Intervista ad un artista - inventore
Intervista a Bruno Sabbioni. A cura di Cristina Bignardi
Note sull'artista.
Bruno Sabbioni nasce a Grizzana nel 1948. Ha frequentato i corsi di formazione artistica presso l'Accademia Bolognese. Ha partecipato a mostre e manifestazioni d'arte nazionali e internazionali quali "Salon d'Automne Grand Palais" (Parigi), "Festival d'Art Contemporain" (Clermont), "Informeil Italien - Nouvelle Generation" (Chamaleres), "Cinq Annees d'art" a Chamalieres e in Grecia, "Carte Italiane" a Salonicco.
Ha coltivato interessi per la grafica pubblicitaria; inoltre, negli anni '80, ha fatto esperienze di lavori scenografici al Testoni con Silvana Strocchi.
Vive e lavora a San Lazzaro di Savena.
Assume quasi il tono di una sfida fare un'intervista ad un artista come Bruno Sabbioni, la cui attività artistica è nata più di vent'anni fa, sia per la vastità degli interessi dell'artista, sia per la straordinaria varietà di risultati da lui raggiunti in questi suoi fecondi anni.
D: Bruno racconta come ti sei avvicinato all'arte.
R: Sicuramente il mio percorso esistenziale ed artistico corre su binari non propriamente canonici. Ho cominciato a lavorare a dodici anni e ho dovuto imparare molto presto a guadagnarmi la vita e a fare i conti con l'esistenza, e questo inevitabilmente mi ha lasciato un segno, che mi porta a prendere la vita di petto e controvento, vivendola quasi come una sfida, senza mediazione alcuna. La mia vicenda personale è molto tormentata, soprattutto per un trauma del passato; questo mi spinge a vivere le cose in modo passionale, non convenzionale, controvento, cercando la ragione anche laddove tutto è contro, pur di non arrendermi ad un sistema di vita che io non approvo. Non salirei mai sul carro del vincitore: tra due strade, una bella, lineare e una sconnessa, difficile, scelgo sempre la seconda.
D: Quindi per te le cose non sono state certo facili!
R: Direi proprio di no. Tutto quello che ho avuto me lo sono guadagnato, usando la creatività per inventare quello che mi poteva servire. Da bambino mi facevo i giocattoli con il filo di ferro, dal momento che in casa non c'erano abbastanza mezzi per acquistarli. Ma questo non mi ha depresso o inibito, anzi ha stimolato la mia creatività, per cui da sempre ho con gli oggetti un rapporto estremamente creativo, per cui recupero e rimaneggio tutto ciò che è vecchio e che gli altri magari buttano via.
D: Mi sembra, guardando le tue opere, che questo tuo passato abbia influenzato positivamente il tuo modo di fare arte.
R: In effetti questa attitudine creativa del recupero degli oggetti l'ho riversata anche nel fare arte, dal momento che vivo il mondo attorno a me come possibile serbatoio delle mie esperienze artistiche, per cui ogni oggetto può divenire materia da lavorare per fare una nuova opera; ad esempio, un manifesto strappato, un cartellone arrugginito possono divenire la base di un mio quadro, se le tracce su di esse mi colpiscono la fantasia e mi suggeriscono immagini.
D: La tua è un'arte vissuta a tutto tondo, è un processo di creazione continua, instancabile, quotidiana.
R: Sì, io faccio arte con qualsiasi oggetto, anche se, per sua natura, non è attinente al mondo artistico, lo prendo, lo rimaneggio.
D: D'altra parte questo modo di fare arte è all'origine della rivoluzione attuata da Marcel Duchamp agli inizi del '900, quando un w. c. divenne La fontana; la poetica duchampiana dell'object trouvée, ossia di spostare gli oggetti dalla loro logica d'uso abituale, quotidiana, trasferendoli in un contesto diverso, per trasformare la loro capacità di significazione in qualcosa di diverso da quella originale, ha rivoluzionato le fondamenta del fare arte, dando un forte impulso al mondo artistico. Senti di appartenere a questa poetica?
