SEMINARIO
ALLA RICERCA DELL'INVISIBILE
NELLE POETICHE DELLE AVANGUARDIE STORICHE
2002/2003
PRESENTAZIONE
La ricerca dell'invisibile
Noi vediamo le cose stesse, il mondo è ciò che noi vediamo: formule di questo genere esprimono una fede che è comune all'uomo naturale e al filosofo dacché egli apre gli occhi, rinviano a un sostrato profondo di "opinioni" mute e implicate nella nostra vita. Ma tale fede ha questo di strano, che se si cerca di articolarla in tesi o enunciato, se si chiede che cos'è noi, che cos'è vedere e che cos'è mondo, si entra in un labirinto di difficoltà e di contraddizioni.
Maurice Merleau-Ponty
Dipingo quello che non può essere fotografato.
Fotografo quello che non voglio dipingere.
Dipingo l'invisibile.
Fotografo il visibile.
Man Ray
Il seminario si propone di mettere in rilievo le poetiche delle Avanguardie Storiche, focalizzando l'attenzione su quegli aspetti storici, sociali e psicologici che (al di là delle profonde differenze) fanno dei movimenti d'avanguardia un unico centro propulsivo, non solo dell'arte moderna, ma di tutta la cultura europea del primo Novecento. La reazione contro la tradizione, contro il realismo e il naturalismo ottocentesco è il punto attorno a cui ruotano tutte le poetiche dell'arte d'avanguardia. La frattura epistemologica dovuta alla crisi del positivismo e del romanticismo investe, nelle arti figurative, la pittura impressionista e neoimpressionista che avevano fondato la propria poetica sulle potenzialità della luce e sul predominio percettivo della vista: un'idea di realtà e oggettività che mette in primo piano il ruolo dell'occhio, della presenza e del visibile. D'altro canto le teorie scientifiche di fine Ottocento e inizio Novecento, come le geometrie non euclidee e la teoria della relatività di Einstein, determinano un nuovo assetto circa il rapporto tra arte e scienza, tra arte e pensiero filosofico, influenzando sia il significato dell'arte (come valore sociale e come valore di conoscenza), sia il ruolo dell'artista. L'artista, attraverso l'uso di canoni espressivi non tradizionali, che sottintendono idee e sensibilità sconosciute, porta a nuova sintesi la concezione del reale, liberandola da una visione ingenua e pseudoscientifica, infatti, egli tende ". sempre più a trasformarsi in signum contradictionis. Dai sintomi isolati della rivolta si passava così al secondo tempo, cioè all'organizzazione dei movimenti della rivolta (Mario De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli Editore, Milano, 1966). Tra le filosofie dell'inizio del secolo, la fenomenologia e il pensiero bergsoniano influenzano il cubismo e il futurismo, mentre la psicanalisi e il marxismo sono al centro delle enunciazioni surrealiste. La ricerca dell'Invisibile equivale quindi, in arte come in filosofia, ad una indagine volta a mettere in luce uno spazio primario e fondativo che sta a monte di ogni razionalizzazione e oggettivazione del mondo: anteriore ad ogni realtà codificata e strutturata. Un esempio paradigmatico di questa ricerca sono le opere di Cézanne, Kandinskij e Paul Klee. In psicologia, la teoria della Gestalt aveva messo in crisi la psicologia classica, mostrando come la percezione dell'oggetto non sia un processo meccanicistico, una somma di sensazioni che alla fine ci restituisce l'oggetto così come è fuori di noi. Percepire un oggetto significa interagire con esso e metterlo a fuoco in un orizzonte prospettico, coglierlo direttamente e immediatamente in un unico atto di percezione.
