualmente questo aspetto viene più capito?

Patrick: Adesso sì, viene più accettato. Ma si tende sempre a vedere l'aspetto della bellezza. Per la gente l'arte deve essere decorativa, solo questo. Noi non intendiamo ciò. Noi parliamo di altre cose.

Anne: Il problema è quello dei critici superficiali. Ma ci sono tanti che approfondiscono.

Patrick: Sì, il 10%!

SB: Cosa presentate, di nuovo, in questa mostra presso la Galleria G7 di Bologna? In che modo questi lavori si riallacciano alla vostra poetica di base di cui abbiamo parlato finora?

Patrick: Abbiamo voluto riunire lavori diversi, di vari nostri periodi, che avevano l'idea di Fragilità. Era un piacere per noi poter riunire dei lavori che era da tanti anni che non vedevamo insieme. Sembrano tutti dello stesso periodo ma non lo sono. Per noi è stata una buona occasione per fare ciò.

SB:: C'è qualche argomento che non è stato toccato dall'intervista che vi preme precisare, oppure c'è ancora qualcosa dei temi già trattati che volete ulteriormente sottolineare?

Patrick: Questo mi verrà in mente tra qualche giorno.!

Anne: Io vorrei solo dire che il nostro lavoro è totalmente legato alla nostra vita. Noi non siamo degli artisti della teoria. Il nostro lavoro cambia a seconda della nostra vita. E' un lavoro di esperimenti. Quando cambiamo il materiale, le visioni, il modo di lavorare, la preoccupazione è sempre la stessa ed è perché la nostra vita stessa è cambiata. Abbiamo avuto l'occasione di vedere cose diverse, di trarre idee diverse. Non è che siamo delle banderuole, è il nostro cammino che cambia, ma sempre con lo stesso scopo. Non cambiamo direzione.

Alcune notizie sugli Artisti

Presentare in poche paroleAnne e Patrick Poirier è molto difficile perché hanno prodotto moltissime tipologie di lavoro. Si cerca qui di riassumerlo brevemente chiedendo al lettore di approfondire personalmente, qualora lo desiderasse, il lavoro dei due Artisti.

·         le riproduzioni delle Rovine: Ostia Antica, Villa Adriana, il Cantiere Egiziano, la Biblioteca di Alessandria: costruite in gesso, in terracotta, in mattoncini bruciati, in legno;

·         i Libri con le raccolte del materiale reperito in giro per il mondo: fotografie, erbari, piante, disegni, schizzi, piccoli oggetti, piccoli calchi, etc;

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·     i lavori in marmo, in bronzo o in acciaio: sono spesso monumentali; riproducono archeologia e mitologia; sono "vere" scene mitologiche, sistemate nei parchi, nei giardini o, come in Toscana, nel fondo di una vallata con un ruscello - La Morte di Efialte - a rappresentare un crollo appena avvenuto;

·         le Colonne in acciaio: rotte; le Cornici in acciaio: imponenti ma con la scritta "Vanitas"

·         le Fotografie: quelle con l'intervento manuale della colorazione e dell'aggiunta di scritte greche o latine oppure quelle dei petali bruciati o incisi, o ancora quelle raffiguranti le Nature Morte moderne;

·         i Reliquiari e gli Ex-voto: Theogonie, Depot de Memoire et d'Oubli;

·         le Croci-reliquie:  lavori con la croce, riferimento non più alla Mitologia ma alla Cristianità, a testimoniare le varie memorie che costituiscono il nostro bagaglio culturale occidentale;

·         i lavori con il piombo: scritte ed erbari, ricoperti dal vetro. Il piombo, che "rivoltato" crea la cornice;

·         i Calchi: vera e propria costante del loro lavoro.Anne e Patrick "rubano" l'immagine con il moulage per salvarla, per conservarla;

·         i Libri: veri ma ricoperti di carbone, aperti, come incollati, molto materici, che creano un effetto lucido-opaco grazie alla materia utilizzata;

·         le Installazioni: per esempio il lavoro Mundus Subterraneus, in un gasometro, di dimensioni enormi;

·         le Scenografie: la figura maschile-femminile per Rossini oppure il lavoro per il Teatro della Bastiglia - grandi fotografie con grate davanti e libri appoggiati sopra;

·         le Anime Mundi (Anima del mondo) e le Memoria Mundi (Memoria del mondo): reliquiari alla Cultura e alla Natura. Sono enormi cerchi dorati (l'oro che dà sacralità) con una piccola finestrina da cui si può vedere un piccolo oggetto, che rappresenta la fragile ed ironica reliquia della Natura e della Cultura;

·         Mnemosyne:, la creazione di un fantomatico architetto-archeologo che ha lasciato ai Poirier tutti i suoi appunti, le sue ricerche, le sue fotografie, le sue maquettes - minuscole od enormi -, le piantine. Essi hanno cercato di classificare il tutto inserendolo in Vetrine o in Mobili. I Mobili  hanno cassetti all'interno dei quali sono presenti tutte queste "reliquie" del mondo, che rappresentano poi le costanti del lavoro dei Poirier: pagine di diario, piccoli calchi, fotografie, oggetti raccolti, etc;

·         le Pagine di Diario: diari di 20 giornate, ognuna di una pagina, con calchi, erbari, disegni che in Galleria compongono tutta la parete, presentate o in cornice o in un bagno di cera.

 

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