R: Sento che a questo percorso mi accomuna il fatto di creare con tutto, di voler comunicare al mondo con qualsiasi oggetto, anche il più misero, che così acquisisce dignità. Sono attratto da tutto quello che è vecchio, dalle tracce del tempo sulle cose: esse raccontano sempre una storia, bella o brutta che sia. Un oggetto vecchio ormai ha finito il suo compito: nessuno lo vuole più. A quel punto io lo prendo, lo rimaneggio e l'oggetto ha così un nuovo volto, torna a vivere. Io cerco di fare qualcosa di nuovo in modo differente, senza dimenticare le vecchie cose che la nostra società ricca non vuole più.
D: Queste vecchie cose sono come gli anziani nella nostra società: nessuno li vuole, anche se hanno tanto da raccontarci. Il tuo ready made ci riporta tutto quello che la società opulenta butta via: tu dai nuova vita a quello che sarebbe destinato a finire nelle discariche.
R: Per me è fondamentale non solo avere idee, ma anche avere il coraggio di realizzarle; ricordo, ad esempio, che anni fa mi venne chiesto un quadro per una mostra sull'erotismo: io l'ho realizzando attaccando un paio di Jeans sulla tela e trattandoli poi con il colore. Lo strano abbinamento tra la tela, un supporto della tradizione, e un oggetto d'uso quotidiano come i Jeans, aveva colpito molto le persone. Inoltre per me Arte è tutto ciò che può fare cultura, è un arricchimento per le persone; dove c'è cultura, sensibilità, non c'è violenza e questo ha molte ripercussioni nel sociale a mio parere. La mia arte è spesso un modo di criticare la nostra società, verso la quale io spesso nutro forti dubbi. Io non temo il diverso da me, amo dialogare per capire, per affrontare la realtà. Dal dialogo con gli altri possono emergere nuovi modi di approcciarsi alla realtà, nuove possibilità di vedere il mondo sotto sfaccettature sempre diverse.
D: Guardando alla tua produzione artistica, vediamo quali sono i generi e i modi espressivi che preferisci.
R: La mia produzione artistica si divide essenzialmente in due filoni: la produzione più propriamente materica e la serie su Mina.
D: Da quale delle due cominciamo?
R: Dalle opere materiche; della produzione su Mina parlerò estesamente per ultima, in quanto è un'autentica passione. Quando faccio opere materiche tratto la tela con i materiali più svariati, per cui alla fine esse diviene quasi un supporto solido, terrestre, su cui poi vado a realizzare l'ispirazione del momento. Non è l'unico supporto che uso: lamiere, polistirolo, sacchi di carta, tende, mattonelle, sabbia, fondi arrugginiti di vecchie lavatrici, tutto quello insomma che può attivare la mia fantasia.
D: E per quello che riguarda i colori?
R: Anche i colori sono tra i più svariati: caffè in polvere o liquido, cenere, pittura murale, farina di granoturco. Uso molto poco i colori tradizionalmente usati dai pittori. Tra le altre cose, per me l'uso del colore è molto complicato, in quanto sono daltonico, quindi l'armonizzazione dei colori è qualcosa che faccio seguendo l'istinto, il caso.
D: Quello che mi sorge spontaneo osservare è che queste opere, che tu realizzi con una opera e una cura artigianale, quasi di fatica fisica fatta sull'oggetto, hanno una forza terrestre, sono solide, non aleatorie.
R: In effetti è mio desiderio dare energia e forza fisica ai miei lavori. Tra le tante, mi sento di citare alcuni tra gli ultimi lavori, come Restauro (2001; 50 x 50), dove su un cartone grosso, spesso, rigato, ho sovrapposto una mattonella, dai colori tenui, in uno spazio rigorosamente delimitato, accostamento, questo, che fa emergere dal grezzo del cartone la delicata maiolica. Altra opera che reputo molto interessante è Rivelazione (2001; 60 x 80): una striscia in stoffa delimita una parte molto scura, grumosa, da una parte chiara, aerea, come un fulmine a ciel sereno; quello che spesso accade nella vita, quando in una situazione difficile, impantanata, scura, arriva la soluzione, l'aiuto inaspettato, la comprensione e di lì il superamento.
D: Parlami dei tuoi lavori su Mina.