Le ricerche di Cézanne nella prospettiva scoprono, in virtù della loro fedeltà ai fenomeni, quanto la psicologia recente doveva formulare. La prospettiva vissuta, quella della nostra percezione, non è la prospettiva geometrica o fotografica [.] il genio di Cézanne fa sì che le deformazioni prospettiche, in virtù dell'impianto complessivo del quadro, cessino di essere visibili per se stesse quando lo si guarda globalmente, e contribuiscono soltanto, come fanno nella visione naturale, a dare l'impressione di un ordine nascente, d'un oggetto che sta comparendo, che sta coagulandosi sotto i nostri occhi. Allo stesso modo il contorno degli oggetti, concepito come una linea che li recinga, non appartiene al mondo visibile ma alla geometria. [.] Cézanne diceva che si poteva vedere il vellutato, la durezza, la morbidezza, e persino l'odore degli oggetti. La mia percezione non è quindi una somma di dati visivi, tattili, auditivi, io percepisco in modo indiviso con il mio essere totale, colgo una struttura unica della cosa, un'unica maniera di esistere che parla contemporaneamente a tutti i miei sensi[1].
Man Ray, Duchamp, Jean Epstein e molti altri artisti collegati ai movimenti d'avanguardia, sia pure in termini non strettamente scientifici, hanno discusso appassionatamente le ricerche di Poincarè sulla quarta dimensione, analizzando il problema dello spazio, del tempo e del movimento all'interno della loro riflessione poetica. Si potrebbe dire che tutta l'opera di Duchamp sia una ricerca continua e approfondita sulla quarta dimensione, ciò che vale per Duchamp è tutto ciò che ha perso il proprio valore referenziale e che può essere reinserito in un ambito di valori non riconosciuti dalla tradizione. Rompere con la tradizione, non solo in pittura, ma nella vita è l'opera a cui Duchamp ha maggiormente aspirato.
Proprio in Russia, e nei primi anni del Novecento, dove artisti, poeti, filosofi tendono alla ricerca di una libertà espressiva libera dalla realtà visibile, superando di un sol balzo il primitivismo delle avanguardie e la contemporanea tendenza cubo-futurista, Casimir Malevich espone, nel 1913, un quadrato nero su sfondo bianco. Non era un mero quadrato quello che avevo esposto - scrive poi l'artista - quanto l'esperienza dell'assenza dell'oggettività.[2]
In ambito cinematografico, oltre l'esperienza dada-surrealista di Man Ray, Duchamp e Buñuel, ricordiamo la figura di Jean Epstein, cineasta e teorico del cinema, che pur non rientrando in nessun specifico movimento di avanguardia, riesce a sintetizzare nella sua poetica i caratteri dell'espressionismo, del futurismo, del costruttivismo e quello del surrealismo. Nella ricerca di una realtà superiore, Epstein legge l'immagine filmica come una immagine concreta che ci permette di cogliere taluni aspetti della realtà che altrimenti sfuggirebbero alle nostre facoltà percettive. Con l'uso di alcuni accorgimenti tecnici, come il rallentato e le sovrapposizioni di immagini, Epstein collega le idee di Bergson sul tempo e sullo spazio, con le ricerche della quarta dimensione, individuando nel cinema l'unico mezzo idoneo capace di cogliere una realtà altra ed illuminare cose ed esperienze non immediatamente visibili nella vita quotidiana.
Nel nostro percorso si è scelto di seguire un ordine non cronologico, perché i movimenti di avanguardia s'intrecciano, s'incrociano e si sovrappongono. Ad esempio, il futurismo potrebbe essere considerato il primo movimento totalizzante ".provvisto di una ideologia globale, artistica ed extrartistica, abbracciante i vari campi dell'esperienza umana, dalla letteratura alle arti figurative e alla musica, dal costume alla morale e alla politica" (Luciano De Maria, Per conoscere Marinetti e il futurismo, Arnaldo Mondadori Editore, 1973). Seguiremo invece la scansione che ci è stata suggerita da Mario De Micheli, il quale distingue nelle avanguardie due grandi filoni. Il primo parte dall'espressionismo, attraversa l'avventura dadaista, e approda al surrealismo. Il secondo parte dal futurismo, si fonde nell'esperienza cubo-futurista e sfocia nell'astrattismo, concentrandosi sulle forme essenziali del mondo esteriore.
R.P.