R:Quello per Mina non è un semplice interesse: il mio è un amore, una passione profonda e sentita per l'archetipo femminile che questa grande cantante incarna ai miei occhi. Mina è la seduttrice, la donna tout - court, la madre, la persona capace di scelte coraggiose e radicali. Da questo amore è nata un'autentica passione artistica, che ho concretizzato in un grande numero di opere. Tra le altre cose, sono orgoglioso di render noto che, durante una mia mostra tenutasi a Palazzo Rosso (Bentivoglio - BO - 27 settembre/27 ottobre 1991) le opere in mostra vennero riprese da Rai 2 per la trasmissione "Pegaso". Oggi queste immagini vengono usate per presentare i nuovi album di Mina, durante i palinsesti culturali in onda su Rai 2. Inoltre alcune mie opere sono nel sito ufficiale dedicato a Mina (www.eno-media.com).
D: Da cosa nasce questo amore "platonico"?
R: Amo di lei in primo luogo la persona, lo spessore umano, il coraggio delle scelte. Mi ha colpito moltissimo quando Mina ha tenuto, lei ragazza madre negli anni '60, così gai, ma al tempo stesso ancora chiusi, il figlio, avuto da Corrado Pani, un uomo sposato. Inoltre Mina è una artista che ha avuto il coraggio di togliersi dai Media, nonostante la celebrità, di staccarsi dalle luci della ribalta per riappropriarsi della propria vita, rivitalizzando la propria vena artistica; è importante non dimenticare che Mina, ogni anno circa, produce album di grande valore musicale, raggiungendo vette di vendita molto alte, nonostante il suo pubblico non la veda mai, né in televisione, né in concerto. Io, come carattere sono attratto da tutto ciò che mi sorprende e Mina riesce in questo, proprio per la sua genialità artistica e per la forza di andare in contro - tendenza.
D: Direi che la passione per artiste come Mina o la sorella della Bertè, Mia Martini, soggetto di alcune tue opere - bricolage, tutte donne dalla personalità artistica prorompente, ma spesso troppo fragili, sensibili, riflette l'approccio psicologico che tu hai verso la vita, vissuta "contro" le imposizioni, lo star sistem e tutto ciò che snaturalizza l'individuo.
R: Sì, sono attratto da entrambe queste due vite, da entrambi questi due modi di vivere. Fra queste due donne, artistiche e passionali, vediamo come l'una, Mia Martini, sia morta, probabilmente suicida, schiacciata dalla notorietà e dagli ingranaggi del mondo dello spettacolo. L'altra, Mina, si è salvata, proprio grazie al fatto di essersi ritirata dai Media. Lei si è nascosta agli occhi del pubblico, lasciando ai suoi fan solo il piacere di udire, periodicamente, la sua voce, attraverso nuove canzoni. Ai miei occhi, in questo suo fare Mina è diventata un mito, un'iconografia di un tempo e di un modo di vivere del passato, di cui è stata una Regina. Il suo volto richiama tutto un mondo, un sentire, un essere e un comportarsi, l'urlatrice, venne definita, al momento dell'esordio.
D: Quindi nelle tue opere Mina ha la stessa funzione dei volti in serie, le Marilyn o le Jackie Kennedy, di Andy Wahrol.
R: In effetti è così; io do il volto di Mina a tutte le cose, nei miei bricolage, per portare avanti i valori che lei ai miei occhi incarna.
D: Direi che in queste serie dedicate a Mina emerge prepotente il tuo talento da grafico pubblicitario. Questo gusto per il bricolage, la forma rubata, ritagliata e poi ricomposta, rendendo vani i rapporti tradizionali, il rapporto spazio - tempo.
R: Si, in effetti mi diverto a mettere il suo volto ovunque: Mina sotto l'albero di Natale, in un cartoncino di auguri, Mina nelle pubblicità dei beni di consumo, Mina nei bricolage a forma di fiore, tra due sfingi di un vaso greco, volutamente strappato al centro; Mina accanto ad una statua antica. I moduli espressivi sono quelli della pubblicità, tra i quali opero una sorta di saccheggio, cambiandone ovviamente contenuto.
D: Direi che in questo emerge il tuo talento irriverente, giocoso, ribelle: ti diverti a giocare con le immagini proposte dalla pubblicità o dai media, per ribaltarne completamente il significato e mandarci un messaggio forte e chiaro. Quale?
R: Il mio messaggio è che l'uomo è creativo, l'uomo è forte, l'uomo è qualcosa di più dei modelli che ci vengono proposti. Fuori il coraggio, fuori la grinta per diventare quello che siamo e non quello che dobbiamo.